Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3573 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 4936/05 R.G. proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro

p.t., e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t.,

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che li rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrenti –

contro

D.B.R.G. s.r.l. in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 61/25/02, depositata il 20.6.2002;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 22.1.2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate ricorrono, con unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, respingendo l’appello dell’ufficio, confermava la sentenza n. 203/16/1998 della commissione tributaria provinciale di Milano, di accoglimento dei ricorso proposto dalla ditta D.B.R.G. s.r.l. avverso l’avviso di accertamento notificato il 14.5.1997, con cui il (OMISSIS) ufficio distrettuale delle imposte dirette di Milano rettificava, in esito ad indagini svolte dalla guardia di finanza, il reddito imponibile ai fini IRPEG ed ILOR dichiarato per il 1992.

1.2.-. La nominata ditta contribuente non svolge difese in questo giudizio di cassazione.

2.- Questione pregiudiziale.

2.1.- Il ricorso, consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 18.2.2005 e spedito per posta il giorno successivo – oltre il termine “naturale” di un anno più 46 giorni (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2; art. 327 c.p.c., comma 1; e L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1) scaduto il giorno 20.9.2003, essendo stata pubblicata la sentenza della commissione regionale il giorno 20.6.2002 – è ammissibile, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 6, per. Secondo, trattandosi di lite fiscale concernente IRPEG e ILOR, teoricamente definibile in virtù di condono, concesso dalla norma citata in uno con la sospensione e proroga dei termini per la proposizione, fra l’altro, di ricorsi e controricorsi, dal 1.1.2003, data di entrata in vigore di detta legge, fino al 1.6.2004; ragion per cui risulta rispettato il termine prorogato d’impugnazione, che sarebbe spirato, appunto, il 19.2.2005 (cfr. Cass. n. 22891/2005).

3.- Motivo del ricorso.

3.1.- Con unico motivo i ricorrenti censurano la sentenza d’appello deducendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 4 bis.

Sostengono che la commissione regionale avrebbe erroneamente ritenuto illegittimo l’accertamento parziale – con cui alla contribuente era contestata l’avvenuta deduzione di costi afferenti ad operazioni parzialmente inesistenti, ignorando le dichiarazioni ampiamente confessorie rilasciate da alcuni responsabili della società all’autorità giudiziaria penale, trasfuse nel verbale redatto dalla polizia tributaria, ed argomentando solo in base alla regolarità formale delle scritture contabili; così violando la disposizione di legge citata e basando illogicamente la decisione su risultanze contabili la cui veridicità era contestata.

4.- Decisione.

4.1.- Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Previa cassazione della sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Lombardia, che rinnoverà il giudizio uniformandosi ai principi di diritto esposti al par. 5.4, e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- L’accertamento parziale di cui si tratta trae origine da un’indagine svolta dalla polizia tributaria a carico di altri soggetti, da cui era emerso – in conformità anche alle dichiarazioni degli interessati, riportate testualmente nel ricorso – che la società contribuente aveva stipulato contratti di sponsorizzazione pubblicitaria con altra ditta per la somma apparente di L. 715.000.000, eccessiva rispetto all’entità reale dell’obbligazione;

e che ciò aveva fatto, d’accordo con la controparte, allo scopo di ottenere sia fatture sovradimensionate, registrate al passivo per l’intero ammontare, sia la restituzione “in nero” di somme di denaro, utilizzate per altri pagamenti, pure “in nero”.

5.2.- La commissione regionale giudica, tuttavia, che le suddette risultanze del processo verbale di constatazione “elevato peraltro nei confronti di una società terza”, non siano sufficienti a fondare la pretesa fiscale dedotta in lite, perchè non sarebbero state “verificate, confrontate, valutate con i documenti contabili ufficiali della società verificata, al fine di opporre valori di maggior reddito, puntuali, precisi e tali da rendersi inoppugnabili, se non a fronte di altrettanti documenti a discarico”.

5.3.- Simile argomentazione, costituente tutta la motivazione della sentenza, è, innanzitutto, insufficiente ed illogica, ai limiti dell’incomprensibilità. Infatti, l’accertamento è basato sull’ipotesi d’inattendibilità delle scritture contabili (fatture artificiosamente sovradimensionate e relative registrazioni al passivo), desunta dalle stesse dichiarazioni della parte; sicchè non si comprende in qual modo il confronto di tali dichiarazioni confessorie con le scritture ipoteticamente inattendibili avrebbe potuto portare ad una definizione più puntuale e precisa del reddito.

5.4.- In secondo luogo, se le locuzioni adoperate dal giudicante a quo significano che le risultanze dei “documenti contabili ufficiali” sono inoppugnabili finchè non siano prodotti “altrettanti documenti a discarico”, essa è errata per violazione di legge, sotto diversi profili.

5.4.1.- Le fatture ed i libri contabili dell’imprenditore, invero, sono scritture private che fanno prova “contro” l’imprenditore, non a suo favore (art. 2709 c.c. con l’eccezione stabilita dal successivo art. 2710 c.c., non interessante la presente causa); sono quindi contestabili con qualunque mezzo di prova, non necessariamente documentale (cfr. Cass. nn. 9593/2004, 8126/2004, 10160/1999 ed altre).

5.4.2.- In tema di accertamento parziale di tributi diretti, l’amministrazione fiscale che disponga di elementi acquisiti, fra l’altro, dalla guardia di finanza (v. Cass. n. 1057/2006), in base ai quali risulti l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, può “limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili” (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, comma 1).

5.4.3.- Gli “elementi”, cui la norma citata fa riferimento, possono avere anche carattere indiziario, e sono validamente opponibili all’imprenditore se “consentono di stabilire” l’esistenza di un reddito non dichiarato o superiore a quello dichiarato; a prescindere dai fatto che tale maggior reddito non risulti dalle scritture contabili la cui attendibilità, in tal caso, risulta sospetta.

5.4.4.- Il giudice tributario, investito del ricorso avverso un atto di accertamento parziale, è tenuto a valutare – con giudizio di merito non soggetto a riesame in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato – gli elementi indicati dall’amministrazione su cui tale atto si fonda (nel caso di specie, le dichiarazioni rilasciate dalle stesse parti ed anche altri indizi, se sussistenti), al fine di stabilire se essi sono idonei a fondare la presunzione di reddito o maggior reddito non dichiarato; in tal caso, grava sul contribuente l’onere di provare il contrario; facoltà che egli può esercitare se non è processualmente preclusa, ossia se fin dal ricorso introduttivo ha eccepito l’infondatezza dell’atto impositivo, indicando gli elementi di prova a sostegno dell’eccezione.

5.4.5.- Ne quadro degli elementi indiziari che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato, o ulteriore rispetto al dichiarato, sono pienamente ammissibili anche le dichiarazioni rilasciate da terzi alla polizia tributaria od all’autorità giudiziaria, ed inserite nel processo verbale della guardia di finanza (cfr. Cass. nn. 16845/2008, 9402/2007, 16032/2005); fermo restando che non provengono da “terzi”, e possono rivestire ampio valore probatorio, per il loro carattere confessorio, le dichiarazioni eventualmente rilasciate da organi responsabili della stessa società contribuente.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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