Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3615 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 10/02/2017, (ud. 22/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1503-2012 proposto da:

S.D. (c.f. (OMISSIS)), V.F. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 60,

presso lo STUDIO PREVITI ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ALESSANDRO IZZO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI REINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3700/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato IZZO ALESSANDRO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEI PROCESSO

Con sentenza del 2-10 novembre 2010, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto agli eredi dell’Ing. S.M., S.D. e V.F., le competenze professionali dovute al de cuius dal Comune di Reino per la progettazione e costruzione di opere nell’importo di Euro 50.729,00, con la maggiorazione del 4% annuo su tale somma a partire dalla domanda al saldo, ha respinto la domanda contrattuale nonchè la domanda subordinata ex art. 2041 c.c., ritenendo la mancanza di ogni prova sull’effettivo utilizzo da parte del Comune dei progetti redatti dall’ing. S., con la realizzazione concreta delle opere.

Ricorrono avverso detta pronuncia S.D. e V.F., con ricorso affidato a due motivi.

Il Comune intimato non svolge difese.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., del R.D. n. 350 del 1895, art. 7, comma 1, art. 63, commi 2 e 4, art. 90, comma 3, art. 116, comma 3, sostenendo che risulta provato in atti che il Comune ha riconosciuto l’utilità delle prestazioni rese dall’ing. S., sia come ingegnere capo che come progettista, alla stregua delle delibere di G.M. di conferimento degli inacrichi, esibite all’udienza del 27/5/99 avanti al Tribunale, indicate come doc. 5 di primo grado; i ricorrenti fanno altresì riferimento agli accertamenti in fatto non contestati indicati nella C.T.U. dal geom. Z..

1.2.- Col secondo, si dolgono del vizio di motivazione in cui è incorsa la Corte d’appello nel ritenere che l’utilizzazione dell’opera richiedesse la realizzazione della stessa ed osservano che comunque la redazione dei certificati di regolare esecuzione e del conto finale dei lavori postula l’esecuzione dell’opera pubblica.

2.1.- I due motivi di ricorso, strettamente connessi, vanno valutati unitariamente e sono da ritenersi in parte inammissibili, in parte infondati.

Premesso che i ricorrenti hanno inteso impugnare la sola reiezione della domanda proposta ex art. 2041 c.c., va evidenziato che il requisito della sussidiarietà deve ritenersi escluso, da cui la non esperibilità dell’azione di indebito arricchimento, per i lavori, il cui riconoscimento di utilità da parte dell’Amministrazione è indicato come successivo all’entrata in vigore del D.L. n. 66 del 1989 (convertito nella L. n. 144 del 1989), il cui art. 23 (abrogato dal D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 123, comma 1, lett. n, e riprodotto senza sostanziali modifiche dal detto D.Lgs. art. 35, e rifluito nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191), per i casi di richiesta di prestazioni o servizi, non rientranti nello schema procedimentale di spesa tipizzato dalla stessa normativa, ha previsto la costituzione di un rapporto obbligatorio diretto con l’amministratore o funzionario responsabile.

Ed infatti, non potendosi, in difetto di espressa previsione normativa, affermare la retroattività del cit. del D.Lgs. n. 66 del 89, art. 23, deve ritenersi l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. per tutte le prestazioni e i servizi resi alla stessa anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa (ex plurimis, tra le più recenti, le pronunce 10636/2012 e 19572/2007, nonchè la pronuncia delle S.U. 10798/2015).

Ciò posto, deve concludersi per l’inammissibilità della domanda di indebito arricchimento per i progetti indicati sub lett. b) ed 1), presi in carico dall’Amministrazione in epoca successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 66 del 1989, per cui l’asserito riconoscimento deve ritenersi nullo e l’azione avrebbe dovuto essere rivolta verso il funzionario.

Quanto alle progettazioni indicate sub lettere a), c), d), e), f), g), h), i), i ricorrenti hanno fatto valere il riconoscimento dell’utilità della prestazione da parte dell’Amministrazione(che, come ritenuto nella pronuncia delle S.U. 10798/2015 “rileva non già in funzione di recupero sul piano del diritto di una fattispecie negoziale inesistente, invalida o comunque imperfetta – trattandosi di un elemento estraneo all’istituto – bensì in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini del riscontro dell'”imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico”), facendo riferimento a delibere antecedenti al 1989, indicate non quali oggetto dì produzione nel giudizio di merito, ma “come si ricava dalla Relazione Tecnica d’Ufficio depositata in data 11/4/2005 dal geom. Z.A., non contestata, quanto agli accertamenti di fatto ivi contenuti, dalla difesa dell’Ente…”(così la deduzione nella parte finale delle lettere a), d), e, f, g, h, i mentre per la lett. c), è fatto semplicemente riferimento alla deliberazione di G.M. del 28 aprile 1984, n. 116, “evidenziata con il numero 4 in rosso”, di approvazione del progetto esecutivo).

Orbene, come si ricava dalle indicazioni della stessa parte, ricorrenti vorrebbero far valere nel presente giudizio non produzioni effettuate nel giudizio di merito, ma “accertamenti in fatto” contenuti nella C.T.U., non contestati in tesi dall’Amministrazione.

Tale deduzione è del tutto generica, e di per sè induce a ritenere che le deliberazioni in oggetto non siano state prodotte dalla parte, mentre questa, ove avesse voluto avvalersi degli atti dell’Amministrazione, di recepimento ed utilizzazione delle prestazioni rese dal de cuius, sarebbe stata onerata della relativa produzione e, in questo giudizio di legittimità, avrebbe dovuto indicare quando e con quale atto avesse provveduto alle produzioni in oggetto, tanto più a fronte del rilievo della Corte del merito, di totale mancanza di atti dai quali evincersi l’utilizzazione dei progetti dell’ing. S..

Per i progetti indicati alle lett. c), e da m) a r), sono state indicate le sole deliberazioni di approvazione del progetto esecutivo, senza comunque l’indicazione della specifica previa produzione nel giudizio di merito; per il progetto sub lett.) si fa riferimento alla C.T.U., sempre invocandosi la non contestazione degli “accertamenti di fatto”(che tali non potrebbero essere, dovendosi a riguardo trattare di produzioni di parte).

3.1. – Conclusivamente, va respinto il ricorso; non si dà pronuncia sulle spese, non essendosi costituito l’intimato.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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