Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3578 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. III, 16/02/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 16/02/2010), n.3578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA RISORGIMENTO 59, presso lo studio dell’avvocato PETRILLO

PIERO, che lo rappresenta e difende con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.R. (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di

esercente la potesta’ sul minore C.V. elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ROMEO ROMEI 23, presso lo studio

dell’avvocato CAPUZZI FILIPPO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende

con delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2655/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Quarta Sezione Civile, emessa il 03/06/2004; depositata il

08/09/2004; R.G.N. 5632/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

15/12/2009 dal Consigliere Dott. SPAGNA MUSSO Bruno;

udito l’Avvocato ENRICO VOLPETTI per delega dell’Avvocato PIERO

PETRILLO;

udito l’Avvocato ELENA CARETTA per delega dell’Avvocato FILIPPO

GIUSEPPE CAPUZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 13/04/2001, R.R. anche nella qualita’ di esercente la potesta’ genitoriale sul figlio minore C.V., conveniva dinanzi al Tribunale di Roma B.A. M. e F.G. per sentirli condannare alla restituzione in favore suo e del figlio di un appartamento sito in (OMISSIS), oltre al risarcimento dei danni per la protratta e illecita occupazione dell’immobile.

Premetteva l’attrice che l’appartamento, gia’ di proprieta’ del marito C.F., deceduto in data (OMISSIS), e acquisito, per successione legittima, da lei stessa e dal figlio minore, risultava occupato sine titulo dalla B.A.M., madre di C.F., e dal F.G., marito di quest’ultima, i quali lo detenevano per concessione del de cuius e avevano continuato a detenerlo, nonostante che, con lettera raccomandata del 15/2/2001, fosse stato a loro formalmente intimato il rilascio, anche ai sensi dell’art. 1810 c.c..

Si costituivano i convenuti F.G. e B.A. che eccepivano l’esistenza di un contratto di comodato “vita natural durante”, in virtu’ di quanto voluto da C.F., gia’ coniuge dell’attrice e figlio di B.A..

Disposto il mutamento di rito (da quello ordinario a quello locativo), l’adito Tribunale di Roma, con sentenza n. 8471/2003, ritenuta la fattispecie in questione quale comodato senza termine e, quindi, cessato per l’operativita’ ai sensi dell’art. 1810 c.c. accoglieva la domanda e condannava i convenuti alla restituzione dell’immobile.

A seguito dell’appello del F.G. e della B.A.M., costituitasi R.R., anche quale esercente la potesta’ sul minore C.V., la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza in esame n. 2655/2004, rigettava l’impugnazione; affermava, in particolare, la Corte territoriale che “l’appartamento, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti in primo grado,non e’ stato da loro pagato ma comprato da C.F.. Con cio’ viene meno uno dei punti fermi della prospettazione tesa alla configurazione del comodato e basata sulla circostanza che il figlio riteneva giusto compensare il sacrificio economico dei genitori con un contratto per la vita. Ma, quel che piu’ rileva, e’ che dalla lettura del certificato di residenza storico del C.F. risulta che lo stesso, gia’ residente in via (OMISSIS), trasferi’ altrove la residenza dopo il matrimonio salvo riprenderla nuovamente nella stessa casa di via (OMISSIS) dopo la separazione da R. R.”.

Ricorre per Cassazione con quattro motivi il solo F.G.;

resiste con controricorso la R.R., che ha altresi’ depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., e relativo difetto di motivazione, la’ dove la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della ricorrente per aver agito iure proprio e anziche’ iure hereditatis; si aggiunge che “il difetto di legitimatio ad causam affiora con palmare evidenza dall’intestazione dell’atto introduttivo del giudizio nonche’ dalla stessa procura, avendo la R.R. agito esclusivamente iure proprio e nella qualita’ di esercente la potesta’ sul minore C.V. per la cessazione di un rapporto negoziale intercorso fra il de cuius, C.F., e gli odierni ricorrenti. Evidente, pertanto, la mancanza della volonta’ di agire iure hereditatis”.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 113 e 116 c.p.c., e relativo difetto di motivazione in ordine alla valutazione delle deposizioni testimoniali. Si fa presente in proposito che la motivazione sul punto” e’ priva di una coerente esposizione delle ragioni delle fonti di convincimento idonea a giustificare l’assunto cui e’ pervenuta la Corte”.

Con il terzo motivo si deduce nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in quanto la Corte, pur essendo il thema decidendum senza dubbio alcuno incentrato sulla valida costituzione di un rapporto di comodato, ha ritenuto inesistente quest’ultimo “dal momento in cui C.F., dopo la separazione avvenuta nel (OMISSIS) si ritrasferi’ nella casa di via (OMISSIS) asserendo che tale fatto denota la nuova tensione di godere personalmente dell’appartamento”.

Con il quarto motivo si deduce difetto di motivazione in ordine alla “ricostruzione dei fatti” con specifico riferimento all’omesso esame delle ricevute rilasciate dall’Amministrazione condominiale di (OMISSIS) a seguito dei relativi versamenti effettuati dal F.G. in merito a lavori condominiali.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutti i suesposti motivi.

Quanto al primo motivo si osserva che lo stesso e’ del tutto privo di pregio e pretestuoso: e’ evidente che la B.A.M. nell’agire con l’atto introduttivo del giudizio, in proprio e nella qualita’ di esercente la potesta’ genitoriale sul figlio minore, ha inteso assumere la qualita’ di attrice nel processo sia nell’interesse proprio che del figlio non ancora maggiorenne, come e’ altrettanto evidente che agire in proprio significa, con espressione processualmente onnicomprensiva, far valere un proprio diritto indipendentemente dal titolo di provenienza dello stesso (se originario o “derivativo” iure hereditatis).

Del resto, con detto primo motivo, il ricorrente ripropone pedissequamente gia’ quanto addotto in sede di gravame.

Anche il secondo motivo e’ infondato: la Corte territoriale infatti ha dato ampiamente conto in motivazione della valutazione delle disposte ed espletate prove testimoniali, ed ogni ulteriore esame in proposito e’ precluso in questa sede di legittimita’.

Inammissibili sono poi il terzo e quarto motivo perche’ con essi si tende a prospettare a questa Corte un giudizio su circostanze di fatto e documentali rientranti esclusivamente nel potere discrezionale del Giudice del merito.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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