Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3591 del 14/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 3591 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso 1405-2013 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro

mism

GIUSEPPA EMILIA

,

RAFFA ALESSANDRA, RAFFA

PATRIZIA eredi di Raffa Paolo;
4

– intimate –

Data pubblicazione: 14/02/2014

avverso il decreto n, 52602/2007 R.G. della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 27/04/2009, depositata il 15/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.

Ric. 2013 n. 01405 sez. M2 – ud. 09-01-2014
-2-

Ritenuto in fatto
Le sig.re Misiti Giuseppa Emilia, Raffa Alessandra e Raffa Patrizia (nella qualità di
eredi di Raffa Paolo) chiedevano alla Corte d’appello di Roma, con ricorso
ritualmente depositato, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge

con ricorso dell’8 aprile 1994, dinanzi al Tribunale di Napoli, definito, dopo il suo
svolgimento complessivo protrattosi in appello, in cassazione e in sede di rinvio, con
sentenza del 17 novembre 2005, invocando la condanna del Ministero della Giustizia
al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la irragionevole durata del
predetto giudizio.
Nella costituzione del resistente Ministero, l’adita Corte di appello, con decreto
depositato il 15 novembre 2011, accertava l’irragionevole ritardo del suddetto
giudizio (previo computo della durata ragionevole per il primo grado in tre anni, per il
grado di appello in due anni, per la fase di cassazione in un anno e per quella di
rinvio in un ulteriore anno) e liquidava cumulativamente in favore delle ricorrenti,
nella dedotta qualità, l’importo di titolo di indennizzo per equa riparazione nella
misura di euro 3.250,00 (applicando il parametro di euro 750,00 per i primi tre anni di
ritardo irragionevole e quello di euro 1000,00 per ogni anno successivo).
Avverso il suddetto decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione il
Ministero della Giustizia, con atto spedito per la notificazione il 31 dicembre 2012(e,
poi, ritualmente notificato a destinatari), sulla base di tre motivi. Le intimate non si
sono costituite in questa sede.
Considerato in diritto

_

3

24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un giudizio di lavoro instaurato,

1. In via preliminare, il Collegio rileva che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso
la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, secondo comma, c.p.c., quale risultante dalle modifiche introdotte

nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero ((deve intervenire
nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge». A sua volta

l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall’art. 81 del citato decretolegge n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero presso la Corte di
cessazione interviene e conclude: a) in tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze
dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici
della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla
sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura
civile». L’art. 376, primo comma, c.p.c. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita
sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di
consiglio».

Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69 del 2013, quale risultante dalla legge
di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione
dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la modificazione degli artt. 380-bis,
secondo comma, e 390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la
disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico
ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni di cui al presente
articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cessazione nei quali il decreto di

– 4 –

dall’art. 75 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni,

fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire
dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento contenuto nell’art. 75, comma 2,

376, primo comma, c.p.c.), consenta di ritenere, non solo, che la detta sezione è
abilitata a tenere pubbliche udienze e non solo adunanze camerali, ma anche che
alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà
dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
c.p.c., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell’udienza odierna è stato adottato in
data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica è stata
ritualmente celebrata senza la partecipazione del rappresentante della Procura
generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia
integrale del ruolo di udienza era stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico
che giustificasse la propria partecipazione ai sensi del citato art. 70, terzo comma,
c.p.c. .
2. Ciò posto, rileva il collegio che con il primo motivo dedotto il Ministero ricorrente ha
denunciato — ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, sul presupposto che la Corte territoriale, nel
decreto impugnato, non aveva rilevato, ai fini della determinazione della durata
irragionevole del giudizio presupposto, l’incidenza dei rinvii ad istanza delle parti.
3. Con il secondo motivo il Ministero della Giustizia ha prospettato (ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c.) il vizio di omessa od insufficiente motivazione del decreto

– 5 –

citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art.

impugnato con riferimento alla ricostruzione della durata irragionevole effettiva del
giudizio presupposto, sull’assunto che non fossero state adeguatamente considerate
le attività dilatorie o per altre ragioni processuali imputabili alle parti private.
4. Con il terzo motivo ed ultimo motivo il Ministero ricorrente ha inteso far valere la

pronunciato “ultra petitum”, riconoscendo alla ricorrente — in difetto di una sua
specifica domanda in proposito – gli interessi legali a decorrere dalla domanda
anziché dalla pubblicazione del decreto.
5. Rileva il collegio che le prime due censure — esaminabili congiuntamente perché
investono la medesima questione sotto i diversi profili della violazione di legge e del
vizio di motivazione — sono fondate per le ragioni che seguono.
E’ risaputo, sul piano generale, che nel giudizio per l’equa riparazione per la
violazione del termine di durata ragionevole del processo, a norma dell’art. 2, comma
secondo, della legge n. 89 del 2001, la parte assolve all’onere di allegazione dei fatti
costitutivi della domanda esponendo gli elementi utili a determinare la durata
complessiva del giudizio presupposto, salvi i poteri della Corte d’appello adita di
accertare, d’ufficio o su sollecitazione dell’Amministrazione convenuta, le cause che
abbiano giustificato in tutto o in parte la durata del procedimento (cfr. Cass. n. 2207
del 2010). E’ anche risaputo che il danno patrimoniale indennizzabile come
conseguenza della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, è soltanto quello che costituisce “conseguenza
immediata e diretta” del fatto causativo (art. 1223 c.c. richiamato dall’art. 2, comma 3,
legge cit. attraverso il rinvio all’art. 2056 stesso codice), in quanto sia collegabile al
superamento del termine ragionevole e trovi appunto causa nel non ragionevole
ritardo della definizione del processo presupposto. Si è, altresì, puntualizzato che, in

_

6

_

violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte capitolina

tema di equa riparazione per il mancato rispetto del termine di ragionevole durata del
processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, solo il danno patrimoniale,
diversamente da quello non patrimoniale (per il quale occorre soltanto l’allegazione
quale conseguenza dell’irragionevole durata del processo presupposto), deve essere

estremi, fra l’altro variabili da caso a caso, ovvero che ne sia possibile
l’individuazione sulla base del contesto complessivo dell’atto (cfr. Cass. n. 5213 del
2007 e, da ultimo, Cass. n. 14775 del 2013).
Orbene, nella specie, la Corte di appello di Roma, con motivazione del tutto
apodittica, non ha ritenuto di dover ravvisare l’emergenza di condotte dilatorie
addebitabili alle parti private, senza nemmeno evidenziare il complessivo percorso
dello sviluppo del giudizio, avuto riguardo alle singole fasi processuali svoltesi, alla
vicenda successoria che aveva coinvolto le ricorrenti (con eventuale incidenza anche
sul profilo della legittimazione a proporre la domanda di equa riparazione) ed ai
comportamenti delle parti private orientati ad ottenere il mero differimento delle
udienze, alla luce delle stesse prospettazioni contenute nel ricorso proposto avanti
alla stessa Corte territoriale (come riprodotte nel ricorso della difesa erariale) e
riproposte puntualmente con l’illustrazione delle censure in esame (con la possibile
configurazione di un apprezzabile periodo di ritardo non addebitabile alle disfunzioni
dell’Amministrazione giudiziaria, bensì alle esigenze difensive delle stesse parti
private, ed essendo, comunque, rimasto sfornito di ogni motivazione l’aspetto
correlato alla sussistenza o meno della legittimazione delle ricorrenti nella dedotta
qualità di eredi di Raffa Paolo, così come il profilo relativo all’incidenza dell’evento
successorio sulla determinazione effettiva del giudizio presupposto).

oggetto di prova piena e rigorosa, occorrendo che ne siano specificati tutti gli

Alla luce di tale complessiva argomentazione e della carente motivazione addotta
dalla Corte romana, i primi due motivi deve essere ritenuti fondati, con la
conseguente relativa cassazione del decreto impugnato, a cui consegue
l’assorbimento del terzo motivo riconducibile ad un vizio di ultrapetizione.

cui deriva l’assorbimento degli altri due), la conseguente cassazione sul punto del
decreto impugnato, a cui si correla il rinvio della causa alla Corte di appello di Roma,
in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese della presente fase
di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa il
decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del
presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa
composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 9 gennaio 2014.

6. In definitiva, sulla scorta delle ragioni esposte, vanno accolti i primi due motivi (da

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA