Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3592 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/02/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 13/02/2020), n.3592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23446/2014 proposto da:

GARI BUILDING s.r.l., con sede in (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore Valentina Crispino,

rappresentata e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti

Francesco Napolitano (C.F.: NPLFNC47S11H501L) e Alessandra Militemo

(C.F.: MLTLSN67S54A944F), giusta delega apposta a margine del

ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.

Francesco Napolitano, in Roma alla Via Po n. 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici è domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 1842/29/2014 emessa dalla CTR Campania in

data 18/02/2014 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica

dell’8/11/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott. Umberto

De Augustinis nel senso dell’accoglimento per quanto di ragione del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Publiservizi s.r.l., nella qualità di concessionaria, proponeva appello avverso la sentenza emessa dalla C.T.P. che aveva accolto per quanto di ragione il ricorso proposto dalla Gari Building s.r.l. e ridotto il valore dei terreni oggetto di tassazione nella misura del 70% dell’accertato.

Con sentenza del 18.2.2014 la CTR Campania accoglieva l’appello principale del Comune e rigettava quello incidentale della contribuente sulla base delle seguenti considerazioni:

1) per quanto riguardava il terreno, oggetto di perizia da parte della società convenuta, esso era inagibile nell’anni per cui si procedeva (2006), in quanto oggetto di occupazione da parte del Comune di Caserta e del Commissario per l’emergenza rifiuti della Campania;

2) per il solo fatto che il terreno non era edificabile per situazioni contingenti, esso non diventava oggettivamente inedificabile;

3) per l’occupazione ed i danni provocati dall’occupazione di suoli era previsto un risarcimento da parte del soggetto che li provocava;

4) altra cosa era la tassa ICI, che non poteva essere sospesa o annullata, ma che poteva essere oggetto anch’essa di risarcimento dei danni;

5) non occorreva, quindi, soffermarsi sulle momentanee situazioni di occupazione e di disagio per negare l’imposizione del tributo, che esisteva per la caratteristica edificatoria della zona e non veniva meno per una momentanea occupazione;

6) l’ICI era stata calcolata correttamente dal Comune tenendo presente i parametri di riferimento individuati secondo le effettive caratteristiche e l’allocazione dei terreni in questione;

7) non poteva essere poi accolta la tesi del contribuente che affermava l’esistenza di un giudicato esterno formatosi a seguito di altra sentenza riguardante le stesse parti per una annualità diversa, atteso che le situazioni anche simili non potevano essere catapultate in altri processi anche se riguardanti le stesse parti e lo stesso oggetto.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Gari Building s.r.l., sulla base di sei motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di eventualmente partecipare all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR rilevato che, avuto riguardo all’annualità 2004, la CTR Campania si era già pronunciata, con sentenza n. 179/32/12 del 15.6.2012 passata in giudicato, su un atto impositivo che si fondava sui medesimi presupposti di fatto posti alla base dell’avviso di accertamento ICI per l’anno 2006, riconoscendone la illegittimità per essere il terreno in questione inagibile (siccome occupato dallo stesso Comune di Caserta e dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania).

1.1. Il motivo è infondato.

Posto che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Sez. U, Sentenza n. 24664 del 28/11/2007). In particolare, il giudicato esterno, in quanto provvisto di vis imperativa e indisponibilità per le parti, va assimilato agli “elementi normativi”, sicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme (e non già degli atti e dei negozi giuridici), in base agli artt. 12 ss. preleggi, con conseguente sindacabilità degli eventuali errori interpretativi sotto il profilo della violazione di legge (Sez. 3, Ordinanza n. 30838 del 29/11/2018).

In termini generali, il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente, ma non con riferimento ad elementi variabili: ne deriva che, in tema di ICI, il giudicato sulle modalità di esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di modificarsi nel tempo, non spiega efficacia espansiva negli altri periodi di imposta (Sez. 5, Ordinanza n. 7417 del 15/03/2019).

In particolare, nel processo tributario l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione a quelli non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche con riferimento agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (Sez. 5, Ordinanza n. 37 del 03/01/2019).

In definitiva, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, con la conseguenza che lo stesso è escluso nelle fattispecie suscettibili di variazione annuale. In applicazione di tale principio, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17760 del 06/07/2018, proprio con riferimento all’impugnazione di un avviso di accertamento in materia di ICI, ha escluso l’efficacia del giudicato intervenuto in un’altra controversia tra le stesse parti in relazione a diverse annualità, atteso il carattere variabile del presupposto di imposta costituito dal valore della rendita catastale.

A titolo esemplificativo, rientra tra gli elementi variabili il valore immobiliare ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 5, che, per sua natura, con riferimento ai diversi periodi di imposta, è destinato a modificarsi nel tempo (Sez. 5, Sentenza n. 1300 del 19/01/2018).

Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006) hanno, sul punto, statuito che: “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.”.

1.2. Orbene, nel caso di specie, l’affermazione, contenuta nella sentenza n. 179/32/12 del 15.6.2012 passata in giudicato della CTR Campania, secondo cui, sia pure con riferimento all’anno d’imposta 2004, l’intera area era non agibile e, quindi, inutilizzabile riguarda un fatto potenzialmente (vale a dire, in astratto) variabile da periodo a periodo (ben potendo l’inagibilità venir meno l’anno successivo, sia pure a seguito del compimento di opere di bonifica), e non già un elemento costitutivo della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assume ex ante carattere tendenzialmente permanente. In quest’ottica, non assume rilevanza, ai fini dell’indagine, la circostanza che la inagibilità del terreno si sia protratta anche negli anni successivi, fermo restando, ovviamente, che tale aspetto, se tempestivamente dedotto, doveva essere preso in considerazione dai giudici di merito nella loro valutazione complessiva.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la omessa pronuncia, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulle eccezioni, da essa sollevate, concernenti la nullità dell’atto impositivo per assenza di motivazione e l’assoggettamento a tassazione di un medesimo cespite due volte.

2.1. Il motivo è fondato.

Dalla sentenza impugnata si evince che la CTR non ha preso posizione, neppure implicitamente, sulle eccezioni, sollevate dalla Gari Building s.r.l. con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio e dalla stessa reiterate, con l’appello incidentale, in sede di controdeduzioni all’appello (principale) proposto dalla concessionaria Publiservizi s.r.l. (eccezioni riprodotte, in osservanza del principio di specificità, nel ricorso per cassazione), concernenti la nullità dell’atto impositivo per assenza di motivazione e l’assoggettamento a tassazione di un medesimo cespite (terreno censito in catasto al foglio (OMISSIS), p.lla (OMISSIS)) due volte.

L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello (tra le tante, Sez. L, Sentenza n. 22759 del 27/10/2014).

Trova in siffatta evenienza applicazione il principio secondo cui la portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, allorquando, però, il primo, contenga comunque una decisione (nel caso di specie, del tutto mancante) che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda (Sez. 1, Sentenza n. 19074 del 25/09/2015; Sez. 1, Sentenza n. 5337 del 08/03/2007).

2.2. Tuttavia, tale accertamento non comporta automaticamente l’accoglimento della censura e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Invero, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 19/04/2018).

Orbene, anticipando le considerazioni che avrebbe comportato l’analisi del terzo motivo, va qui evidenziato che, in tema di ICI, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 – bis, (applicabile ratione temporis), disponendo che gli avvisi di liquidazione e accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati, non comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poichè è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta. In quest’ottica, Sez. 5, Sentenza n. 1694 del 24/01/2018 ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, nel quale erano stati indicati (come nella fattispecie in esame) i dati identificativi dell’immobile, il soggetto tenuto al pagamento e l’ammontare dell’imposta.

Invero, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Sez. 5, Ordinanza n. 26431 del 08/11/2017).

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 296 del 2006 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto, qualora si ritenesse che avesse implicitamente respinto l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, sufficiente la formula standard e generica utilizzata come motivazione degli avvisi di accertamento.

3.1. Il motivo è infondato alla luce delle considerazioni già espresse nell’analisi del precedente motivo.

4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 118, commi 1 e 2, disp. att. c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR, dopo aver confuso il concetto di edificabilità con quello di effettiva utilizzabilità edificatoria del terreno, accolto l’appello dell’ente impositore senza offrire alcuna motivazione.

4.1. Il motivo è infondato.

Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando essa, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).

In particolare, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016).

Inoltre, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018).

Orbene, nel caso di specie, la CTR ha reso una sia pur sintetica motivazione, affermando che “L’ICI è stata calcolata correttamente dal Comune tenendo presente i parametri di riferimento individuati secondo le effettive caratteristiche e allocazioni dei terreni in questioni”, fornendo all’evidenza una motivazione apparente.

Esclusa l’assenza assoluta della motivazione, va ricordato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione, come nel caso di specie, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016).

5. Con il quinto motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR esaminato le numerose prove documentali allegate alle controdeduzioni all’appello principale proposto dalla Publiservizi.

5.1. Il motivo è infondato, atteso che la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).

Anche, poi, a voler in astratto inquadrare la doglianza nell’ambito del vizio di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c., nell’attuale formulazione applicabile ratione temporis, andrebbe tenuto presente che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR dato alcuna rilevanza alla circostanza incontestata che il terreno era occupato abusivamente, dallo stesso Comune di Caserta, con una discarica di rifiuti e che, dunque, al momento della imposizione non era effettivamente sfruttabile dal punto di vista edificatorio.

6.1. Il motivo è inammissibile, in quanto, fermo restando che sullo specifico aspetto la CTR si è pronunciata (affermando che momentanee situazioni di occupazione e di disagio non sarebbero sufficienti per escludere l’imposizione del tributo), sollecita, a ben vedere, una rivalutazione del materiale istruttorio da parte di questa Corte, preclusa in sede di legittimità.

7. In definitiva, il ricorso merita accoglimento con riferimento al secondo motivo e, per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata. Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di rigettare il ricorso originario della contribuente.

L’esito complessivo della lite giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla contribuente; compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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