Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3585 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2017, (ud. 16/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13946-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STUDIO BORRELLI & PETRECCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/2010 della COMM. TRIB. REG. del MOLISE

depositata il 25/06/2010; udita la relazione della causa svolta

nella pubblica udienza del 16/11/2016 dal Consigliere Dott. LA TORRE

MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento dei primi tre

motivi di ricorso, assorbito il quarto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise, n. 30/02/10 dep. il 25.6.2010, che su ricorso avverso il silenzio rifiuto dell’istanza di rimborso dell’Irap, per gli anni dal 1998 al 2002, proposto dallo Studio Borrelli & Petrecca in (OMISSIS), ha respinto l’appello dell’Ufficio. La C.T.R. ha in particolare statuito che “nè la presenza di una segretaria nè il fatto che si è trattato di uno studio associato nè che sussistano beni strumentali che possano facilitare lo svolgimento dell’attività di uno studio” costituiscono “un’impresa organizzata nel senso voluto dalla legge e dalla corte costituzionalè.

Lo Studio Borrelli & Petrecca non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., non essendosi la C.T.R. pronunciata sulla questione dell’efficacia preclusiva dei condono, L. n. 289 del 2002, ex art. 7, espressamente formulata come motivo di appello;

2. col secondo motivo si denunzia omessa motivazione sul punto decisivo, rappresentato dal mancato esame della questione relativa all’adesione da parte dello Studio Borrelli & Petrecca al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 7.

3. i due motivi che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.

In relazione alle condizioni preclusive del condono, questa Corte ha stabilito il principio secondo cui, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP), li condono, infatti, in quanto volto a definire – transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata; ma senza possibilità di riflessi o interferente con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria (Cass. n. 3682 del 2007).

Tale principio, enunciato non già sulla base della incompatibilità assoluta tra l’istanza di rimborso e la domanda di condono, ma sulla specifica previsione secondo cui la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate, anche ai fini IRAP (art. 7, comma 13, ult. parte, e art. 9, comma 9, ult. parte, di identico tenore), con tali dichiarazioni intendendosi solo quelle contenenti la specifica indicazione del credito richiesto (Cass. 2002/25240). Pertanto, dato il tenore identico delle previsioni riguardanti la L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9, deve essere data continuità al principio enunciato, non emergendo serie e contrarie argomentazioni, utili al suo superamento (Cass. 2008/7729).

4. Col terzo motivo, si deduce violazione di legge (L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, nonchè D.Lgs. n. 446 del 1997), per avere la CTR erroneamente ritenuto che il fatto che si tratti di studio associato sia decisivo ai fini dell’obbligo di pagamento dell’Irap.

Anche questo motivo è fondato, configurando di per sè lo studio associato, per gli immanenti effetti sinergici di accrescimento della capacitò produttiva, presupposto di autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività (S.U. n. 7371 del 14/04/2016; Cass. n. 25315 del 28/11/2014).

5. L’accoglimento dei superiori motivi determina l’assorbimento dei restanti. Del quarto motivo, col quale si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., contenendo i ricorso introduttivo solo la questione della compatibilità dell’Irap con la normativa comunitaria. Del quinto motivo, col quale si censura la sentenza impugnata per omessa motivazione su un fatto decisivo, attinente alla compatibilità dell’Irap con la normativa comunitaria, essendosi i giudici di appello pronunciati sulla diversa e non proposta questione della sussistenza del presupposto impositivo non oggetto del ricorso introduttivo.

6. In conclusione in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, assorbiti il quarto e il quinto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (ex art. 384 c.p.c., comma 2), la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.

7. Le spese dei gradi di merito vanno interamente compensate, in ragione dell’affermarsi della giurisprudenza in periodo successivo alla proposizione del ricorso introduttivo. Le spese del giudizio di legittimità vanno invece poste a carico della parte soccombente e liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente al pagamento delle spese de giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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