Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3584 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 3584 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
Li1

16’875-2016 proposto

AVAGLIAN0 Ck-,RARM,

:

SALVATORE ANGELO,

EVANGELISTA

FERDINANDO, AULICINO ADOLFO, D’AVINO ANTONIO, RUSSO
RENATO, CHIANESE PIETRO, VERGATTI FRANCESCO, MONACO
PIETRO, BUONICONTO ENRICO, MESCOLO FILIPPO, DI DONATO
ANTONIO, PIZZO GERARDO, PESACANE PASQUALE, MARESCA
GIUSEPPE, NOVI TOMMASO, DESIDERIO ALFONSO, MANDATO
NICOLA, PESACANE ANTONIO, elettivamente domiciliati in
2017
3301

9,2\

ROMA, VIALE MAllINI 114/B, presso lo studio
dell’avvocato

FERDINANDO

EMILIO ABBATE,

che

li

rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro

Data pubblicazione: 14/02/2018

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

5/2016, Rep.n. 28/16;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 15/12/2017 dal Consigliere ANTONELLO
COSENTINO.

depositato il 07/01/2016, R.G.V.G. n. 729/15 Cron.n.

Rilevato:
che i signori Gerardo Avagliano, Angelo Salvatore, Ferdinando
Evangelista, Adolfo Aulicino, Antonio D’Avino, Renato Russo, Pietro
Chianese, Francesco Vergatti, Pietro Monaco, Enrico Buoniconto,
Filippo Mescolo, Antonio Di Donato, Gerardo Pizzo, Pasquale Pesacane,

e Antonio Pesacane proponevano opposizione ex art. 5-ter legge
89/2001 avverso il decreto del Consigliere delegato n. 526/2015, il
quale aveva rigettato la domanda di equa riparazione da loro proposta
ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, con riguardo ad un giudizio
protrattosi per oltre quattro anni davanti alla corte di appello di
Perugia ed avente ad oggetto l’equa riparazione per l’irragionevole
durata di altro precedente giudizio;
che la corte d’appello di Firenze ha ritenuto che in capo agli
opponenti non sussistesse alcuno stato di turbamento o sofferenza in
ragione della irragionevole durata del giudizio di equa riparazione, dal
momento che essi dovevano considerarsi consapevoli della
infondatezza delle proprie pretese, anche in conseguenza del rigetto
delle domande oggetto dell’originario giudizio presupposto;
che pertanto la corte – con decreto n. 729/2015 – ha rigettato
l’opposizione, condannando in solido gli opponenti al pagamento delle
spese del giudizio, liquidate sulla base dei massimi edittali dello
scaglione di riferimento, quale sanzione per la reiterazione di una
domanda manifestamente infondata, per un totale di euro 13.693,05,
oltre oneri di legge;
che per la cassazione di tale decreto ricorrono i signori Gerardo
Avagliano, Angelo Salvatore, Ferdinando Evangelista, Adolfo Aulicino,
Antonio D’Avino, Renato Russo, Pietro Chianese, Francesco Vergatti,
Pietro Monaco, Enrico Buoniconto, Filippo Mescolo, Antonio Di Donato,

1(879/16 50

Giuseppe Maresca, Tommaso Novi, Alfonso Desiderio, Nicola Mandato

Gerardo Pizzo, Pasquale Pesacane, Giuseppe Maresca, Tommaso Novi,
Alfonso Desiderio, Nicola Mandato e Antonio Pesacane sulla scorta di
due motivi;
che il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso;

15 dicembre 2017, per la quale soltanto i ricorrenti hanno depositato
memoria;

considerato:
che col primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 L. 89/2001 in cui la corte fiorentina sarebbe
incorsa rigettando la domanda di equa riparazione dell’irragionevole
durata del giudizio celebratosi davanti alla corte perugina per il fatto
che tale giudizio si era concluso con il rigetto della domanda di equa
riparazione in ragione della manifesta infondatezza della pretesa
azionata nel giudizio originariamente presupposto;
che col secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli
articoli 91 e 92 c.p.c., nonché del d.m. n. 55/2014, con riguardo
all’abnorme condanna subita circa la refusione delle spese di lite nei
confronti dell’amministrazione resistente;
che il primo motivo è fondato, perché il decreto gravato ha
ritenuto non sussistente il diritto degli odierni ricorrenti all’equa
riparazione dell’irragionevole durata del giudizio davanti alla corte
perugina per il solo motivo che esso si era si era concluso con un
rigetto in ragione della manifesta infondatezza della pretesa azionata
nel giudizio originariamente presupposto;
che tale statuizione va giudicata errata, perché la soccombenza
degli odierni ricorrenti nel giudizio davanti alla corte perugina non era
motivo di per se stesso sufficiente per escludere il loro diritto ad una
2
4‘379/16 50

che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del

riparazione per l’irragionevole durata di tale giudizio (cfr., da ultimo,
Cass. 665/17: “In tema di equa riparazione per violazione del termine
di ragionevole durata del processo, 1?infondatezza della domanda nel
giudizio presupposto non è, di per sé, causa ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo, all’uopo occorrendo che di tale infondatezza la parte

– o sopravvenuta, – ma prima che il processo superi il termine di
durata ragionevole – come nel caso di consolidamento di un
orientamento giurisprudenziale sfavorevole, di dichiarazione di
infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata a
fondamento della pretesa o di intervento legislativo di precisazione, in
senso riduttivo, della portata della norma invocata.”);
che, d’altra parte, la corte distrettuale non ha indicato le ragioni
per le quali gli odierni ricorrenti dovessero essere ab origine (o essere
divenuti in corso di causa) consapevoli della temerarietà della
domanda di equa riparazione da loro azionata davanti alla corte
d’appello di Perugia, giacché, come riferisce il decreto qui gravato,
(pag. 2, terzo e quarto rigo), la corte umbra aveva disatteso detta
domanda non perché il giudizio presupposto non si fosse protratto per
una durata irragionevole ma per “manifesta esclusione del diritto ed
assenza di atti degli stessi ricorrenti volti a far decidere il giudizio,
come la presentazione della c.d. istanza di prelievo”, vale a dire in
base ad argomenti che, per la loro oggettiva opinabilità, non era
temerario sperare di poter confutare;

che quindi il primo mezzo di ricorso va accolto e, assorbito il
secondo, il decreto gravato va cassato con rinvio alla corte territoriale,
che si atterrà al principio che, qualora un giudizio avente ad oggetto la
richiesta di indennità per la durata non ragionevole di un precedente
3
.4″79/16 50

abbia consapevolezza, originaria – allorché proponga una lite temeraria

giudizio si protragga esso stesso oltre il limite di durata ragionevole, il
diritto alli indennità per la durata non ragionevole di questo secondo
giudizio non è escluso dal solo fatto che esso si sia concluso con il
rigetto della domanda a cagione della temerarietà della pretesa
azionata nel giudizio originario.

La Corte, accoglie il primo mezzo di ricorso, dichiara assorbito il
secondo, cassa il decreto gravato e rinvia alla corte di appello di
Firenze, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio
di cassazione.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2017.

PQM

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