Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3585 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3585 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso 119-2013 proposto da:
IANNI ORTENSIO NNIRNS60C27F910S, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE TORRISI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GENTILI ANGELO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
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Data pubblicazione: 14/02/2014

- resistente avverso il decreto n. R.G. 932/11 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO dell’1/03/2012, depositato il 18/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.

Ric. 2013 n. 00119 sez. M2 – ud. 09-01-2014
-2-

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Ritenuto in fatto

Il sig. lanni Ortensio chiedeva alla Corte d’appello di Salerno, con ricorso depositato
il 29 luglio 2011, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge 24
marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un giudizio civile instaurato con atto

con sentenza depositata il 28 maggio 2010, invocando, la condanna del Ministero
della Giustizia al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la irragionevole
durata complessiva del predetto giudizio.
Nella contumacia del resistente Ministero, l’adita Corte di appello, con decreto
depositato il 18 maggio 2012, accertava l’irragionevole ritardo del suddetto giudizio
nella durata di un anno e condannava l’Amministrazione convenuta al pagamento
della somma di euro 750,00, oltre interessi dalla domanda, con compensazione
integrale delle spese giudiziali.
Avverso il suddetto decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione il sig.
lanni Ortensio, con atto notificato il 18 dicembre 2012, sulla base di un unico motivo.
L’intimato Ministero ha depositato mera memoria difensiva ai fini dell’eventuale
partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato in diritto

1. In via preliminare, il Collegio rileva che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso
la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, secondo comma, c.p.c., quale risultante dalle modifiche introdotte
dall’art. 75 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni,
nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero «deve intervenire
nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge». A sua volta
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di citazione del 25 giugno 2004 dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro, definito

l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall’art. 81 del citato decretolegge n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero presso la Corte di
cassazione interviene e conclude: a) in tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze
dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici

sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura
civile». L’art. 376, primo comma, c.p.c. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita
sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di
consiglio».

Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69 del 2013, quale risultante dalla legge
di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione
dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la modificazione degli artt. 380-bis,
secondo comma, e 390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la
disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico
ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni di cui al presente
articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di
fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire
dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.

Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento contenuto nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art.
376, primo comma, c.p.c.), consenta di ritenere, non solo, che la detta sezione è
abilitata a tenere pubbliche udienze e non solo adunanze camerali, ma anche che
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della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla

alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà
dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
c.p.c., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.

data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica è stata
ritualmente celebrata senza la partecipazione del rappresentante della Procura
generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia
integrale del ruolo di udienza era stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico
che giustificasse la propria partecipazione ai sensi del citato art. 70, terzo comma,
c. p.c. .
2. Con l’unico motivo dedotto il ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360,
comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.) la supposta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2
e 3 della legge n. 89 del 2001 nonché il vizio di contraddittorietà della motivazione
con riferimento alla determinazione della durata irragionevole del giudizio
presupposto (che avrebbe dovuto essere computata in anni quattro e non in uno) e,
quindi, alla conseguente illegittimità della ridotta misura dell’equo indennizzo
riconosciuto.
3. Il formulato motivo è infondato e deve, pertanto, essertrigettato.
Infatti, avendo il ricorrente limitato la sua domanda di equa riparazione alla sola
ritenuta irragionevole durata del giudizio presupposto limitatamente al grado di
appello, la Corte di appello salernitana, ai fini della valutazione di fondatezza o meno
della stessa, si è correttamente conformata all’orientamento giurisprudenziale di
questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 23506 del 2008 e Cass. n. 14786 del 2013),
sulla scorta del quale, in tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo
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Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell’udienza odierna è stato adottato in

2001, n. 89, pur essendo astrattamente possibile individuare gli standards di
durata ragionevole per ogni fase e grado del processo, vale, comunque, il
principio della unitarietà del procedimento, con la conseguenza che, ai fini
della determinazione dell’indennizzo spettante a chi abbia sofferto

giudizio presupposto fino alla proposizione della domanda di equa riparazione,
non potendo la parte scegliere di esperire il rimedio predisposto dalla legge n.
89 del 2001 limitatamente ad una singola fase processuale che si sia protratta
oltre lo standard di durata ritenuto ragionevole e, quindi, frazionare — secondo
la sua convenienza — la durata del predetto giudizio in relazione ai singoli gradi
che si siano esauriti nel loro rispettivo svolgimento.
Pertanto, legittimamente la Corte territoriale, ai fini del computo complessivo della
durata del giudizio presupposto, ha preso in considerazione anche la durata della
causa in primo grado, pervenendo all’esatta determinazione della frazione temporale
esorbitante da quella da ritenersi ragionevole (di anni cinque, di cui tre per il primo
grado e due per il secondo) nella misura di un solo anno, così liquidando l’equo
indennizzo spettante in euro 750,00, alla stregua del consolidato principio per cui la
quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a
euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto
l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento
del danno.
4. In definitiva, sulla scorta delle ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto,
senza che occorra adottare apposita pronuncia sulle spese del presente giudizio,
non avendo il Ministero intimato svolto attività defensiva.
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l’irragionevole durata di un processo, il termine decorre dalla introduzione del

PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte

suprema di Cassazione, in data 9 gennaio 2014.

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