Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 357 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 357 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

della legge n. 89
del 2001 Motivazione in
forma semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

GRANDE ANTONELLO (C.F.: GRN NNL 74R03 A515D), rappresentato e difeso, in
forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Vincenzo Retico ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Ugo Biagianti, in Roma, via F.
– ricorrente –

Denza, n. 27;
contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso n. 118/2012, emesso il 4
settembre 2012, depositato in data 25 settembre 2012 (non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 novembre

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

)3

Data pubblicazione: 10/01/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

Il sig. Grande Antonello chiedeva alla Corte d’appello di Campobasso, con ricorso

della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo penale
instaurato a suo carico nel 2002 e definito, in secondo grado, con sentenza della
Corte di appello di L’Aquila n. 1089 del 2011 pronunciata il 12 maggio 2011.
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 25 settembre 2012, dichiarava l’inammissibilità del ricorso
(condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali), sul presupposto
che, nella specie, non era stata provata la sussistenza della condizione di
proponibilità dell’azione relativa alla tempestività del ricorso e alla sua procedibilità.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione il
Grande Antonello, con atto ritualmente notificato, sulla base di un unico motivo.
L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva in questa sede di
legittimità. Il collegio ha deliberato di adottare la sentenza con motivazione in forma
semplificata.
Considerato in diritto

1. – Con il motivo dedotto il ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001 per
avere la Corte di appello di Campobasso erroneamente dichiarato che egli, in quanto
ricorrente, non aveva dimostrato di aver depositato il ricorso introduttivo nel termine
fissato dalla suddetta norma, benché il rispetto di tale termine emergesse dalla
documentazione che lo stesso ricorrente aveva allegato al ricorso medesimo.

2

depositato in data 31 agosto 2011, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi

2. Rileva il collegio che il predetto è fondato e deve essere accolto nei termini che
seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa

della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, In tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge
(art. 2, comma secondo, legge n. 89 del 2001) affida l’accertamento in concreto della
violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e
dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di
questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta
poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla
parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia
stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello
processuale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4,
legge cit.) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di
informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata
all’istanza di parte. Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali
poteri, potendo attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può
ascrivere alla parte un’asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei
poteri di iniziativa d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte

– 3 –

riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto

ricorrente di acquisire, ai sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001,
gli atti del processo presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in
ordine alle cause della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte
(cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i

domanda di equa riparazione, per avvenuto decorso del termine decadenziale di cui
all’art. 4 della legge n. 89 del 2001 con riferimento all’individuazione del momento in
cui è passata in giudicato la sentenza del processo presupposto, grava sulla parte
che sollevi la relativa eccezione.
Peraltro, nella specie, si deve considerare che, al momento del deposito del ricorso
per equa riparazione (avvenuto il 31 agosto 2011), il termine semestrale di
decadenza – previsto dall’art. 4 della legge n. 89 del 2001 – non era ancora decorso,
dovendosi computare il dies a quo di decorrenza di detto termine dall’eventuale
passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado (con riferimento al disposto
dell’art. 585 c.p.p.) emessa il 12 maggio 2011 (come debitamente prodotta), non
potendo avere rilevanza la mancata allegazione dell’annotazione che detta sentenza
fosse stata impugnata o della sua data di intervenuta irrevocabilità, in difetto della
prova della necessità di far decorrere il precisato termine semestrale da una diversa
data (il cui onere gravava, in ogni caso, sul convenuto Ministero: cfr. Cass. n. 13752
del 2011, ord., cit.).
Di conseguenza, la Corte di merito non avrebbe potuto, nel caso di specie, rilevare la
decadenza dall’azione poiché il ricorso era stato proposto antecedentemente al
decorso dei sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di appello del
procedimento presupposto (o, in ogni caso, in pendenza dell’eventuale ricorso per
cassazione) senza che l’Amministrazione resistente avesse provato idoneamente
– 4 –

fatti allegati dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività della

una diversa ricostruzione del “dies a quo” previsto dall’art. 4 della legge n. 89 del
2001.
3. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione del
decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Campobasso, in

merito del ricorso per equa riparazione (valutando tutte le condizioni previste dall’art.
2 della legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese del presente giudizio di
legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese
del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa
composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

diversa composizione, che si atterrà agli enunciati principi di diritto e pronuncerà sul

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