Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3592 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 12/02/2021), n.3592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9963-2016 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VAL

D’OSSOLA, 100, presso lo studio dell’avvocato MARIO PETTORINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO PETTORINO giusta

procura in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 17, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE VITOLO, che lo rappresenta e difende giusta

procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8863/2015 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 8863/2015, depositata il 12 ottobre 2015, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello di P.G., così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un atto di precetto notificato in esito ad un’ingiunzione fiscale emessa per la riscossione dell’ICI dovuta al Comune di Ischia relativamente ai periodi di imposta dal 1993 al 1998.

Il Giudice del gravame ha condiviso le conclusioni cui il primo giudice era pervenuto quanto alla notifica dell’ingiunzione fiscale, ritualmente eseguita nei confronti degli eredi di P.R., collettivamente e impersonalmente, presso l’ultimo domicilio della de cuius, – e quanto, poi, all’inammissibilità del ricorso i cui motivi si risolvevano in censure rivolte all’ingiunzione fiscale (piuttosto che all’atto di precetto impugnato).

2. – P.G. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Ischia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, alla L. n. 212 del 2000, art. 6, agli artt. 2697 e 2700 c.c., all’art. 148 c.p.c., anche in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., deducendo che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame, avrebbe dovuto ritenersi la nullità della notifica dell’ingiunzione fiscale, in quanto: – l’ingiunzione “non era stata indirizzata ed eseguita dal Comune di Ischia agli eredi impersonalmente e collettivamente della defunta P.R., bensì nei confronti del P.G.”; – l’Ente impositore, venuto a conoscenza del decesso della de cuius, “avrebbe dovuto indicare i nominativi di tutti gli eredi (indicazione omessa) e notificare l’atto, come fatto, presso l’ultimo domicilio della de cuius… senza però indicare la dicitura “Sig. P.G…. e, soprattutto, notificando una copia del cennato atto, per ciascun erede.”; – “la mancata individuazione delle parti del rapporto tributario è causa di nullità dell’atto”.

Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, ed all’art. 112 c.p.c., assumendo il ricorrente che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto preclusa, a fronte della rilevata definitività dell’ingiunzione fiscale, l’eccezione di inesistenza del titolo esecutivo, costituito dalla ingiunzione stessa piuttosto che, come dovuto (art. 12, cit.), dal ruolo, – quando una siffatta preclusione avrebbe potuto conseguire (solo) dal giudicato.

Col terzo complesso motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il ricorrente denuncia violazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, ed all’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deducendo, in sintesi, che: – dalla definitività dell’ingiunzione fiscale, ed in difetto di giudicato, il giudice del gravame non avrebbe potuto far conseguire una preclusione all’esame dell’eccezione di decadenza da esso esponente svolta in relazione al D.Lgs. n. 504, cit., art. 12, posto che, nella fattispecie, nei termini da detta disposizione previsti, non era stato formato il ruolo relativo all’ICI dovuta per i periodi di imposta in contestazione, nè era stata emessa l’ingiunzione fiscale; – erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto che detta decadenza trovava applicazione (solo) a fronte di provvedimento definitivo (perchè non impugnato giudizialmente) laddove le disposizioni dell’art. 12, cit., rendevano esplicito che il termine di iscrizione a ruolo non decorreva nel solo caso di sospensione, e non anche per effetto della mera impugnazione giudiziale.

2. – Il primo motivo, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – è destituito di fondamento.

2.1 – Occorre premettere che, dopo una stagione legislativa che, in sintesi, aveva privilegiato lo strumento del ruolo (v. il D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67 e art. 130, comma 2), la riscossione dei tributi locali mediante ingiunzione fiscale è stata (in qualche modo) rivitalizzata dal legislatore (v., già, il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 6 nonchè i successivi correttivi di cui al D.L. n. 248 del 2007, conv. in L. n. 31 del 2008, art. 36, comma 2, ed al D.L. n. 70 del 2011, conv. in L. n. 106 del 2011, art. 7, comma 2, lett. gg-quater e gg-septies, n. 3) che, in termini generali, ha reso facoltativa la riscossione a mezzo di ruolo (D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17, comma 2) e che è intervenuto (implementandole) sulle stesse modalità di notifica dell’ingiunzione fiscale (v. la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 158 e ss.); ingiunzione che, così, è divenuto mezzo di elezione delle procedure di riscossione quanto ai tributi locali.

Con riferimento, poi, a detto titolo di riscossione, la Corte ha già avuto modo di rilevare l’applicabilità dell’art. 477 c.p.c. (v. Cass., 26 febbraio 1990, n. 1436 cui adde, in motivazione, Cass., 22 ottobre 2014, n. 22426), rimarcando che l’ingiunzione prevista dal R.D. n. 639 del 1910 è un atto complesso che cumula in sè il titolo esecutivo e il precetto e che svolge, pertanto, la stessa funzione (quale atto prodromico dell’esecuzione forzata) della cartella di pagamento (v. Cass. Sez. U., 25 maggio 2005, n. 10958).

2.2 – A fronte, quindi, del rilievo svolto dal Giudice del gravame, quanto alla correttezza della notifica dell’ingiunzione eseguita agli “eredi di P.R.” presso l’ultimo domicilio della defunta, il motivo di ricorso, – che, nel trascrivere (solo parzialmente) la relata di notifica, pur vi include il (sopra rilevato) riferimento agli “Eredi di P.R.”, – erroneamente assume che la notifica in questione “avrebbe dovuto indicare i nominativi di tutti gli eredi”, non anche quello del solo ” P.G.”, ed essere eseguita con consegna di “una copia del cennato atto, per ciascun erede”; assunti, questi ultimi, del tutto erronei a fronte di notifica da eseguirsi “collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto”.

Va, peraltro, rimarcato che l’ingiunzione fiscale correttamente era stata emessa nei confronti della de cuius e che, secondo la disposizione codicistica sopra richiamata, dalla notifica agli eredi, presso l’ultimo domicilio della de cuius, affatto consegue la mancata individuazione delle parti del rapporto.

3. – Anche i residui motivi sono destituiti di fondamento.

3.1 – Premesso che la censura involta dal secondo profilo del terzo motivo di ricorso si incentra su questione che il giudice del gravame non ha affatto affrontato nel merito, – così che non è riconducibile al contenuto della gravata pronuncia la statuizione secondo la quale la decadenza di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 12, sarebbe stata riferibile (solo) ad un provvedimento definitivo (perchè non impugnato giudizialmente), – rileva la Corte che correttamente detto giudice, – a fronte della rilevata definitività del provvedimento (non impugnato nè dalla contribuente, in vita, nè dagli eredi), – ha considerato inammissibili i motivi di impugnazione dell’ingiunzione fiscale, dalla cennata definitività del provvedimento conseguendo, giustappunto, l’irretrattabilità del credito (v. Cass., 25 maggio 2007, n. 12263 cui adde Cass. Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397; v., altresì, ex plurimis, Cass., 5 luglio 2018, n. 17637; Cass., 13 gennaio 2016, n. 381; Cass., 9 novembre 2015, n. 22810; Cass., 18 settembre 2015, n. 18448).

4. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.800,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

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