Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3616 del 24/02/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3616 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 13675-2009 proposto da:
ASSOCIAZIONE PROFESSIONISTI PASQUALE & BRUNELLA
CIOFFI in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
LAURO, che lo rappresenta e difende giusta delega a
margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 24/02/2016

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CASTELLAMMARE DI
STABIA DIREZIONE GENERALE CONTENZIOSO;
intimato

avverso la sentenza n. 103/2008 della COMM.TRIB.REG.
cAmb CffilfgtliA
di,._,NaPOtI, depositata il 19/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/04/2015 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato VALERI delega
Avvocato LAURO che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso:
previa riunione del ricorso presente al ricorso n.
13674/09, rigetto.

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RITENUTO IN FATTO
1. Con avviso di accertamento notificato il 22.12.06 all’Associazione tra i professionisti
Pasquale e Brunella Cioffi, operante come studio legale, l’Amministrazione finanziaria
recuperava a tassazione l’IVA per l’anno di imposta 2000, in quanto lo studio di settore
determinava maggiori ricavi di quelli dichiarati a fini IVA, esclusi l’IRPEF e l’ IRAP
per le quali la parte privata aveva attivato il condono tombale ex art.9 L n.289/2002.

Secondo il primo giudice, l’accertamento fondato sull’applicazione degli studi di
settore, era legittimo in quanto il contribuente, invitato al contraddittorio non aveva
fornito elementi contrari a quanto contestato dall’Ufficio, ed anzi dalla stessa
impugnazione emergevano elementi comprovanti l’elevata professionalità e l’ampia
attività svolta dalla associazione professionale, anche in virtù di convenzioni con enti
pubblici.
2. L’appello proposto dall’Associazione veniva respinto dalla Commissione Tributaria
Regionale con la sentenza n. 103/44/06, depositata il 19.06.08 e non notificata.
Affermava il secondo giudice che nel caso in esame, essendo stati applicati gli studi di
settore, non era necessario, come ritenuto dall’appellante, un esplicito riferimento alle
caratteristiche ed alle condizioni dell’attività.
La disciplina degli studi di settore era stata applicata correttamente ai sensi dell’art.2
sexies del DL n.331/1993 (conv. in L n.427/1993) in combinato disposto con l’art.39,
comma 1, lett. d) del DPR n.600/1973 e 54 del DPR n.633/1972, in quanto la gravità
dello scostamento era insita nella misura dello stesso “ammontante al 50% di quanto
dichiarato” ed era stato regolarmente instaurato il contraddittorio con la parte,
necessario per completare l’istruttoria nel rispetto del giusto procedimento, in occasione
del quale la Associazione contribuente aveva potuto svolgere le sue attività difensive e
contestare con adeguati elementi probatori i coefficienti presuntivi utilizzati
dall’Ufficio e qualificati come “presunzioni legali”.
Osservava quindi che, nel caso concreto, gli elementi giustificativi proposti in sede di
contraddittorio non erano sufficienti a vincere la presunzione derivante dal rilevato
scostamento in quanto né l’età dell’avvocato Pasquale Cioffi, sintomatica invece di
maggiore esperienza professionale, né quanto sostenuto in merito alla natura dei clienti
patrocinati, próvenienti da patronati, e l’attività svolta in concreto potevano costituire
valida prova contraria.
Sul punto il secondo giudice precisava che la documentazione contabile prodotta
dimostrava che solo una minima parte delle fatture risultavano emesse a favore di enti
previdenziali, mentre la maggior parte erano a favore di privati, smentendo l’assunto
che gli unici compensi percepiti erano relativi alle cause proposte contro tali enti con
esito favorevole.
Dalla sentenza si evinceva che la parte privata aveva fruito del condono per le imposte
dirette.

R.G.N. 13675/2009
Cons. est. Laura Tricorni

Avverso tale avviso l’Associazione proponeva impugnazione dinanzi alla Commissione
Tributaria Provinciale di Napoli che, con sentenza n. 334/26/2007, lo respingeva.

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3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Associazione, affidato a
quattro motivi, erroneamente numerati fino al numero sei. Resiste l’Agenzia con due
controricorsi, il primo notificato il 23.06.09 ed il secondo il 15.07.09.
La Associazione contribuente con memoria ex art.378 cpc replica al primo
controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Innanzi tutto va rilevato che il secondo ricorso risulta proposto da Brunella Cioffi
personalmente, avverso la sentenza della CTR n. 335/26/07 inerente l’avviso di
accertamento n. REA 01C101617/2006 emesso esclusivamente nei suoi confronti per
IRPEF relativa all’anno di imposta 2000.
Assume, in ogni caso, decisività la circostanza che nel presente giudizio si controverta
esclusivamente in tema di IVA, in merito ad un avviso emesso solo per questa imposta
(le imposte dirette sono state oggetto di condono) conseguente ad accertamento ex
art.39, comma 1 lett. d) del DPR n.600/1973 e artt.62 bis e 62 sexies del DL n.331/1993
conv. in L n.427/2003, basato sugli studi di settore, per l’ Associazione tra professionisti
avvocati, per la quale non ricorre una fattispecie di litisconsorzio necessario (cfr. Cass.
n.24795/2014, n.12236/2010), in quanto l’accertamento di maggior imponibile IVA a
carico di una associazione professionale, se autonomamente operato, non determina, in
caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti degli
associati e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a
quello previsto dagli artt. 40, secondo comma, del DPR n.600/1973 e 5 del DPR
n.917/1986, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della
associazione in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di
base imponibite tra i tributi a carico della associazione e degli associati, mentre l’altro
giudizio riguarda l’IRPEF.
1.2. Sempre preliminarmente va dichiarato inammissibile il secondo controricorso
depositato dall’Agenzia delle entrate.
1.3. Ancora preliminarmente va rilevato che nel ricorso è trascritto il ricorso originario
proposto dall’Associazione avverso l’avviso di accertamento; sono altresì trascritti in
modo non pertinente l’atto di appello proposto dalla associata Brunella Cioffi avverso
la sentenza n.335/26/07 della CTP inerente l’avviso di accertamento n. REA
01C101617/2006, la memoria di replica dell’Ufficio, e la controreplica della associata,
tutte relative ad altro processo (da fol.8 a fol.16), mentre non sono riprodotti, con
ricadute sul piano dell’autosufficienza, come di seguito esplicitato, gli atti processuali
del secondo grado del presente processo.
2.1. Primo motivo — Violazione ed omessa applicazione dell’art.39 e 40 cpc, n relazione
agli artt. 5 e 29 del DLGS n.546/1992 — Nullità del procedimento ex art.360, comma 1,
n.4, cpc.
La questione proposta con il primo motivo riguarda la mancata riunione, sollecitata dai
contribuenti, dei due separati ricorsi promossi dall’Associazione e dall’associata

R.G.N. 13675/2009
Cons. est. Laura Tricorni

1.1. Preliminarmente va respinta la richiesta di riunione al ricorso n. 13674/09 avanzata
dal difensore dell’Associazione tra professionisti con istanza pervenuta il 30.03.2015.

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Brunella Cioffi, sia in primo grado che in appello, oggetto anche della istanza di
riunione respinta da questa Corte ( v. sub 1.1.).

Va comunque osservato che i due giudizi, anche se separati, sono stati trattati davanti ai
diversi giudici con uniformità delle decisioni.
3.1. Secondo ‘motivo (erroneamente numerato come terzo) — Violazione e falsa
applicazione degli artt.2697 e 2729 cc, in relazione agli artt.62 sexties del DL
n.331/1993, collegata all’art.26 del DPR n.600/1973 ed all’art.54 del DPR n.633/1972
ed all’art. 10 della L n.146/1998 e successiva L n.29611996, artt. da 13 a 23- Violazione
dell’art.360, comma 1, n.3, cpc.
A corredo è posto il seguente quesito “Una volta scelto dall’Ufficio il metodo degli
studi di settore per l’accertamento, poteva e doveva la CTR accogliere la richiesta del
contribuente di adottare l’altro metodo, quello cioè di effettuare gli accertamenti in base
agli elementi desumibili dalle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica
attività svolta dal contribuente? Si chiede altresì, nella fattispecie in questione, se i
risultati dello studio di settore, in mancanza di gravità dello scostamento, costituiscano
presunzioni legali, tali da invertire l’onere della prova a carico del contribuente”.
3.2. Il secondo motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
3.3. Innanzi lo stesso, in modo non organico prospetta una pluralità di doglianze in
merito alla violazione dei principi in tema di onere della prova ed alla richiesta
dell’appellante di ricorrere ad altro metodo accertativo, fondato sulle caratteristiche e
condizioni di esercizio della specifica attività svolta, in modo del tutto privo di
autosufficienzà in quanto fa riferimento a richieste avanzate con l’atto di appello che
non è stato trascritto (risulta invece trascritto l’atto di appello di Brunella Cioffi, relativo
ad altro giudizio) e quanto sostenuto dalla ricorrente Associazione non trova riscontro
nemmeno nella sentenza impugnata: tale mancanza di autosufficienza ne impedisce la
comprensione ed il vaglio.
3.4. Va altresì considerato che la seconda parte del quesito, presuppone come accertata
la non ricorrenza della “gravità dello scostamento”: invero ciò contrasta con la chiara
pronuncia della CTR, che – al contrario – ha affermato la sussistenza del “grave
scostamento”, sostenendo che lo studio di settore posto a base dell’accertamento “ha
evidenziato incongruenze dei valori dichiarati la cui gravità è insita nella misura stessa
dello scostamento, ammontante al 50% circa di quanto dichiarato” (fol. 4 della sent.
imp.): tale accertamento in fatto avrebbe dovuto al più essere censurato sotto il profilo
del vizio motivazionale, come di fatto avviene con il terzo motivo.

R.G.N. 13675/2009
Cons. est. Laura Tricorni

2.2. Il motivo è inammissibile perché dà per presupposta la sussistenza di un
litisconsorzio necessario che, nel caso in esame, non è stato accertato; peraltro lo stesso
non ricorre, atteso che il presente giudizio, inerente l’Associazione, non riguarda le
imposte dirette e l’IRAP, oggetto di condono in epoca anteriore alla notifica dell’invito
al contraddittorio avvenuta in data 18.06.2006 come si evince dallo stesso ricorso
(fol.1), ma solo l’IVA per la quale va esclusa la sussistenza di un litisconsorzio
necessario ( v. sub 1.1.), mentre l’altro giudizio riguarda l’IRPEF.

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4.1. Terzo motivo — Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto
controverso e decisivo della controversia (art.360, comma 1, n.5, cpc) individuato nella
effettiva sussistenza della “gravità dello scostamento”, tra i ricavi dichiarati
dall’Associazione e quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore.
4.2. Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.

4.4. Quindi va denunciata la mancanza di autosufficienza del motivo che , sollecitando
la revisione dell’esame dei fatti sottoposti al giudizio della Commissione Regionale,
manca tuttavia di trascrivere l’avviso di accertamento e l’atto di appello, quanto meno
nei passaggi più significativi, di modo da consentire alla Corte di apprezzare la
rilevanza e la fondatezza degli argomenti ivi svolti e della doglianza proposta, ove
deduce che lo scostamento non si sarebbe attestato sulla percentuale indicata dalla
Commissione, ma in misura inferiore, ma propone direttamente il propro conclusivo
convincimento-.
4.5. Infine il motivo non risulta accompagnato dal momento di sintesi previsto
dall’art.366 bis cpc (ex multis, Cass. n.24255/2012).
5.1. Quarto motivo — Carente motivazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale su un punto controverso e decisivo per il giudizio (art.360, comma 1, n.5,
cpc), in merito alla presunta insufficienza delle prove documentali presentate dal
ricorrente a sostegno della propria posizione e sulla dedotta gratuità delle prestazioni
con esito non positivo, sulla quale non ha espresso alcun giudizio.
5.2. Anche l’ultimo motivo è inammissibile.
5.3. Va rilevato infatti, pur volendo superare i dubbi circa la adeguata sufficienza del
momento di sintesi ex art.366 bis cpc, che la ricorrente Associazione, in buona sostanza,
chiede una rivalutazione del fatto, peraltro inammissibile in sede di legittimità, senza
tuttavia indicare gli specifici elementi che sarebbero stati insufficientemente valutati; la
doglianza si fonda sulla base di quelle che appaiono mere asserzioni personali circa la
gratuità delle prestazioni, conclusesi con esito non positivo per l’assistito, rese dalla
associata Brunella Cioffi, che la Commissione Regionale non ha ritenuto costituire
valide prove contrarie.
5.4. In proposito giova sottolineare che la circostanza, sulla quale la stessa ricorrente
concorda – che le prestazioni venissero rese a privati cittadini, anche se indirizzati dal
Patronato -, non appare dirimente e non coglie la ratio decidendi espressa dalla
Commissione, per valutare la congruità dei compensi dichiarati, fondata non già sulla
individuazione del soggetto “privato” per il quale era stata svolta la prestazione, ma
sulla individuazione del soggetto che aveva provveduto al pagamento del compenso,
elemento dal quale, ragionando a ritroso con applicazione della regola delle ripartizioni
delle spese in base alla soccombenza, la Commissione ha tratto la conseguenza che i
compensi venivano percepiti non solo per le controversie concluse con esito positivo
per l’assistito, e con spese normalmente a carico dell’ente controparte, ma anche per le

R.G.N. 13675/2009
Cons. est. Laura Tricorni

4.3. Innanzi tutto va rilevata la contraddittorietà della doglianza che accorpa tutti i vizi
motivazionali in modo generico e non circostanziato.

CM! DA REGIMAZIONE
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AI SENSI DEL D.P.R. 2644/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA
controversie concluse con esito negativo, con spese, quindi, a carico dello stesso
assistito ed emissione di fatture nei suoi confronti.
La censura non coglie tale ratio decidendi e risulta quindi inammissibile.
6.1. Conclusivamente il ricorso va rigettato per inammissibilità di tutti motivi.
6.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, nella misura liquidata
in dispositivo.

La Corte di Cassazione,
– rigetta il ricorso per inammissibilità di tutti i motivi;
– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
a favore dell’Agenzia delle entrate nel compenso di €.3.000,00, oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma, camera di consiglio del 14 aprile 2014.

P.Q.M.

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