Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3589 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. III, 16/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3136-2005 proposto da:

FINDOMESTIC BANCA SPA (OMISSIS) in persona del Dott. F.

C., Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G.G.BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato MANFREDINI ORNELLA,

che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F., FO.RO., FI.CA.;

FALLIMENTO AUTOETNA DI PATANE’ SALVATORE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 899/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, 1^

SEZIONE CIVILE, emessa il 15/4/2004, depositata il 30/09/2004, R.G.N.

206/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato ORNELLA MANFREDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nel (OMISSIS) Fo.Ro. e C.F. ottennero da Findomestic Banca s.p.a. due finanziamenti correlati all’acquisto, da parte di ognuno dei due, di due autoveicoli nuovi venduti da Autoetna di Patanè Salvatore. Le somme di L. 8.500.000 e 6.600.000 furono direttamente erogate da Findomestic ad Autoetna, che però non consegnò gli autoveicoli agli acquirenti, i quali per questo risolsero il rapporto con Autoetna e non pagarono a Findomestic le rate di rimborso, che li dichiarò decaduti dal beneficio del termine e domandò loro il pagamento dell’intera somma erogata, oltre agli accessori per complessive L. 36.657.461 (versate dagli attori a seguito di decreti ingiuntivi emessi dal tribunale di Firenze).

Il Fo. e la C. convennero dunque in giudizio Findomestic ed il fallimento di Autoetna innanzi al tribunale di Catania, domandando che fosse accertata l’inesistenza di qualsiasi ragione creditoria di Findomestic nei loro confronti e che, in subordine, Autoetna li tenesse indenni.

Con sentenza del 28.9.2001 il tribunale accolse le domande, cui aveva resistito la sola Findomestic, che propose appello, contrastato dal Fo. e dalla C..

2.- Con sentenza n. 899 del 2004 la Corte d’appello di Catania ha respinto il gravame della soccombente Findomestic sul rilievo che si verteva in ipotesi di mutuo di scopo e che, risoltosi il contratto (compravendita) in funzione del quale il mutuo era stato concesso, il mutuante avrebbe potuto richiedere la restituzione delle somme erogate non al mutuatario (acquirente), ma a chi aveva effettivamente ricevuto la somma mutuata: dunque al venditore.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione Findomestic, affidandosi a due motivi.

La discussione, già fissata per l’udienza del 2.2.2009, è stata rinviata per la notificazione del ricorso anche al fallimento Autoetna.

Nessuno degli ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo sono dedotte violazione e falsa applicazione delle norme in materia di interpretazione ed esecuzione dei contratti e vizio di motivazione su punto decisivo, in relazione all’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale Findomestic avrebbe dovuto accertarsi, prima di effettuare i versamenti al venditore Autoetna, che quello aveva effettivamente consegnato i beni agli acquirenti che avevano domandato il finanziamento.

Si sostiene che, una volta conclusosi – diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice – che i contratti di compravendita si erano già perfezionati quando le somme erano state direttamente versate dal Findomestic ad Autoetna, la quale aveva anche indicato la data futura alla quale le vetture sarebbero state consegnate, la corte d’appello aveva erroneamente dato rilievo alla circostanza che “le dichiarazioni di consegna della Autoetna non avrebbero contenuto l’indicazione delle automobili”, omettendo di considerare che, a quel punto, il mutuante non aveva altro da accertare e null’altro poteva fare se non effettuare il versamento al venditore, per ordine e conto dei mutuatari.

2.- Col secondo motivo sono dedotti gli stessi vizi in relazione alle erronee affermazioni della corte territoriale che i finanziamenti non fossero da qualificare come operazioni di credito al consumo e che la risoluzione dei contratti di compravendita consentisse ai soggetti finanziati di non far fronte agli obblighi assunti verso il mutuante.

Tracciate le differenze fra operazioni di credito al consumo e mutuo di scopo, la ricorrente osserva che l’enunciazione del motivo per il quale un finanziamento viene richiesto non lo trasforma in mutuo di scopo, non essendo consentito confondere il motivo con la causa di un negozio ed essendo nel contratto in questione chiaramente specificato (agli artt. 3 e 10) che le sorti del contratto di fornitura, inclusa l’ipotesi dell’eventuale mancata consegna del bene e di risoluzione del contratto stesso, non avrebbero avuto comunque influenza sugli obblighi di pagamento derivanti per il mutuatario dal finanziamento.

3.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la connessione che li connota, sono infondati.

Va premesso che l’originaria affermazione degli attori, contenuta nell’atto di citazione di primo grado, che il contratto da loro concluso con la venditrice Atoetna si era risolto, non risulta contestata dalla mutuante Findomestic in comparsa di risposta, nè in ricorso si afferma che lo sia mai stata.

E va premesso altresì che gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno dell’autonomia dei due negozi in relazione alla concreta disciplina del contratto di mutuo (artt. 3 e 10 delle condizioni generali, secondo quanto si afferma in ricorso, a pagina 17, in fine, ed a pagina 18), non sono supportati dalla necessaria riproduzione delle clausole stesse in ricorso, sicchè questa corte non è posta in condizione di apprezzare sulla sola base del ricorso (come dev’essere, secondo il principio di autosufficienza), il prospettato vizio della motivazione, evidenziabile dalle ipotetiche circostanze:

a) che effettivamente la limitazione, a carico del cliente, alla facoltà di opporre eccezioni in relazione alla mancata (e non solo alla ritardata) consegna fosse stata specificamente approvata per iscritto agli effetti di cui all’art. 1341 c.c., comma 2;

b) che effettivamente l’art. 10 espressamente prevedesse che, in caso di risoluzione del contratto col venditore, il cliente dovesse continuare a pagare le rate di mutuo.

L’assunto della ricorrente che si verta in ipotesi di credito al consumo (introdotto con D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 365) e non di mutuo di scopo è stata poi correttamente disattesa dalla corte d’appello sulla scorta dell’assorbente e decisivo rilievo che, essendo la vicenda in questione risalente al (OMISSIS), le disposizioni di cui al menzionato decreto legislativo sono inapplicabili per il generale principio della irretroattività della legge, che la ricorrente non afferma del resto derogato nella specie.

La corte d’appello ha poi analiticamente messo in rilievo lo stretto legame funzionale esistente fra il contratto di compravendita e quello di mutuo, sia in ragione della convenzione stipulata nel (OMISSIS) tra la mutuante Findomestic e la venditrice Autoetna e degli stringenti obblighi reciproci, sia in relazione alle previsioni del contratto di mutuo, prevedente tra l’altro la specifica destinazione del finanziamento all’acquisto di veicoli determinati.

Si rende quindi pienamente applicabile – come correttamente ritenuto dalla corte d’appello – il principio secondo il quale, nell’ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra gli anzidetti contratti, per cui il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene, che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass., nn. 7773/2003, 5966/2001, 7118/1998, sez. un. 474/1994, citate nella sentenza impugnata).

Ciò in quanto – va soggiunto – il collegamento tra più contratti tra loro interdipendenti per il raggiungimento di un fine ulteriore che supera i singoli effetti tipici di ciascun atto collegato, da luogo ad un unico regolamento di interessi, che assume una propria, diversa rilevanza causale (cfr., ex plurimis, Cass., n. 9447/2007) in relazione alla sintesi degli interessi (cd. causa concreta) che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (Cass., n. 10490/2006).

In relazione ad un assetto negoziale di tale tipo, ravvisato dalla corte d’appello con motivazione del tutto congrua, è irrilevante la questione posta col primo motivo, essendo incontestato, come s’è sopra rilevato, che il contratto di compravendita si fosse risolto, sicchè il finanziatore avrebbe potuto chiedere la restituzione della somma mutuata solo al venditore.

4.- Il ricorso è respinto. Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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