Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3593 del 14/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3593 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

violazione al
c.d.s.

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 1934/2013 proposto da:

OLIVIER! ANTONIO (C.F.: LVR NTN 55P24 H501V), rappresentato e difeso, in virtù di
procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Umberto Cassano ed elettivamente
domiciliato presso il suo studio, in Roma, v. Edoardo D’Onofrio, n. 43;
– ricorrente —

contro
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DELLA PROVINCIA DI GENOVA, (C.F.:
80043490103), in persona del Prefetto pro-tempore, rappresentato e difeso “ex lege”
dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 3692 del 2012 del Tribunale di Genova, in
composizione monocratica, depositata il 14 novembre 2012 (e notificata il 15 novembre
2012).

Data pubblicazione: 14/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2014

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 12 luglio 2013, la

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << A seguito di elevazione di verbale di accertamento da parte della Sezione di polizia stradale di Imperia, amministrativa al Prefetto di Genova, il quale lo rigettava, emettendo l'ordinanzaingiunzione sanzionatoria n. 5216 del 2010, notificata il 20 maggio 2010. Avverso la suddetta ordinanza-ingiunzione l'Olivieri proponeva opposizione in sede giurisdizionale dinanzi al giudice di pace di Genova, il quale, con sentenza n. 5363 del 2011, la respingeva. Interposto appello nei confronti di tale sentenza da parte dello stesso Olivieri Antonio, il Tribunale di Genova, nella costituzione dell'appellata Prefettura, con sentenza n. 2692 del 2012, lo rigettava, condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado. Avverso la suddetta sentenza di secondo grado l'Olivieri proponeva ricorso per cassazione (notificato 1'11 gennaio 2013 e notificato il 24 gennaio successivo), articolato in due motivi. L'intimata Prefettura di Genova ha resistito con controricorso. Ritiene il relatore, che avuto riguardo all'art. 380 bis c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire — anche in osservanza del disposto di cui all'alt .360 bis n. 1) c.p.c. - al rigetto del ricorso per la manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti, in relazione all'art. 375 n. 5, c.p.c., e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento camerale. . Con le formulate censure il ricorrente ha dedotto, per un verso, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e, per altro verso, la violazione ed errata applicazione di norme di diritto, senza, peraltro, indicarle specificamente (come prescritto dall'art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.). 2 notificato il 16 dicembre 2009, il sig. Olivieri Antonio proponeva ricorso in sede Invero, l'Olivieri, con una prima doglianza, ha inteso contestare la sentenza impugnata in ordine alla ritenuta sufficienza ed idoneità della motivazione dell'ordinanza-ingiunzione opposta con l'originario ricorso dinanzi al giudice di pace di Genova. Con una seconda censura il ricorrente ha denunciato il vizio motivazionale sul presupposto che il Tribunale di Genova avesse considerato illegittimamente come tardiva a verbale di accertamento redatto invalidamente da un assistente di polizia. Con un terzo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza di secondo grado per aver confermato la legittimità dell'ordinanza-ingiunzione sanzionatoria, malgrado l'omessa audizione da parte di esso assunto trasgressore (che l'aveva richiesta ritualmente) nell'ambito del procedimento amministrativo. Quanto al primo motivo è palese la sua infondatezza poiché il Tribunale di Genova si è conformato correttamente alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8649 del 2006 e Cass. n. 17104 del 2009), alla stregua della quale l'obbligo di motivare l'atto applicativo della sanzione amministrativa deve considerarsi soddisfatto quando dall'ingiunzione risulti la violazione addebitata, in modo che l'ingiunto possa far valere le sue ragioni e il giudice esercitare il controllo giurisdizionale, con la conseguenza che è anche ammissibile la motivazione "per relationem" mediante il richiamo di altri atti del procedimento amministrativo, purché tale richiamo consenta l'instaurazione del giudizio di merito sull'esistenza e sulla consistenza del rapporto obbligatorio. Oltretutto, questa Corte, a Sezioni unite, con la sentenza n. 1786 del 2010, ha definitivamente chiarito che, in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l'irrogazione di sanzioni amministrative emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi dell'art. 204 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo ex art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall'interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e 3 l'allegazione del vizio di illegittimità dell'impugnata ordinanza-ingiunzione emessa in base quindi l'insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l'atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che Quanto alla seconda censura, il relatore rileva, in primo luogo, che il Tribunale di Genova, nella sentenza impugnata, ha dato atto dell'assoluta genericità dell'ulteriore profilo di illegittimità dedotto. In ogni caso va sottolineato come — per stessa ammissione del ricorrente — il supposto vizio di nullità del verbale attinente alla mancata carenza di legittimazione del pubblico ufficiale ad elevarlo fu tardivamente formulato, essendo stato prospettato soltanto all'udienza di discussione e, quindi, inammissibilmente. A tal proposito si ricorda che nel giudizio di opposizione a ordinanza - ingiunzione disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, i poteri decisori del giudice sono delimitati dalla "causa petendi" fatta valere con l'opposizione stessa, sicché, salve le ipotesi di inesistenza del provvedimento sanzionatorio, non sono rilevabili d'ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l'ha preceduto non dedotte specificamente dal ricorrente con l'atto introduttivo (cfr. Cass. n. 13751 del 2006 e Cass. n. 18288 del 2010). Con riferimento al terzo ed ultimo motivo occorre rilevare che, superando il pregresso indirizzo indicato dalla difesa del ricorrente, le Sezioni unite di questa Corte, con la citata sentenza n. 1786 del 2010, hanno stabilito che, in tema di ordinanza ingiunzione per l'irrogazione di sanzioni amministrative - emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto, ai sensi dell'art. 204 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo ex art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - la mancata audizione dell'interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non comporta 4 le stesse investano questioni di diritto che di fatto. la nullità del provvedimento, in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l'atto, gli argomenti a proprio favore che l'interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all'autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale. Peraltro, in ordine al caso di specie, il giudice di appello ha attestato che sia dal contenuto l'Olivieri era stato regolarmente convocato nell'ambito del procedimento amministrativo, ma che non si era presentato, circostanza, questa, confermata anche dalla lettera di convocazione debitamente notificata, prodotta dalla parte appellata. In definitiva, si riconferma — avuto riguardo all'art. 375 n. 5 c.p.c., correlato all'art. 360 bis n. 1 c.p.c. - che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all'ad. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza di tutti i motivi del ricorso». Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, la difesa del ricorrente non ha depositato memoria difensiva ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c.; ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio, liquidati in complessivi euro 600,00, oltre eventuali spese prenotate a debito Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 9 gennaio 2014. dell'ordinanza-ingiunzione opposta che dalla sentenza di primo grado era emerso che

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