Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3618 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 10/02/2017, (ud. 23/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29002/2011 proposto da:

B.A., (C.F. (OMISSIS)), R.G. (C.F. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OTRANTO 18/A, presso

l’avvocato ANDREA SALUSTRI, rappresentati e difesi dall’avvocato

RENZO INTERLENGHI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE

1, presso l’avvocato PAOLO VITALI, rappresentato e difeso

dall’avvocato BRUNELLA ORSINI, giusta procura a margine del

controricorso;

AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE MARCHE, che ha incorporato la ZONA

TERRITORIALE N. (OMISSIS) DI FERMO, ora AREA VASTA N. (OMISSIS), ex

L.R.M. n. 13 del 2003, in persona del Direttore Generale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 87,

presso l’avvocato MASSIMO COLARIZI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DOMENICO CAPRIOTTI, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE – ASUR;

– intimata –

avverso la sentenza n. 709/2010 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato INTERLENGHI che si riporta al

ricorso;

udito, per la controricorrente AZIENDA, l’Avvocato MOZZILLO, con

delega, che si riporta al controricorso;

udito, per il controricorrente C., l’Avvocato CERQUETTI ROMANO,

con delega, che si riporta alle memorie;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del motivo

secondo, quarto e sesto, rigetto del primo motivo, assorbito il

motivo terzo e quinto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.A. e R.G. agivano in giudizio nei confronti dell’Azienda Sanitaria USL n. (OMISSIS) di Fermo e di C.R. e, premesso di occupare dal 15/4/1984, dapprima in comodato gratuito e poi in locazione, l’immobile sito in (OMISSIS), già di proprietà comunale, trasferito alla ASUSL n. (OMISSIS) di Fermo, da tale ente posto in vendita ed aggiudicato nell’agosto 2000 a C.R., chiedevano che, previo accertamento del legittimo esercizio della prelazione con atto notificato il 16/7/2001, la proprietà dell’immobile venisse trasferita a proprio favore.

L’AUSL n. (OMISSIS) di Fermo contestava la domanda ed in riconvenzionale chiedeva la condanna degli attori al pagamento di canoni ed accessori; Il C. si costituiva ed a sua volta chiedeva il rigetto della domanda attorea.

Veniva riunito il procedimento incardinato dal B. e dalla R. nei confronti del C., avente analogo petitum del primo giudizio.

Il Tribunale di Fermo, con sentenza del 24/2/2003, accertava la violazione del diritto di prelazione e condannava la AUSL al pagamento a favore dei sigg. B. – R. della somma di Euro 20.000,00, respingeva ogni ulteriore domanda.

Appellavano in via principale l’Azienda Sanitaria Unica Regionale, Zona territoriale n. (OMISSIS) di Fermo e l’Azienda Sanitaria Unica Regionale ASUR, subentrate, la seconda per un periodo transitorio, nella gestione dei pregressi rapporti delle AUSL, chiedendo in via preliminare, la declaratoria di difetto di giurisdizione, spettante al Tar Marche, nel merito, la riforma della sentenza di primo grado, e quindi la reiezione della domanda degli attori, l’accoglimento della propria riconvenzionale; in subordine, nel caso di riconoscimento del diritto di prelazione, la reiezione della domanda risarcitoria e la condanna degli appellati a pagare la somma di Euro 523,28 o quella ritenuta di giustizia, oltre interessi, nonchè la restituzione della somma versata in esecuzione della sentenza di primo grado.

B. e R. si costituivano ed in via di appello incidentale chiedevano emettersi la sentenza ex art. 2932 c.c.; in subordine, la declaratoria di nullità della vendita dell'(OMISSIS); in ulteriore subordine, la condanna della AUSL al risarcimento di tutti i danni ammontanti ad Euro 100.000,00, o nella misura meglio ritenuta; nei confronti del solo C., per l’ipotesi di rigetto delle domande indicate sopra, chiedevano emettersi sentenza di trasferimento, previa declaratoria del legittimo esercizio della prelazione per la somma di Lire 151.300.000.

Il C. chiedeva la conferma della sentenza, appellando in via incidentale la statuizione sulle spese.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 16/6/201022/10/2010, ha respinto la domanda di B. e R. nei confronti delle Aziende appellanti principali; ha accolto parzialmente l’appello incidentale del C., condannando B. e R. alle spese di primo grado; ha condannato B. e R. alla restituzione della somma agli stessi versata in esecuzione della sentenza del Tribunale, oltre interessi dal versamento al saldo; ha regolato le spese del grado.

Nello specifico, e per quanto ancora interessa, la Corte del merito:

ha respinto l’eccezione di nullità-inesistenza della notifica dell’atto d’appello avvenuta presso il procuratore costituito, decorso l’anno dalla pubblicazione della sentenza, in violazione dell’art. 330 c.p.c., richiamando la pronuncia delle S.U. 12593/1993;

ha ritenuto prevista dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5, la specifica disciplina dei rapporti economici e della dismissione del patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, in deroga a quanto previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109, che disciplina la dismissione del patrimonio immobiliare delle amministrazioni pubbliche e delle società a prevalente partecipazione pubblica stabilendo il diritto di prelazione a favore dei conduttori ancora nella detenzione dell’immobile, in regola con i pagamenti e la garanzia del rinnovo con gli inquilini in particolari condizioni reddituali;

ha escluso pertanto il diritto di prelazione in capo ai conduttori dell’immobile di cui è causa, da cui la reiezione della domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del legittimo esercizio della prelazione, la sentenza costitutiva ed il risarcimento del danno in misura superiore a quella riconosciuta in primo grado;

ha respinto il profilo della nullità per conflitto di interessi per rivestire il C. la qualifica di consigliere regionale, rilevando che non era risultato che questi avesse avuto alcun potere di controllo o gestione sull’ente o partecipato ad organo avente potere di disposizione o gestione diretta dei beni. Ricorrono avverso detta pronuncia i signori B. e R., con ricorso strutturato su sei motivi.

Si difendono con separati controricorsi l’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (incorporante la Zona Territoriale n. (OMISSIS) di Fermo, ora Area Vasta n. (OMISSIS), ex L.R. Marche n. 13 del 2003) ed il C.. Il C. ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- I ricorrenti, col primo motivo, si dolgono della nullità della notifica dell’atto d’appello, effettuata oltre l’anno dalla pubblicazione della sentenza, presso il procuratore costituito e non già personalmente ai sensi degli artt. 137 c.p.c. e segg., in virtù del principio secondo cui è di un anno il termine massimo della perpetuatio dell’ufficio del difensore.

1.2.- Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 560 del 1993, successivamente integrata dalla L. n. 662 del 1996 e del D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5, con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 830 c.c. e art. 828 vc.c., comma 2, nonchè il vizio di motivazione insufficiente o inesistente e contraddittoria.

Secondo i ricorrenti, la Corte del merito non ha considerato che l’immobile era all’epoca dei fatti di proprietà di un ente pubblico, appartenente al patrimonio indisponibile.

La L. n. 560 del 1993, stabilisce le modalità di alienazione degli immobili ERP, ed è stata successivamente integrata dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109; il bene in oggetto, pur bene patrimoniale disponibile, rientra nella categoria dei beni destinati a pubblico servizio(gestito dallo IACP, ovvero all’epoca dal Comune), quale alloggio per cittadini a basso reddito.

1.3.- Col terzo, sostengono l’esistenza per legge del diritto di prelazione in capo ai conduttori nel caso di alienazione del patrimonio immobiliare in maniere “frazionata” da parte degli enti di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 5 o L. n. 560 del 1993, ed il diritto di retratto in conseguenza della violazione; ritengono nullo o in frode alla legge il contratto posto in essere al di fuori degli standards normativi, quando non sia garantito dal retratto la violazione del diritto di prelazione.

1.4.- Col quarto, denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1471 c.c., n. 1 e vizio di motivazione, per avere la Corte del merito omesso di qualificare il C. come amministratore(consigliere regionale all’epoca) anche dei beni di appartenenza alla AS USL (OMISSIS), da cui il palese conflitto d’interessi.

I ricorrenti rilevano che la Regione detta le regole con le quali possono poi operare le AS USL nell’ambito dell’autonomia di gestione, il Consiglio regionale vara il piano sanitario regionale che prevede anche gli strumenti di finanziamento delle Aziende USL, i sistemi di vigilanza e controllo, le Aziende USL sono la longa manus della Regione nel territorio (v. L.R. n. 26 del 1996, artt. 1 e 2) e la figura del consigliere regionale, per i compiti che assume all’interno dell’amministrazione, è centrale nel sistema dei controlli dell’attività gestionale della giunta e degli altri enti ed aziende.

1.5.- Col quinto, denunciano la violazione e falsa interpretazione dell’art. 2932 c.c., ed il vizio di motivazione, sostengono che l’AS USL è obbligata a vendere l’immobile ai ricorrenti, per avere questi esercitato il diritto di prelazione.

1.6.- Col sesto, in subordine, sostengono che la L. n. 168 del 1982, è stata abrogata solo col D.P.R. n. 327 del 2001, con vigenza sino a tutto giugno 2003, che i fatti di causa sono disciplinati da detta normativa e che in ogni caso spetta il risarcimento del danno.

2.1.- Il primo motivo è infondato.

Le Sezioni unite, con la pronuncia 23299/2011, seguita dalle pronunce delle sezioni semplici 8935/2013 e 3794/2014, hanno affermato che l’impugnazione proposta oltre l’anno solare dalla pubblicazione della sentenza, ma ancora ammessa per effetto della sospensione feriale dei termini, deve ritenersi proposta nel termine fissato dall’art. 327 c.p.c. e, pertanto, deve essere notificata nei luoghi indicati dell’art. 330 c.p.c., comma 1 e non personalmente alla parte, come invece previsto dal comma 3 di detta norma per il diverso caso di impugnazione oltre il suddetto termine.

Da tale principio non v’è ragione di discostarsi.

2.1.- Il secondo motivo è infondato.

La L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109, dispone la dismissione del patrimonio immobiliare delle amministrazioni pubbliche e delle società a prevalente partecipazione pubblica stabilendo che: “Le amministrazioni pubbliche che non rispondono alla L. 24 dicembre 1993, n. 560, la Concessionaria servizi pubblici Spa (Consap) e le società a prevalente partecipazione pubblica procedono alla dismissione del loro patrimonio con le seguenti modalità: a) è garantito, nel caso di vendita frazionata, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purchè si trovino nella detenzione dell’immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto…”.

Il D.Lgs. n. 229 del 1999, Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario regionale a norma della L. 30 novembre 1998, n. 419, art. 1, all’art. 5 (Modificazioni del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 5), ai primi due commi dispone:” del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 5 e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

– “Art. 5.

(Patrimonio e contabilità)” 1. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i beni mobili ed immobili ad esse appartenenti, ivi compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonchè da tutti i beni comunque acquisiti nell’esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità.

2. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere hanno disponibilità del patrimonio secondo il regime della proprietà privata, ferme restando le disposizioni di cui all’art. 830 c.c., comma 2. Gli atti di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono assoggettati a previa autorizzazione della regione. I beni mobili e immobili che le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico utilizzano per il perseguimento dei loro fini istituzionali costituiscono patrimonio indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina dell’art. 828 c.c., comma 2″.

Ora, secondo i ricorrenti alle Aziende sanitarie USL si applicherebbe la L. n. 669 del 1996, art. 3, comma 109, quali amministrazioni pubbliche e il D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5, non svincola i beni di proprietà delle Aziende sanitarie e delle USL dal particolare regime dei beni, dovendo verificarsi se il bene, pur appartenendo alla categoria dei beni patrimoniali disponibili rientri nei beni destinati a pubblico servizio, e nel caso la risposta è affermativa, trattandosi di abitazioni gestite dallo IACP e poi dal Comune con la funzione preminente di garantire il diritto di abitazione a cittadini di basso reddito.

La tesi dei ricorrenti non è sostenibile. Ed infatti, per il principio di specialità, si applica al bene in oggetto del D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5, che chiaramente deroga alla previsione di cui al D.Lgs. n. 662 del 1996, richiamando il regime della proprietà privata; ed è inammissibile, prima ancora che infondata, la deduzione della natura del bene come destinata a pubblico servizio, questione che non risulta trattata nella sentenza impugnata ed in relazione alla quale i ricorrenti non hanno indicato quando e con quale atto avessero fatto valere la stessa nel giudizio di merito.

La deduzione è comunque infondata, atteso che l’immobile di cui si tratta rientrava nei cd. beni da reddito facenti parte del patrimonio del Comune della L. n. 833 del 1978, ex art. 66, lett. b).

La reiezione del secondo motivo determina l’assorbimento dei motivi terzo e quinto.

3.2.- Il quarto mezzo è infondato.

Correttamente la Corte del merito ha escluso il conflitto di interessi per rivestire il C. la carica di consigliere regionale, stante che questi non ha esercitato potere diretto di controllo o di gestione, nè poteva ritenersi amministratore dei beni della Azienda Sanitaria, dato che non partecipava ad organo avente potere di disposizione o gestione del bene, nè ai fini del divieto speciale di comprare di cui all’art. 1471 c.c., sufficiente il collegamento di carattere generale tra il Consiglio regionale e le Aziende USL, come fatto valere dai ricorrenti.

E, come affermato nella pronuncia 4464/1985, il divieto di comprare stabilito dall’art. 1471 c.c., n. 2, colpisce tutti coloro i quali, nell’esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro soggetto e pertanto, nel caso di esecuzione forzata, detto divieto si applica anche al custode dei beni pignorati o sequestrati il quale, pur non essendo espressamente menzionato, è inquadrabile nella più generale categoria contemplata al n. 2 di detta norma poichè, essendo un soggetto al quale viene affidato l’esercizio di una funzione pubblica temporanea da svolgere quale longa manus degli organi giudiziari, proprio in tale veste partecipa alla procedura esecutiva, provvedendo alla conservazione dei beni sottoposti a vincolo ed alla relativa amministrazione, eventualmente necessaria.

3.3.- Il sesto motivo è infondato.

Il regime speciale del bene, come sopra indicato, comporta l’inapplicabilità in radice del disposto normativo indicato.

4.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso ed i ricorrenti vanno condannati in solido alla rifusione delle spese ai controricorrenti.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna i ricorrenti in solido alle spese, liquidate a favore di ciascuno dei controricorrenti, in Euro 5000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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