Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3593 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.10/02/2017),  n. 3593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18841/2012 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliata in COSENZA VIA NICOLA

SERRA 95, presso lo studio dell’avvocato MARCO FIERTLER, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

PUBBLIEMME SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA P. L. CATTOLICA 3, presso lo

studio dell’avvocato ALESSANDRO CIUFOLINI, rappresentato e difeso

dagli avvocati OLGA DURANTE, VINCENZO CANTAFIO, MARIA CATERINA

INZILLO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 277/2011 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO,

depositata il 16/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Equitalia Sud spa propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 277/01/11 del 16 giugno 2011, con la quale la commissione tributaria regionale di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’appello da essa ricorrente proposto contro la sentenza di primo grado che – in sua contumacia – aveva ritenuto illegittime tre intimazioni di pagamento notificate nel 2009, in assenza di notificazione delle prodromiche cartelle esattoriali, alla Publiemme srl, ex art.50 d.P.R.602/73.

In particolare, ha ritenuto la commissione tributaria regionale che: – l’appello fosse inammissibile in quanto privo di una specifica censura alla ratio decidendi della commissione tributaria provinciale, basata appunto sulla mancata notificazione delle cartelle stesse; – inoltre, la prova di tale avvenuta notificazione non potesse desumersi dai documenti menzionati da Equitalia Sud nell’atto di appello, in quanto non materialmente prodotti in giudizio, come desumibile dalla loro omessa indicazione nell’indice del fascicolo di parte depositato.

Resiste con controricorso la Pubbliemme srl.

Quest’ultima ha altresì depositato – ma in data 10 gennaio 2017 e, dunque, non nel rispetto del termine di legge – memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con il primo motivo di ricorso Equitalia Sud lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio; rappresentato dalla effettiva produzione in appello della documentazione attestante la regolare notificazione delle cartelle prodromiche. In particolare, la commissione tributaria regionale avrebbe argomentato tale mancata produzione sulla base della loro mancata elencazione nell’indice degli atti del fascicolo di parte, nonostante che il materiale deposito dei documenti risultasse sia dal tenore delle difese della parte appellata (che li aveva disconosciuti, riservando di farne oggetto di querela di falso), sia da quanto affermato dalla stessa commissione tributaria regionale nel riportare in sentenza tali difese.

Con il secondo motivo di ricorso Equitalia Sud lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, e art. 116 c.p.c.; per non avere la commissione tributaria regionale ottemperato all’obbligo di valutare la documentazione che legittimamente essa aveva prodotto per la prima volta in appello (a nulla rilevando che fosse rimasta contumace in primo grado).

Con il terzo motivo di ricorso Equitalia Sud deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3 – nullità della sentenza per omessa valutazione di prove dirimenti;

nonchè per violazione del principio del contraddittorio, stante la preclusione opposta dalla commissione tributaria regionale al pieno esercizio del suo diritto di difesa.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53; per avere la commissione tributaria regionale ritenuto generico l’atto di appello; nonostante che quest’ultimo contenesse, con richiamo alla produzione della documentazione comprovante l’eseguita notifica delle cartelle, censura specifica al decisum di primo grado.

p.2. I primi tre motivi di ricorso, suscettibili di essere trattati unitariamente per la loro intima connessione, sono fondati.

La commissione tributaria regionale ha ritenuto che Equitalia Sud non avesse prodotto in appello alcun documento; traendo questo convincimento non già dall’accertata insussistenza, all’interno del fascicolo di parte, della documentazione di riferimento (relata di notifica delle cartelle), bensì dalla mancata elencazione della stessa “nell’indice del fascicolo dell’appellante depositato in atti”.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente, il convincimento di inesistenza dei documenti in questione agli atti di causa non è dipeso da una svista di ordine materiale nella disamina del contenuto del fascicolo di parte appellante; e nemmeno dall’esito sfavorevole della ricerca di documenti che, dati per inseriti nel fascicolo di parte, non siano poi risultati ivi materialmente esistenti al momento della decisione.

La conclusione della commissione tributaria regionale è dipesa invece da una considerazione di tipo prettamente giuridico; in base alla quale, non potrebbero ritenersi prodotti in giudizio (e, dunque, essere presi in esame dal giudice) i documenti non contemplati – e sol perchè non contemplati – nell’indice del fascicolo di parte.

Si verte, dunque, non già di errore di fatto revocatorio su un evento di natura processuale, astrattamente ricorribile per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4), bensì di violazione o falsa applicazione delle norme di riferimento (errore di diritto).

In base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, “i documenti devono essere elencati negli atti di parte cui sono allegati ovvero, se prodotti separatamente, in apposita nota sottoscritta da depositare in originale ed in numero di copie in carta semplice pari a quello delle altre parti”.

Questa disposizione – che in parte si discosta da quanto stabilito, per il giudizio ordinario, dall’art. 74 disp. att. c.p.c., e che pone in connessione le modalità di produzione dei documenti con quelle di proposizione di motivi di ricorso ‘aggiuntì in conseguenza di tale produzione – non consente l’interpretazione che ne ha dato la sentenza qui impugnata.

Non è infatti in discussione che la mancata elencazione dei documenti nel fascicolo di parte che li contenga determini di per sè, proprio perchè contrastante con il disposto di legge, l’irritualità della produzione e la conseguente inutilizzabilità, da parte del giudice, dei documenti non elencati.

E tuttavia, questo effetto di inammissibilità – inutilizzabilità del documento, in quanto fondato sull’esigenza sostanziale di tutelare il contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa della parte contro la quale le produzioni sono state effettuate, non ha modo di verificarsi quando vi siano elementi per ritenere che del documento – ancorchè irritualmente prodotto – quest’ultima abbia comunque avuto diretta e piena contezza, accettando di svolgere su di esso il contraddittorio.

Sul piano della logica ispiratrice della disciplina legale non vi sono pertanto ragioni per non ritenere valido anche nel processo tributario, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24, quanto già affermato con riguardo al processo civile ordinario. Secondo cui l’inosservanza degli adempimenti di produzione e deposito dei documenti preclude alla parte la possibilità di utilizzarli come fonte di prova, ed al giudice di merito di esaminarli e porli a fondamento del proprio convincimento. Sempre che, tuttavia, la controparte legittimata a far valere l’irregolarità non abbia accettato, anche implicitamente, il deposito “così come eseguito”, prendendo contezza della documentazione in tal modo prodotta (Cass. 4822/97; 4333/95; 18913/04).

Orbene, proprio questa era la situazione del caso di specie.

Ferma restando l’ammissibilità, in via generale, di nuove produzioni documentali in appello D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 58, l’appellata Publiemme nulla eccepì in ordine alla mancata elencazione dei documenti nel fascicolo di parte avversa nè, più in generale, alle formalità di allegazione. Anzi, risulta dalla stessa narrativa in sentenza, che Publiemme prese partitamente posizione sull’efficacia probatoria dei documenti di Equitalia che, secondo la commissione tributaria regionale, non erano stati prodotti. Contestandone – per ragioni, insite nella loro asserita falsità, di natura contenutistica e tutt’affatto diverse da quelle poi ritenute dal giudice – l’opponibilità a sè; e riservandosi di proporre, ove ritenuti probanti dell’avvenuta notificazione delle cartelle, querela di falso contro i medesimi (in quanto rappresentati da relate dell’agente notificatore).

p.3. Parimenti fondato è il quarto motivo di ricorso.

Va infatti considerato che il giudice regionale ha escluso la formulazione di un’adeguata censura di gravame, posto che l’appello di Equitalia si basava sulla “deduzione di una produzione documentale non esistente”.

Chiarita, per le indicate ragioni, l’erroneità di tale affermazione, va qui ribadito che, nel processo tributario – stante il carattere devolutivo pieno dell’appello, inteso quale mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito ed in rapporto ai motivi di impugnazione iniziale dell’atto – il requisito di specificità D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, può sussistere anche quando l’amministrazione finanziaria si limiti a rimarcare le ragioni di fondatezza dell’atto opposto così come già esposte in primo grado, ovvero nello stesso atto opposto (Cass. 1200/16; 14908/14; 3064/12 ed altre). Si tratta, a ben vedere, del medesimo indirizzo affermato da Cass. 28708/08 contraddittoriamente menzionato dalla stessa commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata.

Non può poi non rilevarsi come il requisito di specificità dei motivi di appello debba essere riguardato anche in correlazione con il tenore della motivazione della sentenza appellata. Nel caso di specie, quest’ultima si era limitata ad accogliere il ricorso della società contribuente stante il difetto di notifica delle cartelle prodromiche agli avvisi di mora; “ratio” decisoria in sè conchiusa e dirimente, che Equitalia ha inteso validamente contestare contrapponendo, nel proprio atto di appello, che la produzione documentale di cui si è ampiamente detto era invece tale da “fugare ogni dubbio circa la regolarità della notificazione delle predette cartelle di pagamento, e quindi sulla legittimità degli atti impugnati in primo grado”. Dal che doveva desumersi, ex art. 53 cit., un contenuto censorio (volitivo ed argomentativo) del tutto mirato e specifico in contrapposizione al nucleo decisorio della pronuncia appellata; che ne risultava per ciò solo inficiato.

Ne deriva pertanto, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale di Catanzaro, in diversa composizione; la quale riconsidererà probatoriamente la fattispecie alla luce della qui affermata ammissibilità e dell’appello e delle produzioni documentali di Equitalia; provvedendo anche sulle spese del presente procedimento.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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