Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3604 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 14/02/2011), n.3604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TANGENZIALE NAPOLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78,

presso lo studio dell’avvocato IRACE ERNESTO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MORRICO ENZO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.S., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE

56/A, presso lo studio dell’avvocato PENNA CARLO, rappresentati e

difesi dal l’avvocato MARZIALE GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2038/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/09/2006 r.g.n. 3062/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato IRACE ERNESTO;

Udito l’Avvocato MARZIALE GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 7 settembre 2006, la Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame svolto dalla Tangenziale di Napoli spa, in persona del legale rappresentate pro tempore, contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità dei contratti a tempo determinato stipulati tra la società e C.C. ed altri trenta lavoratori, condannando la società alla riammissione in servizio dei lavoratori, al pagamento del risarcimento dei danni commisurati alla retribuzione contrattuale da ciascuno goduta all’atto della risoluzione dell’ultimo rapporto e fino alla pronuncia del dispositivo di primo grado, da quantificare in separato giudizio.

2. La Corte territoriale, esclusa preliminarmente la volontà abdicativa dei diritti derivanti dalla declaratoria di nullità del termine, riteneva i contratti in questione soggetti alla L. n. 230 del 1962, come integrata dalla L. n. 56 del 1987 e soggetti, per la nullità del termine, alla conversione del contratto ab initio in contratto a tempo indeterminato, come espressamente previsto dalla legge.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Tangenziale di Napoli spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. con la quale si insiste per la cassazione della decisione di merito anche alla luce dello ius superveniens (L. n. 183 del 2010). L’intimato ha resistito con controricorso, eccependo la tardività del ricorso ex artt. 325 e 327 c.p.c., l’inammissibilità, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1362 c.c., in relazione all’art. 2113 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), formulando il quesito di diritto con il quale chiede alla Corte di dire se violi o no i predetti articoli del codice civile la sentenza che fornisce un’errata interpretazione del contenuto della quietanza e del comportamento successivamente tenuto dal suo sottoscrittore, negando valore di rinuncia alla quietanza medesima.

5. Col secondo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 in relazione all’art. 12 disp. gen., nonchè dell’art. 2, commi 2 e 3, lett. a) e b) del CCNL per il personale dipendente da Società e Consorzi concessionari di Consorzi e trafori, anche in relazione all’art. 1362 c.c., L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 3 in relazione all’art. 2697 c.c. (art 360 c.p.c., n. 3).

Formula il quesito di diritto con il quale chiede alla Corte di dire se violi o no la L. n. 56 del 1987, art. 23 in relazione all’art. 12 disp. gen., nonchè dell’art. 2, commi 2 e 3, lett. a) e b) del CCNL per il personale dipendente da Società e Consorzi concessionari di Consorzi e trafori, anche in relazione all’art. 1362 c.c., L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 3 in relazione all’art. 2697 c.c., la sentenza che neghi la possibilità, per la contrattazione collettiva, di introdurre nuove ipotesi di apposizione del termine alla durata del contratto nuovo e diverso rispetto a quello previsto dalla L. n. 230 cit. e, in quanto tali, svincolate dai principi ispiratori di tale legge.

6. Col terzo motivo lamenta omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), in ordine alla nullità della clausola, riportando ampie parti degli atti difensivi dei pregressi gradi.

7. Col quarto motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 e della L. n. 230 cit., art. 2 in relazione all’art. 11 preleggi, e degli artt. 1339, 1372, 1418, 1419, 1424 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio. Rileva la ricorrente che a nessuna delle categorie codicistiche utilizzate (conversione del contratto, sostituzione di clausole e nullità parziale) può farsi riferimento, equivalendo l’allontanamento del lavoratore per scadenza del termine non legittimo ad un licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo con applicazione della relativa tutela. Formula il quesito di diritto con il quale chiede alla Corte di dire se violi o no il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 e la L. n. 230 cit., art. 2 in relazione all’art. 11 preleggi, nonchè gli artt. 1339, 1372, 1418, 1419, 1424 c.c., la sentenza che dichiari la conversione di un contratto a tempo determinato nullo in contratto a tempo indeterminato nonostante che, al momento dell’accertata nullità, la conversione non fosse più prevista come sanzione legale.

8. Preliminarmente osserva il Collegio che va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione, avverso sentenza di appello pubblicata il 7 settembre 2006, per essere stato il ricorso tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 7 settembre 2007. Invero, per il computo dei termini a mese o ad anno si osserva il calendario comune, facendo riferimento al nome e al numero attribuiti, rispettivamente, a ciascun mese e giorno; ne consegue, in particolare, che la scadenza del termine annuale per l’impugnazione delle sentenze – nelle controversie, come quelle di lavoro, a cui non è applicabile la sospensione feriale dei termini – coincide con lo spirare del giorno (dell’anno successivo) avente la stessa denominazione, quanto a mese e numero, di quello in cui la sentenza è stata depositata (ex multis, Cass. 23479/2007).

9. Ciò premesso, il Collegio ritiene di non poter procedere allo scrutinio delle censure avverso la decisione della Corte territoriale posto che il ricorso non soddisfa la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa. Nella specie è del tutto omessa, nella narrazione, qualsivoglia esposizione relativa ai contratti intercorsi fra la ricorrente e le numerose parti del giudizio, con riferimento alla relativa durata e, ancor prima, all’epoca della stipulazione, a nulla rilevando il riferimento, per relationem, alla memoria di costituzione in primo grado con la quale la società “indicava ogni contratto di lavoro a termine per cui è causa (circa 20 per ciascun lavoratore), indicando, specificamente il relativo periodo temporale e la relativa causale di assunzione”. La descritta omissione infirma l’autosufficienza del ricorso, nè ad essa può sopperirsi coordinando i motivi di censura con il tenore della decisione impugnata, attesa l’assoluta genericità con cui la Corte territoriale, in narrativa e nei motivi della decisione, ha inteso far riferimento ai contratti a termine per i quali gli attuali intimati hanno agito in giudizio.

10. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 51,00, oltre Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorario, IVA e CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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