Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3571 del 14/02/2011

Cassazione civile sez. I, 14/02/2011, (ud. 30/09/2010, dep. 14/02/2011), n.3571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12946-2008 proposto da:

F.P. (C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DOMENICO CIMAROSA 13, presso l’avvocato TROIANI MARCELLO,

che lo rappresenta difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

10/05/2007, n. 55731/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato TROIANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI PIETRO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con decreto del 10 maggio 2007, la corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3, da F.P., condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, in quanto l’irragionevole durata dedotta riguardava un procedimento disciplinare davanti al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma iniziato il 22 maggio 1993 e definito il 10 settembre 1996 e al Consiglio nazionale forense adito con ricorso del 30 ottobre 1996 deciso il 29 marzo 2003, aventi natura di organi amministrativi;

che il F. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, al quale resiste la Presidenza del consiglio con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che, mentre il procedimento disciplinare davanti ai consigli dell’ordine degli avvocati hanno natura di procedimenti amministrativi che si svolgono davanti a un ente pubblico non economico, il procedimento di impugnazione davanti al consiglio nazionale forense ha natura giurisdizionale;

che pertanto la decisione impugnata, come esattamente rilevato con il primo motivo di ricorso, è erronea mentre resta assorbito il secondo motivo relativo alla condanna alle spese;

che il controricorso è inammissibile perchè privo dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c. contenendo esclusivamente una riserva di argomentare successivamente la richiesta di dichiarazione di dichiarazione di inammissibilità o infondatezza del ricorso;

che il decreto impugnato deve essere cassato e che, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, può decidersi nel merito, tenendo conto che, dalla complessiva durata del procedimento giurisdizionale davanti al CNF, pari ad anni sei e mesi cinque, deve essere detratta la durata di anni due, pari a quello che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, conforme all’orientamento della Corte EDU, è la durata ragionevole di un giudizio di impugnazione di merito;

che, quanto alla liquidazione dell’equa riparazione del pregiudizio non patrimoniale, debbono utilizzarsi i consueti parametri secondo cui per i primi tre anni di ritardo possono essere liquidati Euro 750,00 ad anno e per il periodo successivo Euro 1.000,00 per anno, condannando quindi l’amministrazione convenuta al pagamento di Euro 3.750,00;

che, non può essere risarcito il danno patrimoniale che si assume essere derivato dalla decadenza dalla nomina a g.o.a., trattandosi di domanda generica, priva dei necessari riferimenti temporali dei provvedimenti di nomina e di quello successivo di decadenza e non essendo provato il nesso causale tra irragionevole durata del giudizio disciplinare davanti al C.N.F. e i mancati introiti derivanti dall’esercizio delle funzioni di magistrato onorario;

che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo;

cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna la Presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di Euro 3.750,00, oltre agli interessi al tasso legale dalla domanda al soddisfo; condanna l’amministrazione altresì al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 1.600,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) per il giudizio di merito ed Euro 800.00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) per il presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 30 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2011

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