Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3594 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 12/02/2021), n.3594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11782-2016 proposto da:

SOMAC SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARNO 38, presso lo

studio dell’avvocato GIANLUCA MONCADA, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE LO GIUDICE;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA, (GIA’ SERIT SPA), elettivamente domiciliata

in ROMA, C.SO D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

PASQUALE MOSCA, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE

CUCCHIARA;

– controricorrente –

e contro

CAMERA DI COMMERCIO AGRIGENTO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4502/2015 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,

depositata il 28/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.La società Somac srl, in persona del legale rappresentate, impugnava la cartella di pagamento relativa a diritti annuali della Camera di Commercio dell’anno di imposta 2008, deducendo l’omessa notifica dell’atto presupposto, la carenza motivazionale dell’atto opposto, l’omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento, nonchè la mancanza della relazione di notifica della cartella stessa e la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

La CTP di Agrigento respingeva il ricorso con sentenza appellata dalla contribuente, la quale riproponeva le doglianze dedotte in primo grado.

La CTR della Sicilia, nel rigettare il gravame, affermava, in sintesi, che: – la carenza di sottoscrizione del responsabile non costituiva causa di invalidità dell’atto; – che la cartella esattoriale era adeguatamente motivata secondo il modello ministeriale; – che la relata di notifica prodotta dalla società di riscossione operava specifico riferimento all’atto impositivo; – che la censura relativa alla carenza di qualità dell’agente della riscossione era inammissibile e comunque infondato; – ed infine che l’erronea indicazione dell’autorità dinanzi alla quale impugnare l’atto impositivo non ne determina l’invalidità se, riconosciuto l’errore scusabile in cui il ricorrente sia incorso, questi venga rimesso in termini.

Avverso la sentenza n. 4502/24/15 la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, illustrati nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza.

La società Riscossione Sicilia s.p.a. resiste con controricorso.

La Camera di commercio di Agrigento è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.Preliminarmente, con riferimento all’eccezione di nullità della procura conferita dalla controparte e sollevata dalla società Somac con le memorie, pervenute a mezzo posta solo il 26 ottobre 2020, senza l’osservanza dei termini di dieci giorni di cui all’art. 380 bis, c.p.c. comma 1, esse, in quanto depositate oltre il termine fissato dal legislatore, non sono esaminabili. Sul punto, va osservato che secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio di cassazione, le memorie ex art. 380 bis c.p.c., se depositate a mezzo posta, devono essere dichiarate inammissibili ed il loro contenuto non può essere preso in considerazione, non essendo applicabile per analogia l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, disposizione che riguarda esclusivamente il ricorso ed il controricorso (Cass., n. 7704/16; n. 31041/19; n. 8216/2020, in motiv.)

2.1 Occorre, al riguardo chiarire che nel nuovo rito camerale “non partecipato”, il termine per il deposito delle memorie è di cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza nel rito camerale dinanzi alla “apposita sezione” (sezione sesta) ex art. 380 bis c.p.c.. Il termine è invece, come nel caso in esame, di 10 giorni prima della data fissata per l’adunanza, qualora il giudizio si svolga secondo le forme del rito camerale dinanzi alla sezione ordinaria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

3. Con il primo motivo la ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la suindicata sentenza per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 148 c.p.c.; per avere i giudici regionali omesso di considerare l’eccepita mancanza della data di consegna sulla relata di notifica, in assenza della quale il destinatario ignorava il termine per l’impugnazione dell’atto.

4. Con il secondo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, art. 148 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il decidente affermato la validità della relata di notifica, in quanto presentava sia la data di consegna che la firma del consegnatario, rilevando che, comunque, l’atto impositivo era stato tempestivamente impugnato; mentre, al contrario, l’assenza di sottoscrizione del notificatore ne aveva determinato l’inesistenza giuridica non sanabile per raggiungimento dello scopo.

5.Con il terzo mezzo, si lamenta la violazione dell’art. 148 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3; per avere il giudicante ritenuto irrilevante l’apposizione della relata sul frontespizio anzichè in calce all’atto, circostanza che invece faceva venir meno la garanzia della consegna dell’atto nella sua integralità.

6. Con la quarta censura, così rubricata “violazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 5, dell’art. 2697, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 60; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, si prospetta l’erroneità delle decisione impugnata nella parte in cui – a fronte delle contestazioni relative alle operazioni notificatorie della cartella – la CTR ha ritenuto l’idoneità dell’estratto di ruolo, reso conforme in modo irregolare dall’agente di riscossione, privo di poteri di autenticazione di atti dallo stesso formati. Lamenta la società contribuente che i giudici di appello non abbiano dato conto dell’esame dei documenti prodotti e del percorso logico seguito per pervenire al giudizio di legittimità della relata di notificazione.

7. Con il quinto motivo la società ricorrente deduce “violazione degli artt. 2697,2712 e 2719 del c.c., nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 60; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5″, per avere la CTR della Sicilia trascurato di esaminare l’eccezione di disconoscimento della conformità della copia dei documenti prodotti dalla concessionaria agli originali, fondata sulla difformità tra copie ed originali e sulla circostanza che la conformità legale era stata apposta da soggetto privo della potestà di autenticazione.

8. Con la sesta censura, si lamenta la” violazione del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18 nonchè dell’art. 2697 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 60; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5″, per avere il decidente ritenuto la validità dell’estratto di ruolo prodotto dalla concessionaria, benchè privo, in alcune pagine, del timbro dell’Ufficio, della indicazione del procuratore, della firma per esteso, della dichiarazione di conformità in alcune pagine e nonostante l’assenza di conformità tra copia della relata e originale.

9. Con il settimo mezzo, si deduce “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, nonchè degli artt. 2697,2712 e 2719 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, per avere la commissione di secondo grado omesso di ordinare, come richiesto dall’appellante, alla società di riscossione la produzione in giudizio della matrice o copia delle cartelle con la relazione di avvenuta notificazione, tenuto conto dell’intervenuto disconoscimento della conformità delle copie prodotte agli originali.

10. Con l’ultima censura, si denuncia “il difetto di motivazione, la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7; nonchè la violazione dell’art. 2697 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, per avere i giudici di appello ritenuto che la cartella, in quanto conforme al modello ministeriale, fosse adeguatamente motivata, nonostante fosse priva dei criteri di determinazione delle sanzioni, carenza motivazionale puntualmente denunciata dalla contribuente.

11. Le prime tre censure e l’ultimo motivo non superano il vaglio di ammissibilità.

In ossequio al principio di autosufficienza, il ricorrente è tenuto a specificare i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere riferita, ai propri scritti difensivi correttamente individuati nel giudizio di merito. Questa Corte ha, infatti, precisato che: “In applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui nè è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso” (Cass. n. 5478 del 2018; v. Cass. n. 17399 del 2017; Cass. n. 12288 del 2016; Cass. n. 23575 del 2015).

Nella fattispecie, come si è detto, essendo in contestazione la rituale notifica delle cartelle di pagamento, si doveva provvedere alla trascrizione integrale delle relate di notifica e degli atti relativi al procedimento notificatorio, pena l’inammissibilità delle doglianze (Cass. n. 5185 del 2017). Onere processuale a cui parte ricorrente non ha ottemperato.

11.1 Quanto alla doglianza relativa alla apposizione della relata sul frontespizio del documento, vale osservare che detta collocazione è stata ritenuta costituire una mera irregolarità della notificazione dell’atto che, in quanto opposto, aveva raggiunto il suo scopo.

Come affermato da questa Corte “la notifica dell’avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest’ultimo anzichè in calce ad esso, non può dichiararsi nulla qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo” (Cass. n. 23175/2016; n. 19145 del 2016; n. 6749 del 2007).

11.2 Con riferimento all’ultimo motivo, questa Corte ha reiteratamente affermato che qualora si censuri il giudizio dato dalla CTR, sotto il profilo della valutazione espressa in ordine alla motivazione di un atto impositivo, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289; n. 16147/2017).

Il motivo è dunque inammissibile perchè la cartella non è stata trascritta e neppure prodotta.

12. Stessa sorte seguono il quarto ed il quinto motivo del ricorso. Dalla lettura del ricorso emerge che la stessa società contribuente assume di aver proposto le indicate doglianze con la memoria illustrativa nel giudizio di primo grado e dunque intempestivamente.

Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione,

nella memoria D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32 di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento – nella specie, relativo all’erroneo utilizzo nell’atto impositivo del metodo induttivo in luogo di quello analitico – in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, (Cass. n. 24305 del 04/10/2018;Cass. n. 19616/2018; n. 22662 del 2014).

Il ricorrente, difatti, può allegare, nella memoria D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32, comma 2, la questione relativa ai vizi della notifica dell’atto impositivo, sebbene non dedotta nell’atto introduttivo, solo ove la stessa costituisca una replica ad un’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, in quanto tale allegazione non determina un’alterazione dell’originaria “causa petendi”, risolvendosi nell’illustrazione di un’argomentazione a sostegno della sussistenza di uno dei requisiti di ammissibilità del ricorso.

In assenza di allegazioni in ordine alla natura delle nuove doglianze, se ne deve inferire l’inammissibilità in quanto le censure integrano la denuncia di nuovi vizi, diversi da quelli dedotti con il ricorso introduttivo.

13.Il sesto ed il settimo motivo sono destituiti di fondamento.

Questa Corte ha specificato che “in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28096 del 30/12/2009, conf. Sez. 1, Sentenza n. 14416 del 07/06/2013; Sez. 3, Sentenza n. 7175 del 03/04/2014; v. Cass. n. 7105 del 12/04/2016; n. 12730 del 21/06/2016; Cass. n. 23902/17 e Cass.n. 24323/18).

In presenza di una generica contestazione di conformità, così come riportata nel ricorso, le censure in disamina vanno disattese. 13. Il ricorso va, in conclusione, rigettato, con aggravio di spese. Non avendo la Camera di commercio svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere alla spese del relativo rapporto processuale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente alla refusione – in favore della concessionaria – delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto della Corte di cassazione, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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