Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3587 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. III, 16/02/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23905/2008 proposto da:

CENTRO DI GIARDINAGGIO DE LUCA SRL, (OMISSIS), in persona del suo

legale rappresentante pro tempore Amministratore Unico Sig. D.L.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44,

presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO ANTONIO DE SIMONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ARCELLA Roberto giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MOSTRA D’OLTREMARE SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante prof. C.R. Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 76,

presso lo studio dell’avvocato PALLOTTA GIAMPIERO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PAGANO PAOLO EMILIO giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1494/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Quarta Civile, emessa il 22/04/2008, depositata il

14/05/2008; R.G.N. 5011/2002.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

Assiste alla discussione del ricorso il Dr. Danilo ARCELLA iscritto

nel Registro dei Praticanti Procuratori di NAPOLI dal 19.01.2008

tessera n. 11015771 del 7.7.2009. udito l’Avvocato Roberto ARCELLA;

udito l’Avvocato Paolo Emilio PAGANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per la inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 31 maggio 2000, il Tribunale di Napoli dichiarava la cessazione del contratto dell’affitto di alcuni appezzamenti di terreno di proprietà della Mostra d’Oltremare s.p.a., concesso al Centro di Giardinaggio de Luca s.r.l., dallo stesso adibito a vivaio di piante.

Con ricorso 11 luglio 2001 il Centro Giardinaggio proponeva opposizione alla esecuzione, sottolineando la genericità del titolo esecutivo ed il fatto che questo, pertanto, fosse inidoneo a individuare con esattezza i terreni oggetto di rilascio.

Alcuni degli appezzamenti indicati dalla società locatrice – pur facendo parte del complesso vivaistico e dunque della azienda della società opponente – non rientravano nel contratto di locazione, in quanto di proprietà dello stesso Centro Giardinaggio o di terzi.

Il Tribunale accoglieva in parte l’opposizione dichiarando la nullità della esecuzione con riferimento alla sola particella 113 (che dichiarava invece valida ed efficace per le altre unità).

La sentenza del primo giudice era confermata integralmente in sede di appello.

Rilevava la Corte territoriale che il Tribunale doveva solo accertare la validità del titolo esecutivo, rispetto all’azione di rilascio intrapresa, verificando la corrispondenza delle particelle di terreno occupate dal Centro con quelle richiamate nel contratto del (OMISSIS), che – a sua volta – rinviava espressamente alla planimetria allegata al precedente contratto stipulato dalle parti nel (OMISSIS).

I giudici di appello precisavano che i beni oggetto di locazione erano in tutto corrispondenti a quelli cui faceva riferimento il titolo esecutivo (con la sola rettifica operata già dal primo giudice con riferimento alla particella (OMISSIS)) essendo pienamente valida ed efficace per le particelle (OMISSIS), secondo quanto era emerso dalla consulenza tecnica disposta in grado di appello.

I documenti sui quali la consulenza tecnica di ufficio era stata disposta non potevano in alcun modo qualificarsi come “nuovi” considerato che la planimetria formava parte integrante del primo contratto di locazione, espressamente richiamato dal secondo.

Avverso tale decisione il Centro Giardinaggio ha proposto ricorso per cassazione sorretto da otto motivi.

Resiste la Mostra di Oltremare con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione delle norme sul procedimento, in relazione agli artt. 112 e 474 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

La consulenza tecnica di ufficio non sì era affatto limitata alla raccolta di dati tecnici, desumibili dal titolo esecutivo, poichè sì era estesa alla acquisizione di dati nuovi, rispetto a quelli portati dal titolo esecutivo, così integrandone – inammissibilmente – la portata precettiva.

Il quesito di diritto formulato in proposito riguarda la ammissibilità di tale procedura.

Con il secondo motivo sono proposte analoghe censure, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

I terreni oggetto di rilascio erano diversi, per dimensioni (e metri quadrati) e tipologia (fabbricati e non terreni) da quelli indicati nel contratto di locazione.

Il quesito di diritto che conclude il motivo concerne la legittimità di una interpretazione del giudice della opposizione alla esecuzione con la quale venga integrato il titolo esecutivo, con il risultato di portare alla descrizione di beni diversi per qualità e quantità, da quelli indicati nel titolo.

Con il terzo motivo la società ricorrente deduce violazione delle norme sul procedimento, in relazione all’art. 194 c.p.c. e all’art. 90 disp. att. c.p.c..

Il difensore della società appellante deduce la nullità della consulenza tecnica di ufficio espletata in appello per avere la stessa utilizzato materiale documentario fornito dal consulente tecnico di parte, in violazione di precise norme di legge e di quanto espressamente stabilito nella ordinanza 29 novembre 2005.

Con il quarto motivo, ad integrazione del motivo che precede, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115, 116 e 194 c.p.c., e dell’art. 90 disp. att. c.p.c., sottolineando la inutilizzabilità della consulenza tecnica ai fini della decisione, per avere la stessa utilizzato materiale acquisito al di fuori delle regole del processo.

I quesiti di diritto, formulati con il terzo e quarto motivo, riguardano – appunto – la utilizzabilità di un documento acquisito dall’ausiliare del giudice, in violazione del principio del contraddittorio, in mancanza del consenso della controparte.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c., dell’art. 329 c.p.c. e dell’art. 436 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

Le conclusioni cui era pervenuta la Corte d’Appello, quale aveva recepito sul punto le osservazioni formulate dal c.t.u., (il quale aveva individuato i quattro beni oggetto della sentenza di rilascio in quelli di cui alle lettere A), B), C) e D), contrastavano anche con il giudicato interno formatosi sulla sentenza di primo grado nel giudizio di opposizione alla esecuzione.

Infatti, il Tribunale di Napoli aveva dichiarato illegittima la esecuzione in ordine alla particella (OMISSIS), non ricompresa nel contratto di locazione, ed alla zona occupata dalla c.d. ” (OMISSIS)” che occupa parte della strada provinciale denominata (OMISSIS).

La Mostra d’Oltremare non aveva proposto gravame, sicchè sul punto si era formato il giudicato. La decisione della Corte territoriale conteneva una dichiarazione di segno opposto, indicando il terreno sul quale insiste la serra grande tra quelli oggetto del rilascio.

Il quesito di diritto riguarda la possibilità per il giudice di appello di esaminare punti della sentenza di primo grado non investiti, neppure implicitamente, da alcuna doglianza e sui quali si sia formato giudicato interno.

Con il sesto motivo la società ricorrente deduce violazione delle norme sul procedimento (in relazione all’art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c., comma 2, art. 74 disp. att. c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).

Le censure di vizi della motivazione, di cui al settimo motivo, riguardano la produzione tardiva di planimetrie e documenti, acquisiti dal consulente tecnico di ufficio solo in grado di appello, senza la indicazione di una assoluta loro indispensabilità ai fini delle decisione.

Con l’ultimo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione di norme sul procedimento, in particolare dell’art. 215 c.p.c. e art. 2719 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

La sentenza impugnata aveva posto a base della decisione la consulenza tecnica, la quale – a sua volta – non aveva comunicato alla difesa del Centro di Giardinaggio lo scritto defensionale del consulente tecnico della controparte, acquisendo fotocopia della planimetria che era stata disconosciuta dall’attuale ricorrente nella prima risposta successiva alla notizia della sua esibizione.

Doveva, pertanto, considerarsi precluso al consulente nominato dall’ufficio (e dunque al giudice di appello) ogni utilizzo del documento acquisito in violazione di precise norme di legge: in questo senso è l’ultimo quesito di diritto formulato nel mezzo di impugnazione.

Osserva il Collegio: gli otto motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro.

Essi non sono fondati.

I giudici di appello hanno sottolineato che il consulente tecnico di ufficio non aveva in alcun modo integrato il titolo esecutivo, essendosi invece limitato – seconde le indicazioni dell’incarico affidatogli – ad una raccolta dei dati identificativi dei terreni concessi in locazione al Centro Giardinaggio, oggetto della esecuzione per rilascio.

La planimetria, alla quale fa riferimento la società ricorrente (nei motivi 3, 4, 5, 6, 7 ed 8 del ricorso), costituiva già parte integrante del documento acquisito agli atti e non poteva in alcun modo definirsi “nuovo”. In ogni caso la società, attuale ricorrente, aveva avuto ampia possibilità di esaminarla e controdedurre: sicchè non poteva configurarsi alcuna violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa della conduttrice.

La Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione che sfugge a qualsiasi censura, pienamente ammissibile la produzione della planimetria, versata nel giudizio di appello, dalla difesa di Mostra d’Oltremare, dopo aver rilevato che questo documento risultava allegato al primo contratto del (OMISSIS), che era – a sua volta – espressamente richiamato dal secondo contratto del (OMISSIS).

Il giudizio sulla indispensabilità del documento non era, dunque, necessario, non potendo il documento essere qualificato come “nuovo”.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. s.u., n. 8202 del 2 aprile 2005), del resto, il rigoroso sistema di preclusioni (di cui al sesto motivo di ricorso) trova un contemperamento – ispirato alla esigenza della ricerca della “verità materiale”, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437 cod. proc. civ., comma 2, ove essi siano indispensabili, ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse.

E, da tutta la motivazione della sentenza impugnata, risulta chiaramente – seppure indirettamente – una valutazione positiva sulla indispensabilità della planimetria, ai fini della esatta individuazione dell’oggetto del contratto e dunque della esatta descrizione degli appezzamenti di terreno oggetto del titolo esecutivo.

Tutte le censure relative alla inammissibilità della produzione tardiva di tale documento sono, pertanto, infondate.

I quesiti di diritto formulati dalla ricorrente sono inammissibili riguardando essi questioni del tutto astratte, senza alcun riferimento al caso di specie.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

La società ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento/00) di cui Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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