Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3613 del 24/02/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3613 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

,

_
1.11 ricorso 2451-2010 proposto da:
CENTRO CARNI ALATRENSI SRL in persona dell’Amm.re
Unico, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO
POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
SILVESTRI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO
PIZZUTELLI giusta delega a margine;
– ricorrente –

2015
1428

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI FROSINONE in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 24/02/2016

-

avverso

la

sentenza

controricorrente

n.

COMM.TRIB.REG. Z.DIST. di LATINA,

395/2009

della

depositata il

03/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PIZZUTELLI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

udienza del 14/04/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di
Finanza di Fiuggi, del 7.12.2001, veniva notificato alla società Centro Carni Alatrensi s.r.l. un avviso di accertamento, con il quale
l’Ufficio recuperava a tassazione le maggiori IRPEG, IRAP ed IVA
dovute, per l’anno di imposta 2001, in conseguenza dell’indebita

non inerenti all’attività di impresa, e dell’illegittima detrazione
dell’IVA, in relazione a fatture che l’Amministrazione riteneva emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
2. L’atto veniva impugnato dalla società dinanzi alla CTP di Frosinone, che accoglieva il ricorso.
3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva, peraltro,
accolto dalla CTR del Lazio con sentenza n. 395/39/2009, depositata
il 3.6.2009, con la quale il giudice di secondo grado riteneva fondata
la pretesa fi scale, sia in relazione ai costi non deducibili, poiché non
inerenti, sia alla detrazione IVA indebitamente effettuata su fatture
emesse per operazioni soggettivamente inesistenti.
4. Per la cassazione della sentenza n. 395/39/2009 ha proposto,
quindi, ricorso la Centro Carni Alatrensi s.r.l. nei confronti
dell’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi, illustrati anche
con memoria ex art. 378 c.p.c. L’amministrazione intimata ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la Centro Carni Alatrensi s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 26 del
d.P.R. n. 633 del 1972, 75 e ss. del d.P.R. n. 917 del 1986, 4 e ss.
del d.lgs. n. 446 del 1997, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, in relazione
all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
1.1. Si duole la ricorrente del fatto che la CTR abbia ritenuto – peraltro con motivazione omessa o del tutto incongrua – che la contribuente non avesse il diritto di dedure i costi ai fini delle imposte di-

deduzione di costi ai fini delle imposte dirette, poiché considerati

rette e di detrarre VIVA, in relazione alle fatture operazioni ritenute
dall’Ufficio emesse a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti, benchè risultasse dagli atti che la medesima era del tutto inconsapevole della fittizietà dell’intestazione delle fatture in contestazione.
1.2. Il motivo è inammissibile.
servato, infatti, che, in caso di proposizione di motivi di ricorso per
cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale
prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinché
non risulti elusa la “rado” dell’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dall’art.
6 del d.lgs. n. 40 del 2006, ed applicabile ratione temporis), deve
ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi
e differenziati in realtà avanzati (Cass.S.U. 5624/2009;
16345/2013). Nel caso concreto, per contro, la censura si conclude
con un unico quesito di diritto cumulativo, formulato in relazione a
censure plurime, per di più riferite a violazioni concernenti imposte
diverse, soggette a differenti regimi giuridici, e fondate su presupposti diversi (contrariamente all’assunto della contribuente, la indeducibilità dei costi è stata, difatti, ancorata dalla CTR alla mancanza
di inerenza, e non all’inesistenza delle operazioni).
1.2.2. Ma non basta. È da considerarsi inammissibile, per violazione
dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale il quesito
di diritto si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza
della violazione di legge denunziata nel motivo, la cui sussistenza
venga dedotta, nella sintesi finale, in forma assertiva, e non di quesito, e senza chiarire quale sia l’errore di diritto nel quale sia incorsa
la sentenza impugnata (Cass. 19892/2007; Cass.S.U. 21672/2013).
Nel caso di specie, la formulazione del quesito si risolve, per contro,
nella prospettazione, in forma assertiva (“dica codesta Ecc.ma Suprema Corte: che…), della tesi secondo cui il contribuente, ignaro

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1.2.1. Per quanto concerne le denunciate violazioni di legge, va os-

della fittizietà dell’intestazione delle fatture emesse per operazioni
soggettivamente inesistenti, avrebbe il diritto di dedurre i relativi
costi ai fini delle imposte dirette e di detrarre VIVA su tali fatture,
nonché nell’enunciazione, del pari in forma assertiva, della sussistenza dell’obbligo per il giudice tributario di “condurre
un’appropriata indagine”, al riguardo, “sulla base delle prove offerte
dell’errore nel quale sarebbe incorso, nella specie, il giudice di appello è, invece, desumibile dal quesito così come formulato dalla
ricorrente.
1.2.3. Per quanto concerne, poi, il vizio di motivazione, deve considerarsi inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi
dei numeri 3) e 5) dell’art. 360 c.p.c., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto,
nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza
della duplice previsione di cui all’art. 366-bis c.p. (Cass.S.U.
7770/2009; Cass. 12248/2013).
Nel caso concreto, peraltro, la parte ha concluso il motivo con un
quesito di diritto nel quale la denuncia del vizio motivazionale coesiste con la censura concernente la sussistenza di un preteso obbligo
di indagine da parte del giudice tributario, fondato sulle norme che
si assumono violate, circa la consapevolezza della società di partecipare ad una frode fiscale posta in essere dal cedente la merce. Il
motivo in esame non si conclude, pertanto, con una specifico momento di sintesi che contenga, anzitutto, la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume insufficiente – indicazione che nella specie è del tutto mancante – e,
dipoi, la sintesi delle ragioni per le quali il vizio denunciato si ritenga
sussistente, in relazione alla concreta motivazione posta a fondamento della sentenza impugnata.
1.3. La censura non può, pertanto, essere accolta.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la Centro Carni Alatrensi s.r.l.
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 c.c. e

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da entrambe le parti”. Nessuna indicazione, in forma riassuntiva,

116 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
2.1. Si duole la ricorrente del fatto che la CTR non abbia tenuto conto, nella motivazione dell’impugnata sentenza, della decisione penale di assoluzione del legale rappresentante della società Centro Carrazioni soggettivamente inesistenti. Al di fuori dei casi nei quali la
sentenza penale di assoluzione ha efficacia di giudicato nel processo
di tributario, ai sensi dell’art. 654 c.p.p., il giudicante non potrebbe,
infatti, esimersi, in detto giudizio, dal desumere da tale decisione
elementi presuntivi di valutazione ai sensi degli artt. 2729 c.c. e 116
c.p.c.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.2.1. Come dianzi detto, è – invero – inammissibile la congiunta
proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5) dell’art. 360
c.p.c., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il
primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui
all’art. 366 bis c.p.c. (Cass.S.U. 7770/2009; Cass. 12248/2013).
2.2.2. Nella specie, il secondo motivo di ricorso si conclude, invece,
con un unico quesito di diritto, nel quale sono sintetizzate – peraltro
anche in questo caso in forma assertiva, nonché del tutto avulsa
dalla ratio decidendi dell’impugnata sentenza – le ragioni della censura in diritto e quelle relative al profilo motivazionale. Quest’ultima,
pertanto, non ha un proprio momento di sintesi, che contenga anche l’indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume carente.
2.3. La censura non può, pertanto, trovare accoglimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso la Centro Carni Alatrensi s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 del d.l. n.
331 del 1993, 8 e 28 quater, parte A, lett. a), 17, n. 3, lett. b) e 28
bis della Sesta Direttiva n. 388/77/CEE, nonché l’omessa insufficien-

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ni Alatrensi s.r.l. dall’imputazione di utilizzazione di fatture per ope-

te e contraddittoria motivazione su fatti specifici della controversia,
in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
3.1 La censura investe la statuizione dell’impugnata sentenza relativa alla fattispecie concernente gli acquisti triangolari intracomunitari, la cui disciplina – ad avviso del giudice di appello – avrebbe impedito, nella specie, la detrazione dell’IVA sulle fatture contestate

3.2. Il motivo in esame è inammissibile.
3.2.1. La censura in parola, sebbene sia stata cumulativamente articolata con riguardo sia a profili di violazione di legge, che a profili
concernenti pretesi vizi motivazionali, al pari delle precedenti, si
conclude, infatti, con un unico quesito di diritto, assertivo e generico, non accompagnato da uno specifico ed autonomo momento di
sintesi per il dedotto vizio di motivazione.
4. Con il quarto motivo di ricorso, la Centro Carni Alatrensi s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 75 del d.P.R. n.
917 del 1986, 4 e ss. del d.lgs. n. 46 del 1997 e 2697 c.c., nonché
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, i relazione all’art. 360, co, 1, nn. 3 e 5
c.p.c.
4.1. Avrebbe errato la CTR nel ritenere – peraltro con motivazione
inesistente o incongrua – che, in presenza di operazioni soggettivamente inesistenti, il contribuente, non possa invocare “una minore
incidenza della rettifica operata dall’Ufficio, attraverso il riscontro
delle annualità in esame tra acquisti e vendite, e la corretta ricostruzione della propria disponibilità patrimoniale, in quanto impresa
utilizzatrice delle fatture”. Ciò in quanto l’esistenza di un maggiore
imponibile andrebbe comunque provata dall’Amministrazione finanziaria, qualora faccia valere, a qualsiasi titolo, una pretesa fiscale
nei confronti del contribuente.
4.2. La censura è inammissibile.
4.2.1. Anche in questo caso, infatti, il motivo di ricorso – con il quale sono dedotti cumulativamente il vizio di violazione di legge e

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dall’Ufficio.

quello di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione – si
conclude, con un unico quesito di diritto, nel quale sono sintetizzate
– peraltro anche in questo caso in forma assertiva ed astratta, e
senza evidenziare l’errore giuridico nel quale sarebbe incorsa
l’impugnata sentenza – le ragioni della censura in diritto e quelle
relative al profilo motivazionale. Tale ultima censura, pertanto, risull’indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume inesistente o inadeguata, ai sensi della seconda parte
dell’art. 366 bis c.p.c.
4.2. Il motivo va, pertanto, disatteso.
5. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso proposto dalla Centro Carni
Alatrensi va, di conseguenza, dichiarato inammissibile.
6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella
misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente alle spese
del presente giudizio, che liquida in C 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 14/4/2015.

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