Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3575 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 12259/05 R.G. proposto da:

L.T.M.I.R., elettivamente domiciliata in Roma,

via Belluno, n. 16, presso l’Avvocato Matonti Antonio, che la

rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro

p.t.,e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t.,

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che li rappresenta e difende secondo la legge;

– controricorrenti –

e sul ricorso incidentale n. 15656/05 R.G. proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro

p.t.,e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., come

sopra domiciliati, rappresentati e difesi;

– ricorrenti incidentali –

contro

L.T.M.I.R., come sopra domiciliata, rappresentata

e difesa;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, n. 12/35/04,

depositata il giorno 8.4.2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 22.1.2010 dal relatore Cons. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito, per la ricorrente, l’Avvocato Antonio Matonti;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- La signora L.T.M.I.R., titolare di pensione speciale di riversibilità perchè vedova di vittima della criminalità organizzata, chiese inutilmente agli organi finanziari competenti, con istanze presentate nel corso dell’anno 2000, che le fossero rimborsate:

a) le ritenute alla fonte operate a titolo di IRPEF sulla pensione privilegiata, dal gennaio 1983, epoca della morte del marito, al dicembre 1998, allorchè era entrata in vigore una nuova disposizione normativa, in virtù della quale il trattamento speciale di reversibilità corrisposto ai superstiti dei caduti non concorreva a formare il reddito imponibile ai fini di tale tributo;

b) le maggiori somme risultanti dalla riliquidazione di tutte le dichiarazioni dei redditi presentate negli stessi anni, per effetto delle minori aliquote applicabili al reddito residuo, una volta escluso quello rappresentato dalla pensione privilegiata. 1.2.- Contro il silenzio-rifiuto dell’amministrazione, la contribuente propose ricorso alla commissione tributaria provinciale di Parma, rinnovando la richiesta di rimborso delle suddette somme e reclamando gl’interessi maturati sulle stesse.

1.3.- La sentenza n. 65/07/02, con cui la commissione adita aveva accolto il ricorso, fu impugnata dall’ufficio con esclusivo riferimento al capo che disponeva la riliquidazione delle dichiarazioni precedenti (par. 1.1, lett. b), sia per asserita infondatezza della pretesa nel merito sia, quanto agli anni precedenti al 1996, per intervenuta decadenza, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38. Quanto alle ritenute (par. 1.1, lett. a), cui si riferiva un capo non impugnato della sentenza di primo grado, ne fu disposto il rimborso, con gl’interessi, a seguito di giudizio di ottemperanza, concluso con sentenza n. 3555/2005 di questa suprema corte.

1.4.- La commissione tributaria regionale, investita del gravame erariale, lo accolse parzialmente stabilendo, in riforma della sentenza impugnata, confermata nel resto, che non spettava, per effetto della decadenza, il rimborso IRPEF dipendente dalla riliquidazione delle dichiarazioni dei redditi presentate prima del 1996, ossia oltre quattro anni prima della data di presentazione della domanda di rimborso.

Ritenne infatti:

1.4.1.- ammissibile l’eccezione di decadenza, formulata dall’ufficio appellante, perchè la contribuente non l’aveva contrastata nel corso del giudizio di primo grado, sicchè la sua difesa sul punto assumeva carattere di “novità” in appello;

1.4.2.- parzialmente inammissibile la richiesta dell’amministrazione di dichiarare infondata nel merito la domanda di rimborso derivante dalla riliquidazione dell’IRPEF per tutte le annualità, dal 1983 al 1998, allorchè lo stesso ufficio aveva riconosciuto, in primo grado, la debenza del rimborso in quanto non impedito dalla decadenza, cioè per gli anni 1996-1998; sicchè, riguardo a tale biennio, l’eccezione sarebbe inammissibile perchè “nuova” in appello, essendosi l’ufficio, in primo grado, “limitato a chiedere il rigetto del ricorso solo relativamente al periodo precedente il quadriennio”;

1.4.3.- fondata, peraltro, la censura dell’appellante circa la non spettanza, nel merito, della riliquidazione chiesta dalla contribuente.

1.5.- Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la contribuente, con cinque motivi.

Il ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate resistono, mediante controricorso, e presentano ricorso incidentale, con un solo motivo. La ricorrente principale, replicando al ricorso incidentale, ne eccepisce preliminarmente l’inammissibilità, perchè tardivo, e ne chiede comunque il rigetto nel merito.

2.- Questioni pregiudiziali.

2.1.- Il ricorso principale ed il ricorso incidentale debbono essere preliminarmente riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la stessa sentenza.

2.2.- L’eccezione d’inammissibilità del ricorso incidentale tardivo è infondata, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., poichè esso, anche se rivolto contro un capo “autonomo” della sentenza – cioè diverso da quelli impugnati dalla ricorrente principale e relativo ad un punto su cui l’amministrazione era soccombente, ed anche se notificato oltre il termine stabilito dall’art. 327 c.p.c. (ma, comunque, non oltre il termine stabilito dall’art. 325 c.p.c., essendo stata notificata la sentenza il 21.4.2005), non cessa di essere ammissibile in base al citato art. 334 c.p.c. – che non autorizza alcuna distinzione fondata sulla “autonomia” del capo impugnato – ed ai successivi articoli 369, 370 e 371 (in tal senso, S.U. nn. 652/1998, 4640/1989; Cass. nn. 15483/2008,82112/2007, 2126/2006, 19155/2005 ed altre).

2.3.- Il ricorso proposto contro il ministero dell’economia e delle finanze, il controricorso ed il ricorso incidentale proposti da quest’ultimo sono, per altra ragione, inammissibili, poichè tale amministrazione – cui è succeduta l’agenzia delle entrate a far data dal 1.1.2001 – non fu parte nel giudizio d’appello, introdotto con atto d’impugnazione depositato il 12.11.2002, proposto dall’ufficio di Parma di detta agenzia, unica legittimata pertanto in questo giudizio di cassazione (Cass. n. 9004/2007).

2.3.1.- Le spese inerenti debbono essere interamente compensate fra le parti per giusti motivi, in considerazione del fatto che la questione relativa alla legittimazione esclusiva dell’agenzia, in simile ipotesi, è stata definitivamente risolta con giurisprudenza, come quella da ultimo citata, posteriore all’introduzione dei ricorsi di cui si discute.

3.- Motivi del ricorso principale e motivo del ricorso incidentale 3.1.- La ricorrente principale censura la sentenza impugnata:

3.1.1.- col primo motivo, per avere giudicato ammissibile l’eccezione di decadenza, da ritenere invece preclusa perchè sollevata “per la prima volta nel giudizio d’appello” (ricorso, pag. 5) dall’amministrazione (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 23, 32 e 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5);

3.1.2.- col secondo motivo, per avere giudicato ammissibile altra eccezione del fisco, che invece sarebbe preclusa per analoga ragione di novità in appello, concernente la pretesa inapplicabilità dell’esenzione dall’IRPEF ai ratei di pensione percepiti prima dell’11.12.1998, data di entrata in vigore della norma agevolativa (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57);

3.1.3.- col terzo motivo, per avere escluso la retroattività delle disposizioni agevolative, in mancanza di specifica eccezione da parte dell’ufficio (ultrapetizione, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.);

3.1 A.- in subordine e nel merito, col quarto motivo, per avere ritenuto inapplicabile il beneficio dell’esenzione alle annualità precedenti l’entrata in vigore della norma agevolativa (violazione e falsa applicazione della L. 23 novembre 1998, n. 407, art. 5; L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 82, comma 5);

3.1.5.- col quinto motivo, per omessa pronunzia sulla domanda di pagamento degli interessi maturati (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 68).

3.2.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’agenzia delle entrate si duole sia del giudizio, per cui avere eccepito la decadenza significherebbe rinunzia, ex parte qua (cioè per il quadriennio precedente la domanda di rimborso), all’eccezione di non retroattività della norma di esenzione; sia, in subordine, della ritenuta estensione quadriennale del periodo di salvezza dalla decadenza che, invece, era di diciotto mesi, non avendo influenza sul l’avvenuto compimento di tale termine la successiva modifica della norma (violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57; art. 100 c.p.c.; D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38).

4.- Decisione.

4.1.- Il quarto motivo del ricorso proposto dalla contribuente è fondato e deve essere accolto; gli altri quattro motivi debbono essere rigettati, per le ragioni di seguito espresse. Il ricorso incidentale dell’agenzia è infondato e deve essere rigettato. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessarie ulteriori indagini di fatto, la causa deve essere decisa nel merito mediante rigetto dell’appello proposto dall’ufficio. Le spese di questo giudizio di legittimità e del giudizio d’appello debbono essere integralmente compensate fra le parti per giusti motivi, ravvisati nell’obiettiva difficoltà d’interpretazione delle norme applicabili, resa evidente anche dal diverso esito dei giudizi di merito.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- Il primo motivo del ricorso principale (par. 3.1.1) è infondato perchè – a prescindere da quanto erroneamente ritenuto in proposito dalla commissione regionale (v. par. 1.4.1), la cui motivazione sul punto deve essere corretta – la decadenza stabilita a favore dell’amministrazione non è da essa disponibile, quindi è rilevabile d’ufficio dal giudice, ai sensi dell’art. 2969 c.c., in ogni stato e grado del giudizio (Cass. nn. 1605/2008, 11521/2004, 10591/2002, 9940/2000, 8606/1996 ed altre); pertanto non rilevano le circostanze che fosse stata proposta per la prima volta in appello o che, proposta nel corso del giudizio di primo grado, non fosse stata contestata dalla controparte in quella sede.

5.2.- Il secondo motivo (par. 3.1.2) è infondato, giacchè non può ritenersi eccezione in senso tecnico, asseritamente inammissibile in appello in quanto “nuova”, la pretesa del fisco “di escludere la riliquidazione delle dichiarazioni dei redditi presentate dall’anno 1983 al 1998”, trattandosi di mera argomentazione difensiva dell’ufficio appellante nell’ambito dell’opposizione alla domanda di rimborso e della chiesta riforma della sentenza di primo grado, sul punto relativo alla riliquidazione, pretesa dalla contribuente, delle dichiarazioni presentate dal 1983 in poi (cfr. Cass. nn. 11682/2007, 15646/2004).

5.3.- L’infondatezza del terzo motivo (par. 3.1.3) si desume, innanzitutto, dall’evidente contrasto logico con la pretesa contenuta nel secondo mezzo: non può dedursi, logicamente, l’inesistenza di un’eccezione dopo averne sostenuto l’inammissibilità; in ogni caso, trattandosi, come già rilevato, di argomentazione difensiva contraria all’accoglimento della domanda di rimborso conseguente a riliquidazione dell’imposta, e cioè di questione relativa alla fondatezza di tale domanda, l’esame (doveroso) di essa da parte del giudice non esorbita dai limiti del petitum.

5.4.- Il quarto motivo (par. 3.1.4) è fondato.

5.4.1.- La L. 20 ottobre 1990, n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) aveva riconosciuto fra l’altro, a favore dei superstiti di tali vittime, una speciale elargizione o un assegno vitalizio.

La L. 23 novembre 1998, n. 407 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) aveva poi disposto, all’art. 2, comma 5, che “il trattamento speciale di reversibilità corrisposto ai superstiti dei caduti non concorre a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF”.

Successivamente, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 82, comma 5, che “I benefici previsti dalla L. 20 ottobre 1990, n. 302, e dalla L. 23 novembre 1998, n. 407, in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, si applicano a decorrere dal 1 gennaio 1967”.

5.4.2.- Tale essendo, indiscutibilmente, il quadro normativo regolante la presente controversia, nessuna distinzione è possibile, sul piano logico-giuridico, fra “beneficio” materiale – consistente nelle elargizioni o nel trattamento speciale di reversibilità, concesso dalla citata L. n. 302 del 1990 – e “agevolazione fiscale”, sotto forma di esenzione dall’IRPEF, concessa dalla L. n. 407 del 1998: infatti, nello stabilire la decorrenza dal 1 gennaio 1967, la L. n. 388 del 2000, si riferisce ai “benefici” previsti da entrambe le leggi agevolatrici, L. n. 302 del 1990 e L. n. 407 del 1998; cosi facendo intendere, senza possibilità di equivoco, che, per gli eventi verificatisi a partire da tale data (come chiarisce bene la L. n. 407 del 1998, art. 5, comma 1), sono dovuti tanto la pensione in se stessa quanto l’esenzione dall’IRPEF. Nel caso specifico, l’ampliamento del periodo utile per ottenere il trattamento speciale di riversibilità non ha rilevanza, dal momento che la vedova già godeva di tale trattamento. Ha rilevanza unicamente l’esenzione dall’IRPEF che, prima della citata L. n. 407 del 1998, non le spettava.

5.4.3.- Nessun argomento contrario a tale interpretazione, imposta dalla letteralità della norma, è possibile trarre – come fa erroneamente il giudicante a quo – dal regolamento di attuazione della L. n. 407 del 1998 (D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510), e in particolare dall’art. 16 di tale testo, che si limita (necessariamente) a fissare le modalità attuative della legge.

In tale norma regolamentare, infatti, il primo comma dispone che l’esenzione dall’IRPEF sia applicata d’ufficio (ossia senza domanda degli interessati) “da parte degli ordinatori secondari di spesa”, a decorrere dal 11 dicembre 1998, data di entrata in vigore della legge; il quarto comma precisa, coerentemente, che “Per gli eventi verificatisi prima dell’11 dicembre 1998, si procede a domanda degli interessati”.

Nel caso di specie, essendosi verificato l’evento da cui ha origine il diritto a pensione il 25.1.1983 – cioè in periodo utile per l’applicabilità dei benefici (evento posteriore al 1.1.1967), ma precedente all’entrata in vigore della norma agevolatrice – la vedova non poteva attendersi l’esenzione automatica dall’IRPEF, ma doveva presentare domanda di rimborso; come fece.

5.4.4.- In virtù delle considerazioni che precedono, il motivo di ricorso in esame deve essere accolto, dovendosi riconoscere alla contribuente, in base ad una corretta interpretazione della L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 5, e della L. n. 388 del 2000, art. 82, comma 5, che il trattamento speciale di reversibilità a lei corrisposto “non concorre a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF”.

Questa disposizione comporta non soltanto che l’IRPEF pagata negli anni precedenti, sotto forma di ritenuta o di versamento diretto, in quanto afferente al suddetto reddito di pensione, debba essere restituita (circostanza ormai definitivamente assodata); ma anche che le dichiarazioni dei redditi presentate relativamente alle annualità 1983-1998 debbano essere riliquidate, in base all’aliquota applicabile dopo avere escluso l’ammontare della pensione, che non concorre a formare il reddito imponibile.

Infatti le leggi citate, dopo avere esentato dall’IRPEF il reddito da pensione di cui si tratta, non dispongono che questo debba concorrere “virtualmente” a determinare l’entità complessiva dell’imponibile, al solo fine d’individuare l’aliquota applicabile al reddito residuo.

5.5.- Il quinto motivo di ricorso (par. 3.1.5), concernente omessa pronunzia sulla domanda relativa agl’interessi, è infondato giacchè, riguardo alla sentenza di primo grado, passata in giudicato relativamente alla spettanza del rimborso delle ritenute, è stato già affermato da questa suprema corte (con sentenza n. 3555 del 22.2.2005, in sede di ottemperanza) che la condanna al pagamento degli interessi doveva ritenersi compresa nell’accoglimento complessivo del ricorso, tenuto conto anche della motivazione.

Sicchè non v’è motivo di discostarsi da tale giudicato allorchè detta sentenza di primo grado, in esito a questo giudizio di cassazione ed alla conseguente decisione nel merito, costituisce titolo giuridico per la soddisfazione dei diritti della contribuente.

5.6 – Il primo profilo di censura, contenuto nell’unico motivo di ricorso incidentale (par. 3.2), è assorbito dalla ritenuta fondatezza, nel merito, della domanda di rimborso in questione, per le considerazioni svolte al par. 5.4.

5.6.1.- L’ufficio, invero, ha teoricamente ragione di dolersi del giudizio di “preclusione” formulato dal giudicante a quo (v. par.

1.4.2) – con motivazione da correggere, giacchè essersi limitata l’amministrazione, in primo grado, a contrastare la richiesta di rimborso per riliquidazione solo relativamente agli anni coperti dalla decadenza non esclude la possibilità di difendersi “a tutto campo” in appello, non potendosi ammettere che, in materia indisponibile e su questione non coperta dal giudicato interno, l’ufficio non possa accampare in appello (ed il giudice non debba esaminare) ogni ragione, benchè non esposta in primo grado, che, a suo giudizio, si oppone all’accoglimento della domanda; ma la ritenuta fondatezza del ricorso principale, quanto alla spettanza del rimborso domandato, toglie rilevanza alla questione relativa alla proponibilità in appello di eccezioni che, in base ad argomentazioni già svolte, risultano infondate.

5.6.2.- Il secondo profilo di censura, relativo alla decadenza dal diritto al rimborso, è infondato.

In realtà, nessuna decadenza si è verificata nel caso di specie, cui non è applicabile il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, giacchè, fino all’11 dicembre 1998, data di entrata in vigore della L. n. 407 del 1998, il pagamento dell’IRPEF sulle pensioni privilegiate di cui si discute era dovuto; ragion per cui non sussisteva alcuna delle ipotesi – errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento – contemplate dalla norma citata.

E’ applicabile invece la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, disposizione di carattere residuale e di chiusura del sistema, che concerne le ipotesi in cui il diritto alla restituzione, non ipotizzabile in precedenza, sia sorto in data posteriore a quella del pagamento dell’imposta (Cass. n. 7116/2003).

In virtù di tale norma, la domanda di restituzione – di tutti i pagamenti IRPEF inerenti alla pensione effettuati entro il periodo considerato dalla legge di esenzione – poteva essere presentata entro due anni dal giorno in cui si era verificato il presupposto per la restituzione, ossia entro due anni dall’11 dicembre 1998, data di entrata in vigore della legge. Sicchè l’istanza, che l’amministrazione afferma di aver ricevuto il 6.3.2000, era in termini.

5.7.- Si conclude ne senso indicato al par. 4.1.

6.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il ministero dell’economia e delle finanze e quello incidentale dello stesso ministero, e compensa integralmente fra le parti le relative spese. Accoglie il quarto motivo del ricorso principale, rigetta gli altri quattro motivi; rigetta il ricorso incidentale proposto dall’agenzia delle entrate; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo di ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’appello dell’ufficio; compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio d’appello e di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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