Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3576 del 14/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3576 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 16561-2012 proposto da:
POMO ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR ptesso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ESPOSITO BENITO ANTONIO giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
SOGERT SPA;
– intimata avverso la sentenza n. 23/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI
SEZIONE DISTACCATA di CASORIA, depositata il 13/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Data pubblicazione: 14/02/2014

”Il giudice di pace di Casoria, nell’ambito del giudizio di opposizione
all’esecuzione ex art. 615 cpc instaurato da Pomo Antonio contro il
Comune di Arzano e la SO.GE.R.T. spa, dichiarava la nullità
dell’ingiunzione di pagamento notificata a Pomo Antonio dal
Comune per mezzo della SO.GE.R.T. spa, nella qualità di
concessionario della riscossione, sul rilievo che il diritto di credito
azionato dall’ente locale era prescritto. Si precisava che l’ente di
riscossione non aveva fornito la prova della rituale notificazione di
qualsivoglia atto prodromico all’ingiunzione di pagamento,
essendosi limitato a produrre in giudizio solo un elenco nominativo,
dal quale risultava la notifica per avviso depositato presso la casa
comunale, senza presentare l’avviso di ricevimento della
raccomandata. Ne discendeva la mancata interruzione della
prescrizione del credito. Il giudice di primo grado condannava il
Comune al pagamento delle spese di lite in favore dell’opponente,
mentre compensava le spese di giustizia nel rapporto tra Pomo
Antonio e la SO.GE.R.T. Spa, in considerazione del ruolo da mero
tramite svolto dalla società nel provvedere alla sola notifica di un
atto formalmente e sostanzialmente riconducibile al Comune.
Tale provvedimento veniva impugnato da Pomo Antonio, il quale
denunciava da una parte la violazione degli artt. 91 e 92 cpc e il
vizio di motivazione, in quanto il giudice di primo grado con
l’operata compensazione aveva posto le spese di lite a carico della
parte totalmente vittoriosa, dall’altra la violazione del DM n. 127 del
2004, dal momento che era stato individuato uno scaglione di
riferimento per le spese dovute al difensore inferiore rispetto a
quello ritenuto dall’appellante corretto. Il Tribunale di Napoli, sez.
distaccata di Casoria, confermava la sentenza del giudice di primo
grado, osservando che, al di là del fatto che la compensazione non
produceva l’effetto di condannare la parte totalmente ovvero
parzialmente vittoriosa al pagamento delle spese processuali nei
confronti della parte soccombente, il giudice di pace aveva
congruamente motivato la sua scelta, comprensibile, ad avviso del
giudice d’appello, anche alla luce dell’opzione di procedere
all’annullamento dell’ingiunzione di pagamento non già per vizi
formali della stessa (riconducibili alla attività della SO.GE.R.T. Spa),

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex artt.377,
380 bis cod. proc. civ. in ordine al procedimento civile iscritto al
R.G. 16561 del 2012

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
Pomo Antonio, affidandosi ai seguenti motivi :
nel primo e quinto è stata denunciata la violazione degli artt. 91 e
92 cpc, 118 disp. att. Cpc, comma 2, 615 cpc, 132 cpc, comma 1,
n. 4, 24 e 111 Cost. e l’illogicità di motivazione per avere il giudice
di secondo grado ritenuta corretta la compensazione delle spese
operata dal giudice di pace, nonostante il contribuente fosse
risultato totalmente vittorioso nel giudizio di primo grado e il
concessionario parte soccombente. Ha rilevato il ricorrente che lo
stesso giu.dice di prime cure aveva accertato che l’illegittimità
dell’ingiunzione derivava non solo dalla compiuta prescrizione del
diritto di credito, ma anche dalla mancata notifica dell’avviso di
pagamento, di cui era responsabile il concessionario;
nel secondo e nel terzo è stata denunciata la violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 cpc, 165 e 167 cpc, 3 del RD n. 639 del
1910, per essersi il giudice di secondo grado discostato dalla
motivazione sulla compensazione delle spese data dal giudice di
pace laddove ha aggiunto che il giudice di prime cure ha proceduto
all’annullamento dell’ingiunzione di pagamento non per vizi formali
riconducibili alla stessa, ma per l’intervenuta prescrizione del diritto
di credito azionato dal Comune. In conseguenza di ciò, secondo il
ricorrente, sarebbe stato violato il divieto di reformatio in peius in
sede di impugnazione e sarebbe stata modificata la domanda da lui
avanzata nell’atto di appello, nella quale non era stata censurata la
decisione di primo grado per omessa declaratoria sui vizi formali
dell’opposta ingiunzione di pagamento;
nel quarto è stata denunciata la violazione degli artt. 91, 92, e 112
cpc, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cpc, per omessa
pronuncia sul quarto, quinto (nei quali era stata dedotta la
contraddittorietà della motivazione della sentenza di prime cure per
avere il giudice di pace dapprima dichiarato la responsabilità del
concessionario per la mancata notifica dell’avviso di pagamento e
poi proceduto alla compensazione delle spese tra pomo Antonio e la
società di riscossione) e sesto motivo d’appello (nel quale era stata
denunciata la violazione del D.M. 127 del 2004 per errata
individuazione dello scaglione di riferimento per la quantificazione
dei diritti ed onorari dovuti dal Comune al difensore di Pomo
Antonio).

bensì per l’intervenuta prescrizione del diritto di credito azionato dal
Comune (ed a quest’ultimo unicamente ascrivibile, in quanto
titolare dello stesso).

il primo e quinto motivo sono manifestamente infondati. Deve
premettersi che la controversia in esame è stata instaurata con atto
di citazione notificato il giorno 11 giugno 2010, in data successiva al
4 luglio 2009, e che dunque risulta applicabile, ai sensi dell’art. 58,
comma 1, della I. 69 del 2009, l’art. 92 cpc, nella nuova
formulazione risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art.
45, comma 11, della I. 69 del 2009. Tale ultima norma ha mutato il
presupposto cui è subordinata la pronuncia di compensazione delle
spese, sostituendo nell’art. 92 cpc le parole “o concorrono altri
giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione” con quelle
“o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente
indicate nella motivazione”. E’ stato osservato che questa modifica
è stata ispirata dalla volontà del legislatore, di ridurre fortemente la
possibilità per il giudice di ricorrere alla compensazione delle spese
e per converso di rafforzare, quale strumento regolatore delle spese
di lite, il principio generale della soccombenza, sancito dall’art. 91
cpc. In merito la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di
chiarire che l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in
cui permette la compensazione delle spese di lite allorché
concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma
elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per
adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni,
non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da
precisare ed integrare in via interpretativa da parte del giudice del
merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto
fondato su norme giuridiche (S.U. n. 2572 del 22/02/2012).
Peraltro è stato precisato, con riguardo ad un giudizio di
opposizione avverso l’irrogazione di sanzione amministrativa in cui
si era proceduto alla compensazione delle spese di lite in ragione
della limitata attività difensiva della parte correlata alla natura della
controversia, che “le gravi ed eccezionali ragioni” non possono
essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso
applicato né dalle particolari disposizioni processuali che lo
regolano, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o
aspetti della controversia decisa (Cass. n. 26987 del 15/12/2011).
Riprendendo il consolidato orientamento espresso sull’art. 92 cpc
nel testo anteriore alla riforma del 2009, è stato inoltre ribadito che
rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione
dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, in presenza di
determinate condizioni, le spese di lite, espressamente indicate in
motivazione (S.U. n. 2572 del 22/02/2012; n. 15413 del

La censura, contenuta nel quarto motivo, attinente all’omesso
esame del sesto motivo dell’atto di appello (riguardante la

13/07/2011; n. 21521 del 20/10/2010). Nel caso di specie il
giudice di secondo grado ha confermato il provvedimento di
compensazione delle spese di lite adottato dal giudice di primo
grado sul presupposto che l’ingiunzione di pagamento era stata
annullata non per vizi formali riconducibili al comportamento
negligente dell’ente di riscossione, ma per la intervenuta
prescrizione del diritto di credito azionato dal Comune. Il ricorrente
aveva, infatti, dedotto di non aver ricevuto alcuna notifica di atti
contenenti ingiunzioni o avvisi di pagamento della somma e per la
causale successivamente indicata nella cartella esattoriale notificata
dalla SO.GE.R.T. A fronte di tale contestazione le parti opposte non
hanno dimostrato di aver notificato alcunché prima della cartella
esattoriale. In particolare il Comune titolare dell’obbligo di ricevere
il corrispettivo delle utenze per l’erogazione dell’acqua non ha
assolto all’onere della prova su di esso incombente, non potendosi
porre a carico dell’ente di riscossione tale onere. Ne consegue che
correttamente il giudice di secondo grado ha confermato la
statuizione relativa alla compensazione delle spese di lite nei
confronti di tale ente, provvedendo, peraltro ad una puntuale
motivazione. Le ragioni poste a base di tale opzione da parte del
giudice della sentenza impugnata sono state condivisibilmente
individuate nell’assenza di responsabilità da parte della SO.GE .RT in
ordine alla mancanza di un atto interruttivo della prescrizione
anteriore alla notifica della cartella esattoriale. In tale mancanza e
nella conseguenza mancanza di negligenza nella condotta
processuale dell’ente di riscossione sono state correttamente
ravvisate le gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle
spese di lite.
Il secondo e il terzo motivo sono manifestamente infondati, in
quanto il giudice dell’impugnazione, confermando la sentenza
impugnata, può senza violare il principio dispositivo, anche d’ufficio,
correggerne, modificarne o integrarne la motivazione, purché la
modifica non concerna statuizioni adottate dal giudice di grado
inferiore non impugnate dalla parte interessata. Nel caso di specie il
giudice d’appello si è limitato ad integrare la motivazione del
giudice di pace, confermando la compensazione delle spese di lite
disposta, senza modificare alcuna statuizione della sentenza
impugnata in senso peggiorativo per l’appellante.

Per quanto riguarda il vizio di omessa pronuncia sul quarto e quinto
motivo di appello deve rilevarsi che il giudice di secondo grado ha
esaurientemente motivato in ordine alle responsabilità delle parti
opposte in relazione all’omessa notifica dell’originaria intimazione di

liquidazione dei diritti e degli onorari determinati dal giudice di
primo grado in misura inferiore a quella pretesa dall’appellante),
deve essere rigettata per manifesta infondatezza. Pur essendo
effettivamente mancata un’espressa pronuncia su tale specifica
censura formulata dall’appellante, deve osservarsi, che secondo
l’orientamento di questa Corte, “alla luce dei principi di economia
processuale e della ragionevole durata del processo come
costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di
una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod.
proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa
pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può
omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e
decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto
posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la
pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della
sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della
causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non
richiede ulteriori accertamenti di fatto.(Cass.2313 del 2010;5796
del 2012). Nella specie, deve rilevarsi che il ricorrente aveva
lamentato che il giudice di pace nel liquidare gli onorari in 150C e i
diritti in 120C, non aveva considerato che la controversia era di una
certa importanza, in quanto si verteva in tema di opposizione
all’esecuzione non iniziata, e che la liquidazione degli onorari era
comunque inferiore allo scaglione di riferimento previsto dal DM
127 del 2004. Avendo la controversia incardinata davanti al giudice
di pace valore pari a 145,10 C, lo scaglione di riferimento del DM
127 del 2004 stabilisce che la determinazione dell’onorario possa
oscillare tra un minimo di 55C e un massimo di 190C. Il giudice di
pace, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha quindi
correttamente individuato lo scaglione di riferimento e ha fissato gli
onorari nel rispetto del minimo e del massimo consentito dal
decreto ministeriale. In tale contesto a nulla rileva il generico
riferimento del ricorrente alla mancata disamina da parte del
giudice di prime cure dell’importanza della controversia. Per quanto
riguarda poi la liquidazione dei diritti in misura inferiore al dovuto,
non è stata allegata alcuna notula volta a dimostrare quali funzioni
non sarebbero state considerate dall’organo giudicante.

pagamento, nella giustificazione della conferma della statuizione
sulla compensazione delle spese.

Ritenuto che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione
depositato, osservando in ordine alla memoria depositata che il
giudice d’appello ha puntualmente motivato sulla statuizione
relativa alla compensazione delle spese di lite„ evidenziando
l’assenza di responsabilità della SO.GE .RT.. Le altre osservazioni
critiche sono sostanzialmente riproduttive dei motivi ed hanno
trovato specifica ed esauriente risposta nella relazione.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 11 noverinbre 2013

DEPOSITATO IN CAMCELIERIA

In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve
essere rigettato.”

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