Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3598 del 24/02/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3598 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 6559-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
1193

EA BIANCA IMMOBILIARE SRL;
– intimato avverso

la

sentenza

glenA SA P.

n.

45/2009

della

COMM.TRIB.REG SEZ.DIST. di SASSARI, depositata il
10/02/2009;

Data pubblicazione: 24/02/2016

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/03/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha
chiesto raccoglimento;

Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

RITENUTO IN FATTO
1. Riguardo all’anno d’imposta 1998 il fisco procedeva al controllo
automatizzato del modello Unico-1999 della Soc. EA Bianca Immobiliare
ed emetteva cartella per il recupero di maggiore i.v.a., stante la
mancata corrispondenza tra versamenti e debiti d’imposta.
La curatela della società contribuente ricorreva al giudice tributario
adducendo che il liquidatore aveva regolarizzato la posizione fiscale con

perfezionamento di un preliminare di vendita immobiliare il cui acconto
su prezzo era stato sì fatturato dalla Soc. Tandil

ma da questa mai
/
corrisposto. Il primo giudice accoglieva la domanda e annullava la
cartella per non avere il fisco tenuto conto della dichiarazione integrativa
regolarmente presentata dalla contribuente.
2. Per la riforma di tale decisione, l’Agenzia delle entrate ha proposto
appello rilevando che, dall’anagrafe tributaria, la dichiarazione
integrativa non risultava essere pervenuta all’Ufficio e che, secondo la
produzione della controparte, essa era stata erroneamente inoltrata
tramite banca e non tramite Poste Italiane e per di più a distanza di ben
cinque anni. Ha aggiunto che il debito verso il fisco era riscontrato
dall’avvenuta fatturazione dell’acconto sul prezzo di vendita pattuito con
la Soc. Tandil. Il gravame è stato respinto dalla sezione sassarese della
commissione tributaria regionale della Sardegna che, con sentenza del
10 febbraio 2009, ha ritenuto che il Banco di Napoli, pur autorizzato
all’espletamento del servizio di trasmissione delle dichiarazioni fiscali,
non avesse inoltrato la dichiarazione integrativa della Soc. EA Bianca
Immobiliare

e che la parte contribuente, una volta appurato il

problema, avesse prodotto la dichiarazione integrativa direttamente
all’Ufficio mettendolo a parte della mancata conclusione delle vendita
immobiliare alla Soc. Tandil.
3. Per la cassazione di tale decisione, l’Agenzia delle entrate propone
ricorso affidato a tre motivi; la curatela della Soc. EA Bianca Immobiliare
non spiega attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
o cc() rfs 17(0 C dr- 4 is.fte 4 neyr
1. 13 .ssrarrtrófirriesame dei gie motivi di ricorso per violazioni di norme di
diritto sostanziale, Con il primo mezzo, la ricorrente interroga la Corte
chiedendo “se ha violato gli art. 6, 26 e 30 d.P.R. 633/1972 In
combinato disposto con l’art. 2, comma 8-bis, dei d.P.R. 322/1998 la
CTR che ha ritenuto valida la dichiarazione integrativa presentata dalla

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apposita dichiarazione integrativa .in relazione al mancato

parte, adducendo l’intervenuta risoluzione del contratto di vendita, per
esonerarsi dall’obbligo di versare l’i.v.a. dovuta a seguito dell’emissione
delle fattura per il versamento del prezzo di vendita”.
Con il terzo mezzo, inoltre, interroga la Corte chiedendo “se in materia
di presentazione di dichiarazioni integrative, la disciplina normativa è
quella del d.P.R. 322/1998 e che in relazione ad essa l’art. 2, comma 8,
per i fatti verificatisi all’epoca, dispone che le medesime dichiarazioni

Italiane S.p.A., e che di conseguenza ha errato la CTR di Cagliari che ha
ritenuto valida la dichiarazione presentata con diverse modalità”.
2. Tanto premesso, si osserva in punto di fatto che: a) con preliminare
del 28 giugno 1998 e con penale di 400 milioni di lire, la Soc. EA Bianca
Immobiliare ha promesso in vendita alla Soc. Tandil un complesso
immobiliare e che sul prezzo pattuito ha emesso la fattura n.1/98 del 29
giugno 1998 esponente i.v.a. per 580 milioni di lire (ric. pag. 6); b) il 3
novembre 1999 la Soc. EA Bianca Immobiliare ha emesso col n. 1/99
“nota di credito a storno totale delle fattura 001/98” (ibid.); c) nel libro
giornale della Soc. EA Bianca Immobiliare è stata effettuata,
relativamente al mese di dicembre 1999, la scritturazione di 400 milioni
di lire per “accantonamento penale revoca a f.do penale revoca penale
Tandil” (ric. pag. 9); d) l’insinuazione fallimentare della Soc. Tandil per
danni (1,2 miliardi di lire) è stata disattesa dal giudice delegato (ibid.);
e) il bene è stato, poi, regolarmente venduto all’asta e aggiudicato a
terzi acquirenti (CTR, penult. cpv.).
Sempre in punto di fatto all’anagrafe tributaria risulta essere pervenuta
la dichiarazione Unico-2000, per l’anno d’imposta 1999, n.
0101/84980/U60/31072000/0139 e lo stesso numero di protocollo reca
la ricevuta rilasciata alla contribuente dal Banco di Napoli il 21 luglio
2000 con la causale “modello Unico-2000”, mentre la nota del Banco di
Napoli del 30 dicembre 2003 riferisce tale numero di protocollo alla
dichiarazione integrativa per l’anno 1998, che invece risulta corredata da
attestazione di avvenuta trasmissione da parte della banca alle ore
16,10 del 29 marzo 2004.
3. A tale data, in base al combinato disposto vigente ratione temporis
dell’alt. 2, comma 8, e dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. 322/1998, “le
dichiarazioni … possono essere integrate per correggere errori od
omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le
disposizioni di cui all’articolo 3”, cioè “in via telematica ovvero per il

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possono essere presentate per il solo tramite di un ufficio di Poste

.,

1

tramite di una banca convenzionata o di un ufficio della Poste italiane
S.p.A.”. Le disposizioni finali e transitorie dell’art. 9 precisano che “Per
l’anno 1998, le dichiarazioni predisposte mediante l’utilizzo dei sistemi
informatici sono presentate all’amministrazione finanziaria per il
tramite di un ufficio della Poste italiane S.p.A. convenzionata, mentre le
altre sono presentate per il tramite di una banca o di un ufficio della
Poste italiane S.p.A., convenzionate”.

presentazione della dichiarazione integrativa sono quelle vigenti alla
data in cui essa viene inoltrata e non quella applicabili al tempo in cui
essa venne trasmessa la dichiarazione originaria”. Dunque, secondo la
disciplina vigente all’epoca di presentazione in banca della dichiarazione
integrativa, essa poteva essere presentata “per il tramite di una banca
convenzionata o di un ufficio della Poste italiane S.p.A.”. Dunque, non è
censurabile la decisione sul punto del giudice d’appello, il che comporta
il rigetto del terzo motivo
4. Non resta che esaminare il primo motivo, col quale la difesa erariale
interroga la Corte chiedendo “se ha violato gli art. 6, 26 e 30 d.P.R.
633/1972 in combinato disposto con l’art. 2 comma 8-bis del d.P.R.
322/1998 la CTR che ha ritenuto valida la dichiarazione integrativa
presentata dalla parte, adducendo l’intervenuta risoluzione del contratto
di vendita, per esonerarsi dall’obbligo di versare VIVA dovuta a seguito
dell’emissione della fattura per il versamento del prezzo di vendita”.
Il mezzo è inammissibile, poiché trascura che, ai sensi dell’art. 366-bis
cod. proc. civ., il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo
assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico
generale – non può essere meramente generico e teorico, ma deve
essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di
poter comprendere dalla sua soia lettura, l’errore asseritamene
compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che
esso non può consistere nel mero interpello della Corte sulla fondatezza
della propugnata petizione di principio o della censura così come
illustrata nello svolgimento del motivo. (Sez. 5, Sentenza n. 3530 del
07/03/2012, Rv. 622000).
4-bis. Comunque, il mezzo non è fondato. L’art. 90 della “direttiva
rifusa” stabilisce, al §1, che “In caso di annullamento, recesso,
risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo

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In dottrina si è condivisibilmente affermato che “le modalità di di

il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è
debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri” e, al §2,
precisa che “In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati
membri possono derogare al paragrafo 1”. Analogamente l’art. 11, lett.
D), della “sesta direttiva” stabilisce che “In caso di annullamento,
recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di
prezzo dopo che l’operazione è stata effettuata, la base imponibile viene

che “Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati
membri possono derogare a questa norma”.
Orbene, il giudice d’appello afferma che “il bene, messo all’asta dal
tribunale, è stato regolarmente acquistato da terzi”, il che costituisce

indubbio indice rivelatore, in punto di fatto, dell’intervenuto scioglimento
del vincolo contrattuale unitamente agli indicatori quali la emissione di
“nota di credito a storno totale della fattura”, la scritturazione nel libro
giornale per “accantonamento penale revoca a f.do penale revoca penale
Tandil”, il tentativo d’insinuazione fallimentare della Soc. Tandil per
danni. Se questo è il quadro fattuale riconosciuto in ricorso la base
imponibile per il preliminare rimasto ineseguito non poteva che essere
annullata con apposita dichiarazione integrativa, secondo quanto
consente l’art. 11, lett. D), della “sesta direttiva”, al pari dell’art. 90
della “direttiva rifusa”. In tal senso, non si può negare che la normativa
nazionale, in particolare gli artt. 26 del d.P.R. 633/1972 e 2, comma 8bis, del d.P.R. 322/1998, attuativi del precetto euro unitario, abilitassero

la contribuente alla rettifica mediante nota di credito e dichiarazione
integrativa.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, verificatasi una
causa di risoluzione di un contratto di compravendita immobiliare in
relazione al quale il venditore abbia già emesso fattura per il prezzo, il
medesimo venditore ha diritto di rettificare l’imposta, a norma dell’art.
26, secondo comma, del decreto IVA, in conformità a quanto in detta
norma stabilito, senza che sia necessario un formale atto di
accertamento negoziale o giudiziale (Sez. 1, Sentenza n. 5568 del
17/06/1996, Rv. 498137; conf. Sez. 3, Sentenza n. 15696

del

08/11/2002, Rv. 558333). Ciò che rileva è che della variazione
dell’imponibile si effettui registrazione ai sensi del decreto IVA (Sez. 5,
Sentenza n. 9195 del 06/07/2001, Rv. 547974).

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debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri” e precisa

4-ter.

l)
Resta tlidiiligi del perimetro impugnatorio, inadeguatamente

tracciato dal quesi to di diritto, ogni questione sulla tempestività o meno
della variazione in diminuzione che, secondo concorde dottrina, nei casi
come quelli in esame può essere operata senza limiti temporali di
decadenza, fatta salva la prescrizione degli eventuali rimborsi scaturenti
dalla variazione (cfr. in generale Sez. 5, Sentenza n. 6253 del
20/04/2012, Rv. 622090). Sul punto anche la prassi amministrativa è
nel senso che la procedura di rettifica in diminuzione può essere attuata

senza limiti temporali, a condizione che la variazione non derivi da un
accordo tra le parti ma dagli obblighi codicistici in tema
i
d’inadempimento contrattuale, e che per l’operazione da rettificare sia
stata emessa e registrata la fattura (conf. Risoluzione dei 24/10/1990 n.
571646 – Min. Finanze).
5. Infine, si rileva che il secondo mezzo (omessa motivazione su fatto
decisivo) è inammissibile. La ricorrente trascura che, nel vigore
dell’art.366-bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell’art.
360, comma 1 – n.5, cod. proc. civ. deve essere accompagnato da un
momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità (S.U. 11652/2008; Cass. 2652/2008
e 16528/2008). Il mezzo, cioè, deve contenere – a pena
d’inammissibilità – un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca
un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al
giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (S.U.
12339/2010) riguardo alla effettiva denuncia di errori di giustificazione
della motivazione di merito sul fatto. Nulla di tutto ciò è leggibile nel
caso di specie, non essendo stato formulato, per il secondo motivo, il
c.d. quesito di fatto ovverosia la conclusione mediante apposito
momento di sintesi (Cass. 24255/2011).
7. Il rigetto del ricorso non comporta alcuna regolamentazione delle
spese del giudizio di legittimità stante il mancato esercizio di attività
difensiva da parte della curatela intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2015.

DEPOS

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