Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3574 del 14/02/2014
Civile Sent. Sez. 6 Num. 3574 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO
Ud. 19/11/13
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
6 1,igilt< Nicola Taglialatela, elett.te dom.to in Roma, via!
Prt-4,1tfr
it
Giuliana 35t. presso lo studio dell'avv.to Marco
Montozzi, rappr.to e difeso dall'avv.to Lorenzo Bruno
Molinaro, per procura a margine del ricorso; - ricorrente contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del
Ministro, rappr.to e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato e dom.to in Roma, via dei Portoghesi 12;
- controricorrente - 2013 avverso il decreto n. 1771/10 della Corte d'appello di Data pubblicazione: 14/02/2014 Napoli emesso in data 22 gennaio 2010 e depositato il 9
marzo 2010, R.G. n. 2584/2009;
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paola Mastroberardino che ha concluso Rilevato che:
1. Con ricorso del 5 maggio 2009 Nicola Taglialatela
ha chiesto alla Corte di appello di Napoli la
condanna del Ministero dell'Economia e delle
Finanze al risarcimento, ex legge n.89/2001, del
danno subìto per la durata eccessiva e non
ragionevole del giudizio iniziato il 31 marzo
1993 davanti al T.A.R. della Campania. Ha dedotto
che il giudizio è stato definito solo con
sentenza del 27 luglio 2009 con la quale il
ricorso è stato dichiarato improcedibile per
sopravvenuto difetto di interesse a ottenere una
decisione nel merito a partire dal 17 febbraio
1995 data in cui il Taglialatela ha presentato
domanda di sanatoria ex D.L. n. 724/1994.
2. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 22
gennaio 2010 ha respinto il ricorso rilevando la
brevità della durata del giudizio sino al 17
febbraio 1995 e l'insussistenza di un danno
connesso alla successiva durata del giudizio sino
al 27 luglio 2009
3. Ricorre per cassazione Nicola Taglialatela per il rigetto del ricorso; affidandosi ad unico motivo, con il quale deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3
della legge n. 89/2001, in correlazione con
l'art. 738 c.p.c. e illogicità e
contraddittorietà della motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio. all'equa riparazione spetta a tutte le parti del
processo indipendentemente dall'esito del
giudizio; la durata del giudizio amministrativo
presupposto è stata documentata in oltre sedici
anni; la sussistenza del danno deve ritenersi
certa per il collegamento causale con la
riconosciuta violazione del diritto garantito; il
riconoscimento del danno non patrimoniale non può
essere escluso dall'entità dell'oggetto del
processo presupposto dato che l'ansia e il patema
d'animo conseguenti alla pendenza del processo si
verificano normalmente anche nei giudizi ove è
esigua la posta in gioco; non ricorrono le
condizioni per accordare al ricorrente un
trattamento indennitario deteriore rispetto ai
criteri fissati in ambito europeo non avendo il
ricorrente proposto una lite temeraria o
consumato un abuso del processo; la carenza di
interesse a seguito del deposito della domanda di
condono edilizio non è prevista in alcuna norma
ma costituisce una opinione giurisprudenziale non
univoca e contrastata per esempio dalla pronuncia 3 4. Fa rilevare il ricorrente che: il diritto del Consiglio di Stato n. 5428/2000.
5. Si difende con controricorso il Ministero
dell'Economia e delle Finanze e afferma
l'inesistenza di qualsiasi "heartache waiting" nel periodo successivo alla presentazione della
domanda di condono e richiama la giurisprudenza danno non patrimoniale da irragionevole durata
del processo ogniqualvolta ricorrano circostanze
particolari che facciano positivamente escludere
la produzione del danno come conseguenza della
durata del processo (Cass. civ. n. 19764/2011 e 24696/2011).
Ritenuto che
6. Il ricorso è fondato. Va richiamata infatti la
giurisprudenza di questa Corte e in particolare
l'ordinanza della VI-1 sezione n. 24696 del 23
novembre 2011 (che ha escluso la sussistenza
della sofferenza psicologica legata al protrarsi
irragionevole del processo rilevando il disinteresse mostrato nella specie dal ricorrente
all'esito del giudizio, disinteresse talmente
evidente da provocare la perenzione del
medesimo). La pronuncia citata ha infatti
convincentemente affermato che il danno non
patrimoniale è conseguenza normale ma non
automatica e necessaria, della violazione del
diritto alla ragionevole durata del processo, di
cui all'art. 6 della Convenzione europea per la 4 di legittimità che esclude il risarcimento del salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali; sicché il giudice, una
volta accertata e determinata l'entità della
violazione relativa alla durata ragionevole del
processo secondo le norme della citata legge n.
89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno caso concreto, circostanze particolari le quali
facciano positivamente escludere che tale danno
sia stato subito dal ricorrente.
7. Nel caso in esame la sussistenza di una
sofferenza psicologica legata alla durata del
giudizio presupposto va esclusa in quanto la
presentazione della domanda di condono ha
prodotto per il ricorrente l'effetto favorevole
che costituiva l'oggetto da conseguire con la
proposizione del ricorso al T.A.R. La successiva
durata del processo è dipesa dall'inerzia del
ricorrente riattivatosi solo al fine di poter
proporre la domanda di equa riparazione ex legge
n. 89/2001.
8. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione liquidate in complessivi 1.000 euro oltre le
spese prenotate a debito. 5 non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 novembre 2013.