Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3591 del 04/02/2022

Cassazione civile sez. III, 04/02/2022, (ud. 15/06/2021, dep. 04/02/2022), n.3591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 31765-2019 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende:

– ricorrente –

contro

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO EREDIA

12, presso lo studio dell’avvocato CARLO TESTA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1805/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/6/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15/3/2019 la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Roma n. 2581 del 2015, ha confermato sulla base di diversa motivazione la sentenza del giudice di prime cure in ordine all’accoglimento della domanda nei confronti della medesima proposta dalla sig. R.C. di pagamento di somma a titolo di indennizzo per mancata trasposizione della Direttiva 2004/80/CE) relativa alla tutela delle vittime di reati intenzionali violenti.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la R., che ha presentato anche memoria.

Già chiamata all’udienza camerale del 3/2/2021, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza.

Con conclusioni scritte del 26/5/2021 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va pregiudizialmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, risultando l’impugnata sentenza tempestivamente impugnata entro il termine ex art. 327 c.p.c., nella specie scadente il 16/10/2019, in applicazione del principio in base al quale per i termini mensili o annuali (tra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c.) a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e art. 2963 c.c., comma 4 si osserva il sistema della computazione civile non ex numero bensì ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale, e analogamente deve procedersi quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, in tal caso al termine semestrale di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., comma 1 dovendo aggiungersi 31 giorni computati ex numeratione dierum, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1 (cfr., con riferimento al previgente art. 327 c.p.c., Cass., 1/2/2021, n. 2186; Cass., 15/7/2020, n. 15029; Cass., 9/7/2012, n. 11491. E già Cass., 24/3/1998, n. 3112), come sostituito dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv. con modif., nella L. n. 162 del 2014 (v. Cass., 19/9/2017, n. 21674), applicabile – in assenza di disciplina transitoria – a tutti i termini decorrenti dal 1 gennaio 2015 (v. Cass., 23/6/2021, n. 17949; Cass., 4/9/2020, n. 18485; Cass., 19/9/2017, n. 21674).

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione della L. n. 122 del 2016, artt. 11, 12, 13,14, L. n. 167 del 2017, art. 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito non abbia dichiarato “l’improcedibilità dell’originaria domanda risarcitoria per sopravvenuta carenza d’interesse e cessazione della materia del contendere, avendo la Repubblica Italiana, nelle more del giudizio, spontaneamente esteso l’indennizzo anche alle vittime “interne” di reati commessi dopo il 30 giugno 2005 – data di scadenza della Direttiva – pur non essendovi tenuta perché la Direttiva 2004/80/CE si applica solo alle situazioni transfrontaliere (cfr. CGUE, ordinanza 30 gennaio 2014 C122/13…)”.

Con il 2 motivo denunzia violazione degli artt. 1173,1223,2043,2056 c.c., considerando 7 Direttiva 2004/80/CE, nonché falsa applicazione della L. n. 145 del 2018, art. 12, art. 1 (commi 593 – 596) L. Finanziaria 2019, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 1173,2043 c.c., L. n. 145 del 2018, art. 12 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la “sentenza della Corte di Appello… si fonda sull’erronea considerazione in base alla quale la Direttiva Europea non si applicherebbe alle sole situazioni transfrontaliere, ma anche a quelle puramente interne… in sostanza, secondo la Corte di Appello la normativa Europea non limiterebbe il proprio ambito applicativo alle c.d. situazioni transfrontaliere ma lo estenderebbe a tutte le situazioni, comprese quelle in cui il cittadino è vittima di un reato violento commesso nel territorio del proprio Stato”, sicché, “pur essendo pacifico che la sig.ra R.C. (vittima del reato di tentato omicidio) è cittadina italiana e residente in Italia, essa, non avendo potuto ottenere alcun risarcimento dall’autore del delitto avrebbe diritto, in base alla Direttiva 2004/80/CE, ad essere ristorata dallo Stato italiano”.

Si duole che “siffatta ricostruzione” sia “priva di giuridico fondamento”, in quanto la “Direttiva 2004/80/CE, come si desume chiaramente dalla sua base giuridica (costituita dalla tutela della libertà di circolazione), si applica solo alle c.d. situazioni “transfrontaliere”, cioè alle vittime di reati intenzionali violenti commessi sul territorio di uno Stato membro diverso da quello di residenza, mentre rimangono escluse da suo campo di applicazione le fattispecie meramente interne, nelle quali il reato venga commesso nello stesso Stato membro in cui la vittima risiede abitualmente”.

Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che i “termini della questione non sono mutati a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha condannato lo Stato italiano per il mancato corretto recepimento della Direttiva 2004/80/CE”, giacché nella “sentenza… Corte di Giustizia 11 ottobre 2016 (causa C-601/14) l’inadempimento della Repubblica Italiana è pur sempre riferito… alle situazioni transfrontaliere, nel senso – già tracciato dall’ordinanza 30 gennaio 2014 in C122/13 – che l’obbligo di prevedere un sistema generale di indennizzo di cui all’art. 12, paragrafo 2, della Direttiva 2004/80/CE è previsto esclusivamente in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, anche comuni, che non siano stabilmente residenti in Italia”. Aggiunge che la “previsione di un indennizzo anche in favore delle vittime residenti costituisce una scelta discrezionale rimessa ai singoli Stati (scelta attuata dall’Italia con la L. n. 167/2017…) e non un obbligo discendente dall’appartenenza all’Unione e, in particolare, dalla Direttiva 2004/80/CE che, come inequivocabilmente statuito dalla Corte di Giustizia si applica esclusivamente alle situazioni transfrontaliere”.

Si duole che a tale stregua la “sentenza della Corte di Appello di Roma” sia “conforme a diritto laddove ha ritenuto che lo Stato italiano avrebbe commesso una violazione “grave e manifesta” della Direttiva 2004/80/CE”, stante l’insussistenza nella medesima della previsione di “un’espressa attribuzione del diritto di ottenere dallo Stato di appartenenza un adeguato e equo indennizzo, di modo che al singolo Stato membro non resti altro che adeguare la legislazione interna a quanto deliberato dal Consiglio dell’Unione Europea”, la cui “mancata attuazione” solo “determinerebbe in capo alle vittime di quei reati il diritto di ottenere dallo Stato il risarcimento del danno subito”.

Con il 4 motivo denunzia violazione degli artt. 1173,1223,2043,2056 c.c., considerando 7 Direttiva 2004/80/CE, L. n. 122 del 2016, art. 11 D. inter. 31 agosto 2017, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia liquidato un quantum in ogni caso eccessivo in favore di controparte a “titolo indennitario (o di ristoro del danno)”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di illecito Eurounitario dello Stato, alle vittime di reati intenzionali violenti commessi in Italia spetta il risarcimento del danno per tardiva trasposizione dell’art. 12, paragrafo 2, Direttiva 2004/80/CE che impone agli Stati membri, con riguardo ai cittadini UE e con riferimento ai fatti verificatisi nei rispettivi territori, di riconoscere alle stesse vittime un indennizzo “equo ed adeguato” (v. Cass., 24/11/2020, n. 26757, e, conformemente Cass., 29/9/2021, n. 26302).

Tale risarcimento va ricondotto allo schema della responsabilità contrattuale da inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, e al di là dell’eventuale sussistenza di un maggiore pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale il parametro base di relativa valutazione e liquidazione è costituito dall’ammontare dell’indennizzo che la vittima avrebbe avuto ab origine come bene della vita garantito dall’obbligo di conformazione del diritto nazionale alla Direttiva non tempestivamente attuata, laddove l’indennizzo ex art. 12, paragrafo 2, Direttiva 2004/80/CE concerne una prestazione indennitaria stabilita dalla legge come effetto dell’attuazione di obblighi derivanti dalla partecipazione dello Stato all’UE e prescindere dalla ricorrenza degli elementi costitutivi dell’illecito, che nel sistema della responsabilità civile (contrattuale e aquiliana) si pone invece come indefettibile presupposto per la liquidazione del danno (v. Cass., 24/11/2020, n. 26757, e, conformemente Cass., 29/9/2021, n. 26302).

Si è altresì precisato che l’indennizzo ex art. 12, paragrafo 2, Direttiva 2004/80/CE (il quale, anche se determinato in via forfettaria, deve essere non già meramente simbolico bensì “equo ed adeguato”, e quindi tale da ristorare il danneggiato in considerazione delle peculiarità del crimine e della relativa gravità, soprattutto in termini di conseguenze effettuali) compete alle vittime di ogni reato intenzionale violento commesso nel territorio di uno Stato membro ove le medesime risiedano (vittime c.d. “non transfrontaliere”), non essendo nemmeno necessario instaurare un giudizio civile di responsabilità nei confronti degli autori del fatto ove gli stessi si siano resi latitanti (v. Cass., 24/11/2020, n. 26757, e, conformemente Cass., 29/9/2021, n. 26302).

Si è ulteriormente posto in rilievo che, pur trattandosi di domande aventi ad oggetto distinti petita e distinte causae petendi, la (sopravvenuta) possibilità di fruire della prestazione indennitaria in forza del combinato disposto delle L. n. 122 del 2016 e L. n. 167 del 2017 non determina alcuna cessazione della materia del contendere in relazione alla (già proposta) domanda risarcitoria relativa alla tardiva attuazione della suddetta direttiva unionale, in quanto i beneficiari della prestazione indennitaria possono dimostrare l’esistenza di perdite supplementari patite per il fatto stesso di non avere potuto usufruire nel momento previsto dei vantaggi pecuniari garantiti dalla direttiva, le quali andrebbero, dunque, parimenti risarcite (così Cass., 24/11/2020, n. 26757, e, conformemente Cass., 29/9/2021, n. 26302).

Dall’ammontare riconosciuto alle vittime di reati intenzionali violenti commessi in Italia a titolo di risarcimento del danno per la tardiva trasposizione dell’art. 12, paragrafo 2, Direttiva 2004/80/CE deve d’altro canto essere detratta la somma che sia stata corrisposta quale indennizzo ex L. n. 122 del 2016 (e successive modifiche), in ragione del disposto della L. n. 122 del 2016, art. 12, comma 1, lett. e) e lett. e bis), trovando al riguardo applicazione l’istituto della compensatio lucri cum damno (che integrando un’eccezione in senso lato (vale a dire non la prospettazione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto altrui ma una mera difesa in ordine all’esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, come tale rilevabile d’ufficio dal giudice, il quale, stante il principio di acquisizione della prova, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile può fare riferimento a tutte le risultanze del giudizio) (v. Cass., 24/11/2020, n. 26757, e, conformemente Cass., 29/09/2021, n. 26302) 1.

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.

E’ rimasto nel giudizio di merito accertato che l’originaria attrice ed odierna controricorrente, “quale vittima di un tentato omicidio, accertato con sentenza penale irrevocabile”, perpetrato da “persona a lei sconosciuta” poi condannata con sentenza penale “divenuta definitiva”, ha vanamente “formulato richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni subiti”, attesa la totale incapienza della medesima.

Nel precisare che la suindicata vittima ha nella specie proposto non già domanda di conseguimento dell’indennizzo attualmente stabilito dalla L. n. 122 del 2016 (applicabile retroattivamente in ragione di quanto stabilito dalla successiva L. n. 167 del 2017) bensì di “condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti da tale inadempienza”, e quindi per “responsabilità dello Stato da mancata trasposizione di direttiva comunitaria non autoesecutiva, attributiva del diritto all’indennizzo a favore delle vittime di reati violenti, ove il responsabile sia incapiente”, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha correttamente posto in rilievo che “l’entrata in vigore della L. n. 167 del 2017” non determina alcuna “cessazione della materia del contendere” e “non comporta l’improcedibilità dell’originaria domanda risarcitoria”, in quanto “subordina la concessione dell’indennizzo alla presentazione della domanda in via amministrativa entro un termine decadenziale, che nella specie ben potrebbe non essere stato rispettato, trattandosi di controversia insorta precedentemente all’entrata in vigore della legge”. E che “al contrario la L. n. 167 del 2017, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” e modificativa della L. n. 122 del 2016, artt. 12,13 e 14 (attinente al diritto all’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, legge entrata in vigore successivamente all’emissione della sentenza impugnata) fornisce… elementi interpretativi per confermare la fondatezza della sentenza impugnata, nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto la Direttiva applicabile non soltanto ai cittadini residenti in altri paesi membri della U.E. nei confronti dello Stato nel cui territorio sia stato commesso un reato violento, ma anche da parte dei cittadini italiani nei confronti dello Stato italiano”.

Ha del pari correttamente sottolineato come “di ulteriore conforto all’interpretazione fornita dal primo giudice” debba “ritenersi la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, 11-10-2016, n. 601/14 secondo cui “La Repubblica Italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie al fine di garantire l’esistenza, nelle situazioni transfrontaliere, di un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi sul proprio territorio, è venuta meno all’obbligo ad essa incombente in forza dell’art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reato””, pronuncia “al contempo dirimente onde superare anche il secondo motivo di appello principale, nel quale l’Amministrazione ritiene la sentenza di primo grado non condivisibile nella parte in cui ha ritenuto che lo Stato italiano non avrebbe commesso una violazione “grave e manifesta” della direttiva del 2004″.

Quanto all’operata determinazione dell’importo dell’indennizzo, corrispondente all’ammontare liquidato dal giudice di prime cure, nell’osservare che “la stessa L. n. 122 del 2016 mediante la quale lo Stato italiano ha sia pur tardivamente dato esecuzione alla Direttiva del 2004 prevede un sistema indennitario e non risarcitorio per le vittime dei reati violenti (cfr. art. 2 “Modalità di erogazione dell’indennizzo”…)”, la corte di merito ha correttamente osservato che pur trattandosi di “legge emanata successivamente all’introduzione del giudizio ed alla emissione della sentenza impugnata” ben può la stessa costituire “un rilevante parametro valutativo”, nell’esercizio dei suoi poteri essendo quindi a tale stregua pervenuta a concludere che “quand’anche lo Stato italiano avesse tempestivamente trasposto la direttiva ed ove la signora R. avesse potuto beneficiarne” nella specie “la somma spettantele non avrebbe giammai potuto costituire un integrale risarcimento del danno subito dal reato, ma unicamente un indennizzo, costituente un serio ristoro”.

All’infondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA