Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3604 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2010, (ud. 25/11/2009, dep. 16/02/2010), n.3604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21962-2006 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., AUTOSTRADE S.P.A., in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARAZZA

MAURIZIO e DE FEO DOMENICO, che le rappresentano e difendono giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

14, presso lo studio dell’avvocato DI CELMO MASSIMO, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3883/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/11/2005 r.g.n. 3103/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2009 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato MARAZZA MAURIZIO;

udito l’avvocato ANNA CATERINA MIRAGLIA per delega DI CELMO MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il signor G.F., dipendente della società Autostrade per l’Italia s.p.a. con mansioni di addetto alla riscossione ai caselli, ha impugnato il licenziamento irrogatogli per il comportamento “truffaldino” contestatogli in due diverse occasioni, e consistito nella sostituzione di un biglietto a lunga percorrenza con un altro di percorrenza più breve in suo possesso al fine di lucrare la differenza tra gli importi versati dagli automobilisti.

Il ricorrente eccepiva la tardività della contestazione, l’irritualità del controllo effettuato dalla datrice di lavoro tramite un’impresa di vigilanza privata, la nullità di un licenziamento diretto a sbarazzarsi di un dipendente attivo sindacalmente, il mancato assolvimento da parte dell’azienda dell’onere probatorio a suo carico, e, in subordine, la sproporzione tra i fatti contestati e la sanzione adottata.

Costituitosi il contraddicono, il giudice di primo grado accoglieva la domanda del G., dichiarando l’illegittimità del licenziamento, oltre al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese di giudizio.

Con sentenza n. 3883 la Corte d’Appello di Napoli rigettava l’impugnazione della società Autostrade per l’Italia e confermava la pronunzia di primo grado, con condanna dell’appellante alle spese ulteriori.

In estrema sintesi, la sentenza riteneva che i fatti addebitati, non fossero stati provati, e, in particolare, che non fosse stata dimostrata la presenta, in quelle occasioni specifiche, del G. ai caselli in cui erano transitati gli ispettori della società di vigilanza ed avevano rilevato le irregolarità.

Avverso questa pronunzia di appello, depositata in cancelleria il 21 novembre 2005, e che non risulta notificata (non essendo stata depositata la ricevuta di ritorno di una notificazione a mezzo del servizio postale), le società Autostrade per l’Italia s.p.a., e Autostrade s.p.a., hanno proposto ricorso congiunto per cassazione, con due motivi di impugnazione, notificato, in termini, il 14 luglio 2006. L’intimato signor G.F. ha resistito con controricorso notificato, in termini, il 28 luglio 2006. Le società ricorrenti hanno depositato una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo di impugnazione le due società ricorrenti deducono l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia e la violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 112 c.p.c..

Sottolineano che nella fase pregiudiziale il G. non aveva mai contestato di essere stato in servizio in quelle date e in quelle ore presso quello specifico casello, quello di Napoli Nord, e criticano la sentenza per avere ritenuto appunto che non fosse provato che in quegli orari il G. fosse addetto proprio a quelle specifiche postazioni in cui erano transitati gli ispettori della società investigatrice ed avevano verificato le irregolarità.

2. Nel secondo motivo di impugnazione si lamenta invece la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 117 c.p.c. e dell’art. 2712 c.c..

In sintesi, si contesta e si critica la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove da parte della Corte d’Appello.

Quest’ultima non aveva preso in considerazione, o comunque non aveva valutato correttamente, le prove documentali depositate digli atti dalle società, e non contestati dalla controparte.

Le ricorrenti sostengono altresì che, dato il tempo, rispettivamente di 20 e di 10 giorni, che era intercorso tra il verificarsi dei fatti illeciti e la contestazione, non era vero che il G. fosse stato privato della possibilità di accertare e ricostruire i fatti con precisione e puntualità.

Il comportamento della società Autostrade era stato del tutto tempestivo perchè erano stati impiegati soltanto tempi tecnici necessari per effettuare le contestazioni in una struttura complessa ed estesa a tutto il territorio nazionale quale era la datrice di lavoro, e si doveva tener conto del fatto che le relazioni della società investigatrice erano pervenute soltanto dopo che quest’ultima aveva esaurito il proprio incarico.

3. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.

In particolare, è fondato il primo motivo, con cui le ricorrenti criticano la sentenza per avere ritenuto non provati i fatti addebitati al signor G..

La pronunzia si è basata, infatti, su di una erronea distribuzione dell’onere della prova.

Come risulta dalla stessa motivazione, la lettera di contestazione da parte della datrice di lavoro era dettagliata e specifica, conteneva l’indicazione precisa del casello e delle postazioni in cui erano state rilevate le infrazioni e dei giorni e degli orari di riferimento.

A questo punto sarebbe stato onere del signor G. ribattere in maniera precisa.

Invece le risposte del lavoratore sono state delle tutto generiche;

come precisa la sentenza a pag. 2 della motivazione, nella sua lettera di discolpa il dipendente si era limitato a dichiarare “contesto gli addebiti in quanto totalmente infondati e calunniosi e pertanto chiedo di essere di essere sentito a difesa…”, ed anche in sede di audizione, il G., assistito da un sindacalista, aveva affermato soltanto “contesto ogni, addebito in ordine ai fatti contestatimi precisando di avere svolto sempre con diligenza il compito affidatomi”, senza aggiungere niente altro. Nè era stato diverso il contenuto del tutto generico del ricorso introduttivo del giudizio; come si legge alla successiva pag. 3 della motivazione, il G., dopo alcune difese di carattere preliminare e “formale”, aveva ribadito che spettava all’azienda fornire ogni prova in ordine alla sussistenza di una giustizia causa, aggiungendo che “si contesta che il ricorrente abbia posto in essere comportamenti che legittimino il provvedimento espulsivo qui impugnato”.

Anche nella fase di giudizio, dunque, aveva contestato i fatti in maniera del tutto generica.

4. In materia di lavoro, in sede di giudizio (e, per molti aspetti, anche nella fase preliminare che precede il giudizio) la parte cui sia stato mosso un addebito riferito a fatti circostanziati non può limitarsi ad una contestazione generica, ma deve rispondere a sua volta in maniera specifica, contrapponendo specifici elementi diversi tali da escludere l’esistenza di quegli posti a base dell’addebito.

Ai sensi dell’art. 416 c.p.c., u.c., nei procedimenti in materia di lavoro, ogni parte “deve prendere posizione, in materia specifica e non limitata ad una generica contestazione” circa i fatti affermati dalla parte avversaria.

Questo obbligo non è a carico soltanto del convenuto, ma anche dell’attore, come ha chiarito la Corte Costituzionale con la sentenza 14 gennaio 1977, n. 13, nella quale ha affermato che “è da escludere che gli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., come modificati dalla L. n. 533 del 1973, art. 1, nel disciplinare, secondo i principi di concentrazione, immediatezza e semplificazione della procedura a cui si ispira il nuovo rito del lavoro, l’attività defensionale delle ;

parti, e relativi poteri e preclusioni, abbiano operato fra di esse discriminazioni che n incrinino la posizione di parità. In particolare, è da escludere che la non tempestiva indicazione, nel ricorso dell’attore come nella memoria di costituzione del convenuto delle domande, eccezioni, mezzi di prova, documenti ecc., solo per il secondo, e non anche, per il primo, sia colpita da decadenza. La lettura sistematica del dato normativo, anche alla luce dei lavori parlamentari, conferma infatti che tale Sanzione, benchè espressamente sancita (nell’art. 416 c.p.c.) solo per il convenuto, deve ritenersi prevista, sia pure in modo implicito, in base al disposto dell’art. 414 c.p.c., n. 5, e dell’art. 420 c.p.c., anche per l’attore, e va perciò respinta, perchè fondata su una errata interpretazione delle norme impugnate, la censura di illegittimità costituzionale avanzata in proposito, nei confronti degli indicati articoli del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.”.

5. Nel caso di specie la società Autostrade aveva indicato in maniera dettagliata le circostanze dei due passaggi autostradali in cui erano avvenute le sostituzioni dei biglietti a lunga percorrenza con alta percorrenza più breve.

Di fronte all’indicazione dei giorni, degli orari, del casello e delle postazioni, il lavoratore aveva l’onere di precisare che in quel giorno e/o in quell’orario non era in servizio, perchè, assente dal lavoro, oppure perchè gli erano stati assegnati altri turni diversi, oppure a fiche che non lo era in quel certo casello ed in quella specifica postazione, perchè prestava servizio in un altro casello e/o in un’altra postazione, specificandole.

6. Dato che nell’atto introduttivo del giudizio il G. non aveva espressamente contestati i fatti materiali posti a base del recesso disciplinare, non poteva più porli in discussione successivamente.

Di conseguenza, i fatti stessi si dovevano intendere come dati per ammessi da parte del lavoratore e la società era sollevata dall’onere di provarli specificamente.

Era dunque ormai pacifico in causa che in quei determinati giorni ed a quelli specifici orari il signor G. era effettivamente in servizio non solo in quel certo casello autostradale, quello di Napoli Nord, ma proprio nelle postazioni in cui erano passati gli addetti della società di vigilanza quando avevano verificato le sostituzioni dei biglietti di percorrenza.

7. E’ fondato anche il secondo motivo di impugnazione. La sentenza manca, in realtà, di coerenza e consequenzialità logica.

Nè appare corretta, tenuto conto della breve durata, di pochi giorni, dei termini intercorsi tra i fatti e la contestazione disciplinare è dell’oggettiva complessità degli accertamenti, l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, a causa del ritardo nella contestazione, il G. non sarebbe stato posto in condizione di accertare e ricostruire i fatti con precisione puntualità.

8. Il – ricorso, perciò deve essere accolto, e la sentenza impugnata deve essere cascata.

La controversia deve essere riassunta dinnanzi ad un giudice di rinvio, affinchè provveda a riesaminare il caso alla luce dei principi e dei criteri affermati in questa motivazione. Appare opportuno rimettere al giudice di rinvio, che si individua nella stessa Colte d’Appello di Napoli, ma in diversa composizione, anche la liquidazione dei danni di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese alla Corte d’Appello di Napoli, ma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA