Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3574 del 14/02/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3574 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso 20701-2013 proposto da:
ZELGER

JOSEF

ZLGJSF66S05A952W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,
presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
KOLLENSPERGER HANS JURGEN;
– ricorrente contro

COMUNE di BOLZANO 00389240219, in persona del Sindaco
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA 79, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO

Data pubblicazione: 14/02/2018

PLACIDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati GUDRUN AGOSTINI, BIANCA MARIA GIUDICEANDREA;
– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 85/2013 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO – SEZ.DIST. di BOLZANO, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito

l’Avvocato

CARLO

ALBINI,

con

delega

dell’Avvocato LUIGI MANZI difensore del ricorrente,
che si è riportato agli atti depositati;
udito l’Avvocato GUDRUN AGOSTINI,
controricorrente,

difensore del

che si è riportato agli atti

depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e per l’assorbimento
del ricorso incidentale.

17/05/2013;

Fatti di causa
Con citazione notificata il 17.12.2007, Josef Zelger convenne in lite il Comune
di Bolzano onde sentire accertato in suo favore l’acquisto per usucapione di
alcuni terreni appartenenti al maso chiuso “Ulhof” in località Dodiciville.

Zelger era stato consentito di falciare occasionalmente l’erba dei terreni in
questione, tenendo il fieno per uso proprio, in forza di un accordo verbale
intervenuto con l’amministrazione e qualificabile come contratto di comodato;
specificò che ogni altra attività manutentiva dei terreni, quali il taglio di piante
od il montaggio di recinzioni, era stata sempre svolta dal personale
amministrativo e che, peraltro, i terreni erano interessati da un progetto di
riqualificazione extraurbana che prevedeva la realizzazione di centri di
recupero psicofisico ed educazione ambientale.
Con sentenza non definitiva del 3.9.2010 il tribunale di Bolzano accolse la
domanda, disponendo per il prosieguo del giudizio.
La Corte d’Appello di Trento accolse l’impugnazione proposta dal Comune di
Bolzano con decisione resa il 17 maggio 2013, poichè ritenne non provata
l’esistenza di un valido possesso ad usucapionem
Avverso tale sentenza Josef Zelger ha proposto ricorso

sulla base di due

motivi.
L’ente intimato ha resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato.
Memorie delle parti.

Ragioni della decisione
n.20701 -13

D’Ascola rei

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Il Comune si costituì chiedendo il rigetto della domanda e rilevando che allo

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 1140, 1141, 1158
e 2275 c.c. lamentando che la corte d’appello avrebbe erroneamente escluso la
sussistenza di un valido possesso ad usucapionem «sulla sola base di un
contrato verbale pretesamente stipulato tra il Comune di Bolzano e l’odierno

contratto ex art. 2725 c.c.».
Parte ricorrente evidenzia: che nelle proprie difese il Comune di Bolzano aveva
sostenuto che la disponibilità dei terreni dipendeva da un accordo verbale di
comodato, offrendosi di provare tale circostanza mediante testimoni; che tale
prova era stata tuttavia esclusa dal tribunale, trattandosi di contratto concluso
dalla pubblica amministrazione e perciò soggetto ad onere di forma scritta; che
la stessa prova era invece stata ammessa dalla corte d’appello sull’erroneo
presupposto che si trattasse della dimostrazione di circostanze fattuali.
Il ricorso si sofferma sulla corcostanza che il teste Spagnolli non si era limitato
a confermare una mera situazione di fatto, ma aveva riferito che di anno in
anno le parti si mettevano d’accordo affinchè Zelger falciasse l’erba. Aggiunge
che oggetto della prova era l’intervenuto accordo e che la prova testimoniale
non era ammissibile, come l’attore aveva eccepito subito dopo l’espletamento
del mezzo istruttorio. Analoghe argomentazioni sono svolte con riguardo alla
deposizione della funzionaria succeduta allo Spagnolli nella direzione del
Servizio Progettazione Verde.
La censura è infondata.
Va premesso che per pacifico insegnamento di questa Corte, al quale si è
ispirata la sentenza della Corte Atesina: «I limiti legali di prova di un
n.20701 -13

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ricorrente», nonché «l’inammissibilità della prova per testimoni di tale

contratto per il quale sia richiesta la forma scritta

ad substantiam o ad

probationem, così come i limiti di valore previsti dall’art. 2721 c.c. per la prova
testimoniale, operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato
in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti e non

sulla decisione del processo>> (cfr tra le tante Cass. 19-02-2015, n. 3336;
Cass. 18-03-2003, n. 3998; Cass. 06-11-2002, n. 15591).
La Corte di appello per respingere la domanda ha valorizzato la circostanza di
fatto che tra le parti fosse intervenuto un accordo nel senso di consentire al
richiedente la facoltà di sfruttare il terreno per modesti fini agricoli.
In tal modo essa ha ravvisato correttamente la mancanza dell’animus
possidendi in capo allo Zelger, ma in realtà la circostanza già sufficiente e
decisiva per il rigetto della domanda, al di là della portata contrattuale dei
rapporti intercorsi con i funzionari, cioè del contatto preso con
l’amministrazione, è costituito dall’emergere dell’assenza di una situazione
possessoria.
Quest’ultima implica una vasta signoria sulla cosa, pacifica e indisturbata, che
collide con il fatto stesso che l’ente proprietario abbia espresso in qualsiasi
forma il permesso di svolgere una certa attività sul bene, che controparte
pretende di aver usucapito svolgendo quell’attività che aveva avuto
autorizzazione a svolgere.
Manca, in ragione di questo atteggiamento di fatto, quel completo dominio
sulla cosa che è necessario ai fini dell’acquisto della “res” per usucapione. (cfr
Cass. n.25498 del 02/12/2014)
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anche quando se ne evochi l’esistenza come semplice fatto storico influente

Era quindi sufficiente la semplice testimonianza relativa alla presa di contatto
per il fine di discutere dell’uso del terreno, per poter escludere senz’altro la
situazione possessoria di cui è stata chiesta tutela. Ai fini della configurabilità
del possesso “ad usucapionem”, è infatti necessaria la sussistenza di un

inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo previsto dalla
legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di un
diritto reale, manifestato con il compimento di atti conformi alla qualità ed alla
destinazione del bene e tali da rivelare sullo stesso, anche esternamente, una
indiscussa e piena signoria, in contrapposizione all’inerzia del titolare.
Non era quindi neppure necessario dimostrare, da parte del Comune, che fosse
intervenuto un accordo, ma, un comportamento anche molto meno remissivo.
Infatti la stessa sentenza precisa che la semplice esistenza di un’autorizzazione
o incarico di sfruttare il terreno sarebbe stata di impedimento alle pretese
dell’attore. Affermazione correggibile, semmai, in senso ancor più favorevole
alla parte resistente.
La prova testimoniale ammessa ed acquisita, anche se solo finalizzata a questo
aspetto era sicuramente ammissibile, in quanto verteva su circostanze di fatto
decisive per accertare una situazione di fatto e non il contenuto di patti
contrattuali non documentati.
3) Il possesso ad usucapionem è stato peraltro escluso anche sulla base di
altra testimonianza, resa dal direttore dell’ispettorato forestale di Bolzano, che
ha attestato lo svolgimento sulle particelle fondiarie de quibus di lavori che la
Forestale era stata incaricata di effettuare dal comune convenuto. L’esistenza
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comportamento possessorio continuo e non interrotto, inteso

di condotte di taglio alberi, erezione recinti, esecuzione di drenaggi, quindi di
cura del terreno, poste in essere dal proprietario impediscono infatti, di regola,
il manifestarsi di un impossessamento inequivoco.
Questo rilievo, che concerne aspetto della motivazione che non è stato

rigettare ancor più agevolmente il secondo motivo, che ipotizza un “sostanziale
difetto assoluto di motivazione”, ma ignora questo riscontro motivazionale.
Esso si avventura nel tentativo di dimostrare la scarsa attendibilità degli altri
due testimoni escussi, prospettando un loro interesse in causa, che sarebbe
disceso dall’ipotetica richiesta risarcitoria che l’ente comunale avrebbe potuto
rivolgere contro di loro per non aver impedito la maturazione dell’usucapione.
Basterà in proposito osservare che in questo modo si ribalta l’ordine normale
delle circostanze: una ipotesi così originale in teoria porterebbe sempre ad
escludere qualsiasi testimonianza di pubblici funzionari, allorquando la
controparte prospetti, anche fantasiosamente, un proprio diritto e un danno
dell’ente scaturente dall’opera dell’ufficio di appartenenza del teste.
Giova invece ricordare che è la parte che pretende di aver usucapito un bene a
dover dimostrare i presupposti del possesso nei termini enunciati dalla
giurisprudenza citata (cui

adde Cass. n. 25922 del 29/11/2005 e n.

18392/06). In mancanza di questo presupposto è vano discutere, ancorchè in
forma corretta, di motivazione apparente in relazione a un’ipotetica
inattendibilità di testi funzionari pubblici.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente
alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore
n.20701 -13

D’Ascola re!

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investito da specifica censura, pur essendo di decisivo peso, consente di

della controversia, senza che si debba esaminare il ricorso incidentale, il quale
è stato espressamente condizionato all’esito infausto del ricorso principale, qui
rigettato.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite
liquidate in euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge,
rimborso delle spese generali (15%).
Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui all’art.13 comma 1 quater del
d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della legge
n. 228/12, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo
unificato.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile tenuta il
24 febbraio 2017
Il Presidente

Il Consigliere est.
dr Pasquale D’Ascola

dr Bruno Bianchini

1
t’

Giudiziarie
‘Va ” NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERA

Roma, 1

FEB. 2013

unificato, trattandosi di ricorso notificato dopo il 31 gennaio 2013.

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