Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3576 del 04/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 04/02/2022), n.3576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7052-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO,

GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

MARCORA 18/20, presso L’UFFICIO DEL SERVIZIO LEGALE CENTRALE DEL

PATRONATO A.C.L.I., rappresentata e difesa dagli avvocati GUIDO

FAGGIANI, RICCARDO BARBIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 09/09/2015 R.G.N. 55/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 239 del 2015, ha accolto l’impugnazione proposta da C.L. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dalla stessa e tesa ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla ricongiunzione di periodi assicurativi, maturati nel (OMISSIS) e nell'(OMISSIS), in ordine al quale aveva presentato per due volte domanda poi rinunciata;

la Corte territoriale ha ritenuto illegittimo il diniego dell’INPS, fondato sulla tesi che il diritto al quale fa riferimento la L. n. 29 del 1979, art. 4, in materia di ricongiunzione di periodi contributivi maturati in gestioni distinte, si riferirebbe alla domanda che l’interessato presenta all’ente previdenziale e non al diritto al ricongiungimento, ed ha tratto la conseguenza che la presentazione di due domande poi rinunciate non avrebbe comportato l’impossibilità di presentare nuova domanda, giacché il limite imposto dalla legge si riferirebbe al numero delle possibili ricongiunzioni e non a quello delle domande;

avverso tale sentenza ricorre l’Inps con unico motivo, con il quale denunzia violazione e falsa applicazione della L. 7 febbraio 1979, n. 29, artt. 4 e 5, del D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 1, del D.Lgs. n. 42 del 2006, artt. 6 e 51, del Reg. n. 883 del 2004, e del Reg. 16 settembre 2009; ritiene il ricorrente che le aperture normative operate dal D.Lgs. n. 184 del 1997, D.Lgs. n. 42 del 2006, artt. 6 e 51, del Reg. n. 883 del 2004, e del Reg. 16 settembre 2009, che hanno consentito di totalizzare gratuitamente la contribuzione spezzettata senza ricorrere alla ricongiunzione onerosa di cui alla L. n. 29 del 1979, confermerebbero l’erroneità della tesi seguita dalla sentenza impugnata anche in ragione del fatto che l’effetto di far convergere la contribuzione sarebbe realizzato mediante la totalizzazione senza costi economici per l’interessato;

resiste C.L. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il motivo è fondato in quanto questa Corte di cassazione (vd. Cassazione n. 6553 del 1996; Cass. n. 9692 del 2010) ha avuto modo di affermare, con riguardo alla ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali ai sensi della L. 7 febbraio 1979, n. 29, artt. 1 e 2, che il mancato versamento – entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione della competente gestione dell’intera somma o dell’importo delle prime tre rate, in cui la gestione stessa abbia suddiviso l’onere del lavoratore interessato, comporta la rinuncia all’esercizio della facoltà di ricongiunzione prevista dai citati artt. 1 e 2 (cfr. in tali sensi Cass. 4 febbraio 1988 n. 1182, cui adde Cass. 26 settembre 1988 n. 5238, che ha ravvisato nel caso di mancato versamento nel termine prescritto dell’ammontare della somma posta a carico dell’assicurato una ipotesi di presunzione assoluta di rinunzia alla facoltà di ricongiunzione, che non ammette prova contraria);

le citate sentenze hanno precisato che la disposizione della L. n. 29 del 1979, art. 5, comma 2, nel correlare l’adempimento del versamento ad un termine breve sessanta giorni, persegue la finalità di contemperare le esigenze del pronto esercizio del diritto alla ricongiunzione con l’interesse delle varie gestioni a conoscere sollecitamente la volontà degli interessati anche ai fini di determinare l’ammontare della somma da porre a carico del richiedente secondo i criteri di cui alla L. in esame, art. 2, comma 3 (cfr. in tali sensi Cass. 4 febbraio 1988 n. 1182 cit.);

per andare in contrario avviso e riconoscere ugualmente il diritto alla ricongiunzione non può poi farsi riferimento alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 8, sulla irrilevanza dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi nella procedura amministrativa;

invero nella fattispecie in esame il procedimento amministrativo termina con il provvedimento della gestione, con il quale viene riconosciuta la fondatezza della pretesa fatta valere dall’assicurato e si determinano le modalità di pagamento dell’onere posto a suo carico; l’adempimento del suddetto onere attiene, quindi, ad una fase esterna al procedimento amministrativo, sicché il mancato rispetto dei termini per il versamento, che porta alla perdita della facoltà di ricongiunzione, rimane sottratta alla disciplina della L. n. 533 del 1973, art. 8 (cfr. ancora Cass. 4 febbraio 1988 n. 1182);

per quanto ora interessa, la L. n. 29 del 1979, art. 2, comma 1, prevede che “il lavoratore che possa far valere periodi di iscrizione nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, ovvero in forme sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria predetta o che abbiano dato luogo all’esclusione o all’esonero di detta assicurazione, ovvero nelle gestioni speciali per i lavoratori autonomi gestite dall’INPS, può chiedere in qualsiasi momento, ai fini del diritto e della misura di una unica pensione, la ricongiunzione presso la gestione in cui risulti iscritto all’atto della domanda…”; lo dello stesso art., successivo comma 4, riconosce al lavoratore la facoltà, su domanda, di pagare quanto previsto al comma 3 (il 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base ai criteri e alle tabelle previste dalla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative) in un numero di rate mensili non superiore alla metà delle mensilità corrispondenti ai periodi ricongiunti, con la maggiorazione di un interesse annuo composto pari al 4,50%;

il successivo art. 5, stabilisce poi, ai commi 2 e 3, che “entro 180 giorni dalla data della domanda, la gestione presso cui si incentra la posizione assicurativa comunica all’interessato l’ammontare dell’onere a suo carico nonché il prospetto delle possibili rateizzazioni. Ove la relativa somma non sia versata, in tutto o almeno per la parte corrispondente alle prime tre rate, alla gestione di cui sopra entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della comunicazione, o non sia presentata entro lo stesso termine la domanda di rateazione di cui all’art. 2, comma 4, s’intende che l’interessato abbia rinunziato alle facoltà di cui agli artt. 1 e 2; il versamento, anche parziale, dell’importo dovuto determina l’irrevocabilità della domanda di ricongiunzione. Le singole gestioni previdenziali determinano le norme per la disciplina di eventuali rateizzazioni di pagamento”

appare decisiva la disposizione, sopra riportata ed evidenziata, dell’art. 5, comma 2, in base alla quale l’assicurato che chieda la ricongiunzione, deve provvedere tempestivamente, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’importo dovuto, al pagamento almeno delle prime tre rate o a chiedere la rateizzazione, e, qualora l’interessato non provveda a questi adempimenti, la sua domanda si intende rinunziata;

la legge prevede anche, espressamente, che “la facoltà di cui alla presente L., artt. 1 e 2, possono essere esercitate una sola volta, salvo che il richiedente non possa far valere, successivamente alla data da cui ha effetto la prima ricongiunzione, un periodo di assicurazione di almeno dieci anni, di cui almeno cinque di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa.” (art. 4, comma 1); ciò significa che, una volta che debba essere considerata rinunziata una prima domanda di ricongiunzione, è possibile presentarne una seconda soltanto quando si possano valere nuovi periodi di contribuzione non contemplati nella richiesta precedente;

in definitiva, la pretesa sostanziale della signora C. è infondata, ed invece deve essere accolto, siccome fondato, il ricorso per cassazione proposto dall’Istituto assicuratore;

non occorrendo una specifica attività istruttoria, la Corte può, e deve, decidere la causa nel merito, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., e rigettare così la domanda sostanziale della parte controricorrente; le spese del doppio grado di merito vanno compensate, tenuto anche conto delle vicende del giudizio; le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della controricorrente rimasta soccombente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da C.L.;

condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge; dichiara compensate le spese del doppio grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2022

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