Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3613 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE italiane S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso

la DIREZIONE AFFARI LEGALI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa

dall’avvocato URSINO ANNA MARIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.C.;

– intimato –

e sul ricorso n. 9944/2007 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BRUXELLES 59, presso lo studio dell’avvocato FERIOZZI ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DE GIROLAMO ANTONIO, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 8776/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/02/2006 R.G.N. 7905/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2

0/01/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

Udito l’Avvocato URSINO ANNA MARIA;

udito l’Avvocato DE GIROLAMO RAFFAELE per delega DI GIROLAMO ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 8-10-2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta da M.C. nei confronti della s.p.a. Poste italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti, per esigenze eccezionali ex art. 8 CCNL 1994 e acc. az. 25-9-1997, per il periodo 10-6-1999 – 30-10-1999, con conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 10-6-1999 e con condanna della società alla corresponsione di tutte le retribuzioni a far data dal 13/09/2000, oltre accessori, detratte le somme percepite in relazione alla cessazione dei rapporti.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.

Il M. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 14-2-2006, rigettava l’appello e compensava le spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con un unico motivo.

Il M. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato con un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..

Con l’unico motivo del ricorso principale, denunciando violazione dell’art. 1362 c.c. e segg., dell’art. 425 c.p.c. e vizio di motivazione, la società in sostanza censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che “l’accordo del 25-9-1997 – con successivi accordi sindacali – avrebbe avuto una efficacia limitata temporalmente al 30-4-1998”, in particolare ribadendo la natura meramente ricognitiva dei detti accordi ed il permanere delle “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione…”, come confermato dall’accordo del 18-1-2001, e lamentando la erronea interpretazione degli accordi stessi anche in base ad una incongrua valutazione delle informazioni sindacali assunte.

Il motivo è infondato.

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare su medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v.

fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1″ (v., fra le altre, Cass. 1/10/2007 n. 20608; Cass. 28-1-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n. 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit).

In base a tale orientamento consolidato ed a valore dei relativi precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr.. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n. 6703), va quindi confermata la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de qua, in quanto stipulato “oltre il limite di efficacia della clausola autorizzatoria”, risultando superfluo l’esame di ogni altra censura al riguardo.

Del resto la sentenza impugnata ha attentamente valutato anche le “informazioni e le osservazioni sindacali”, traendone elementi di convincimento con adeguata motivazione, in ordine alla quale neppure è ammissibile un riesame del merito in questa sede.

In tal senso, quindi, va respinto il ricorso principale, non essendo stata, peraltro, avanzata alcuna altra censura, che riguardi in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine ed il capo relativo al risarcimento del danno.

A riguardo, osserva il Collegio che la società in sede di discussione ha invocato, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010.

Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).

Tale condizione non sussiste nella fattispecie.

Il ricorso principale va pertanto respinto restando assorbito il ricorso incidentale condizionato.

La società, infine, in ragione della soccombenza va condannata al pagamento delle spese, liquidate in dispositivo, con attribuzione all’avv. Antonio De Girolamo.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condanna la società a pagare al M. le spese liquidate in Euro 32,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA, con attribuzione in favore dell’avv. Antonio De Girolamo.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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