Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 36 del 03/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 03/01/2017, (ud. 13/10/2016, dep.03/01/2017),  n. 36

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10485-2012 proposto da:

M.A., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della società semplice ALLEVAMENTO SUINI PILONE di

G.P. e M.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso l’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO VASSALLE,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MANTOVABANCA 1896 CREDITO COOPERATIVO S.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1151/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato A. ANTONUCCI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con separati atti di citazione notificati il 10 novembre 2004, la Allevamento Suini Pilone di G.P. e M.A. s.s., nonchè M.A., in proprio e quale legale rappresentante della società ingiunta, proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Mantova avverso il Decreto Ingiuntivo 8 ottobre 2004, n. 1431 e Decreto Ingiuntivo 21 ottobre 2004, n. 1465, con i quali era stato loro intimato il pagamento della somma di Euro 29.954,21, oltre interessi al tasso medio di cui alla L. n. 108 del 1996, quale saldo debitore del conto corrente n. (OMISSIS), acceso presso la Mantovabanca 1896 Credito Cooperativo a r.l. Il Tribunale adito, riunite le cause, con sentenza n. 573/2007, dichiarava inammissibili le domande proposte dalla M. in proprio, limitatamente al Decreto Ingiuntivo n. 1431 del 2004, ed accoglieva parzialmente, nel merito, le proposte opposizioni.

2. Avverso tale decisione proponeva appello M.A., in proprio e nella qualità, che veniva accolta in minima parte limitatamente al carico delle spese di lite della fase monitoria – dalla Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 1151/2011, depositata il 24 ottobre 2011, con la quale il giudice del gravame riteneva concluso tra le parti un contratto di conto corrente bancario, nella forma scritta prevista dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, reputava legittimo l’anatocismo applicato dall’istituto di credito, ed escludeva che il medesimo avesse applicato al rapporto interessi usurari ai sensi della L. n. 108 del 1996.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso M.A., in proprio e quale legale rappresentante della Allevamento Suini Pilone di G.P. e M.A. s.s. nei confronti della Mantovabanca 1896 Credito Cooperativo a r.l., affidato a quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – M.A., in proprio e quale legale rappresentante della Allevamento Suini Pilone di G.P. e M.A. s.s., denuncia la violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, nn. 1 e 3, e art. 2697 c.c., nonchè l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. Si duole la ricorrente del fatto la Corte di Appello non abbia ritenuto affetto da nullità, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, il presunto contratto di conto corrente bancario, la cui conclusione – secondo l’istituto di credito odierno intimato – risulterebbe dal modulo del 12 agosto 1982, prodotto da Mantovabanca 1896 in sede di ricorso per ingiunzione, sottoscritto dalla società Allevamento Suini Pilone ed inviato alla banca creditrice. Siffatto modulo, mancante della sottoscrizione dell’istituto di credito, rivestirebbe, per contro, a parere della deducente, la natura di un mero atto ricognitivo di un rapporto già perfezionatosi, come si desumerebbe dal riferimento in esso contenuto ad una lettera, in pari data, di Mantovabanca, con la quale si comunicava alla società la già avvenuta apertura di un conto corrente. Tale atto – che si limita a riconoscere il fatto dell’avvenuta conclusione del contratto di conto corrente – non potrebbe, tuttavia, surrogare il contratto stipulato nella forma scritta ad substantiam prescritta dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117.

1.2. D’altro canto, osserva la ricorrente, l’istituto di credito sarebbe receduto dal rapporto con missiva del 2 settembre 2004, ben prima del deposito del ricorso per ingiunzione e del preteso perfezionamento del contratto, che sarebbe avvenuto – secondo il giudice di appello – con la produzione in giudizio di detta missiva del 12 agosto 2002, non sottoscritta dalla banca, e sarebbe evidente che non può ammettersi il perfezionamento del contratto dopo che una delle parti è receduta dal rapporto.

2. I motivi sono fondati.

2.1. Va osservato, al riguardo, che il D.Lgs. n. 395 del 1993, art. 117, al comma 1, prevede che “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato al cliente”, ed al comma 3 stabilisce che “nel caso di inosservanza della forma scritta prescritta il contratto è nullo”. Orbene, mentre non si dubita del fatto che la mancata consegna della copia del contratto di conto corrente, o l’impossibilità di provare l’avvenuta consegna da parte della banca, non essendo requisito di forma intrinseca dell’atto, bensì obbligo di comportamento successivo alla stipula, non ne produca la nullità, è invece testuale che la mancanza di forma scritta, che deve riguardare, ai sensi del comma 4, “il tasso di interesse, ed ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”, determina la nullità del contratto concluso in difetto (Cass. 18079/2013).

2.2. Tanto premesso, va rilevato che questa Corte ha già avuto modo più volte di affermare che il requisito della forma scritta prevista “ad substantiam” comporta che l’atto scritto, costituendo lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva degli effetti del negozio con efficienza pari alla volontà dell’altro contraente, non può essere sostituito da una dichiarazione ricognitiva o confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione, nè quale elemento integrante il contratto, nè quand’anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo. Il requisito di forma può ritenersi, pertanto, soddisfatto solo se il documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall’altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall’art. 2725 c.c. (cfr., ex plurimis, Cass. 7274/2005; 10163/2011).

2.3. Certo si è altresì affermato – nella giurisprudenza di questa Corte – che, ai fini della sussistenza del requisito della forma scritta nei contratti, non occorre che la volontà negoziale sia manifestata dai contraenti contestualmente e in un unico documento, dovendosi ritenere il contratto perfezionato anche qualora le sottoscrizioni siano contenute in documenti diversi, anche cronologicamente distinti. E tuttavia, è pur sempre indispensabile che il secondo documento sia inscindibilmente collegato al primo, sì da evidenziare inequivocabilmente la avvenuta formazione dell’accordo (cfr. Cass. 3088/2007).

2.4. Ebbene, nel caso di specie, il modulo in data 12 agosto 2002 men che costituire il riscontro di una proposta contrattuale pervenuta dalla banca, secondo il modello di formazione del contratto mediante lo scambio di scritti non contestuali – si limita a fare riferimento ad una lettera della banca, recante la stessa data, con la quale l’istituto di credito avrebbe “comunicato di avere aperto un conto corrente di corrispondenza” intestato alla società Allevamento Suini Pilone, che sarebbe stato regolato dalle condizioni contenute nel prospetto allegato. E’ del tutto evidente, pertanto, che detto modulo, privo della sottoscrizione dell’istituto di credito destinatario della dichiarazione in esso contenuta, facendo riferimento alla comunicazione della banca circa la già avvenuta apertura di un conto corrente intestato alla suddetta società, si concreta in un mero atto ricognitivo dell’avvenuta stipula di tale contratto, come tale inidoneo ad integrare la forma scritta ad substantiam necessaria per il perfezionamento del contratto, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117.

2.5. Nè può ritenersi – come ha fatto il giudice di seconde cure che il difetto di un atto sottoscritto da entrambe le parti possa essere superato dal rilievo che, essendo stato il predetto modulo del 12 agosto 2002 prodotto in giudizio dalla Mantovabanca 1896, ossia al momento del deposito del ricorso per ingiunzione (8 e 21 ottobre 2004), siffatta produzione potesse surrogare la firma mancante dell’istituto di credito, rendendo, quindi, valida – con effetto retroattivo – l’avvenuta apertura del conto corrente bancario sul quale la banca aveva fondato la pretesa creditoria azionata con la richiesta di ingiunzione. In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta “ad substantiam”, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l’ha sottoscritta realizza, per vero, un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto con effetti “ex nunc” e non “ex tunc”, essendo necessaria la formalizzazione delle dichiarazioni di volontà che lo creano. Tale meccanismo – che non opera se l’altra parte abbia “medio tempore” revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non sia più in vita nel momento della produzione, determinando la morte, di regola, l’estinzione automatica della proposta (art. 1329 c.c.) non più impegnativa per gli eredi – comporta, pertanto, che il contratto formalmente non sottoscritto dalla banca viene a perfezionarsi solo dal momento della produzione nel giudizio intrapreso dal cliente nei confronti dell’istituto di credito, con conseguente nullità del rapporto di conto corrente aperto dall’istituto di credito prima di tale momento, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 (cfr. Cass. 5919/2016).

2.6. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, le censure devono essere accolte.

3. Restano assorbiti il terzo e quarto motivo di ricorso, con i quali denunciando la violazione della L. n. 108 del 1996, art. 2, art. 1283 c.c. e il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 120, – la ricorrente censura il computo degli interessi usurari e la mancata declaratoria di nullità degli interessi anatocistici, calcolati da Mantovabanca 1896 in relazione al conto corrente del quale si è accertata la nullità.

4. L’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza di appello. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, accoglie l’originaria opposizione proposta avverso i Decreti Ingiuntivi nn. 1431 e 1465 del 2004 da M.A., in proprio e quale legale rappresentante della società debitrice.

5. Le spese del presente grado del giudizio vanno poste a carico della società intimata nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per una integrale compensazione delle spese dei giudizi di merito.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’originaria opposizione proposta avverso i Decreti Ingiuntivi nn. 1431 e 1465 del 2004 da M.A., in proprio e quale legale rappresentante della società debitrice; condanna l’intimata alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge; dichiara compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2017

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