Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3569 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2017, (ud. 14/10/2016, dep.10/02/2017),  n. 3569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilia – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22678-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DOX AL ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARONCINI 51, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE PERSICO, che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 71/2011 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA,

depositata l’08/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato PERSICO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del 1 motivo

di ricorso e l’inammissibilità nel resto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società verificata Dox-Al Italia spa un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 1999, con il quale determinava le maggiori imposte Irpeg, Irap ed Iva per complessivi Euro 1.123.617 dovute per operazioni parzialmente inesistenti, avendo rilevato l’interposizione fittizia della società Agromaster srl tra la società Dox-Al Italia e società non residenti, con conseguenti costi indeducibili in quanto non inerenti o non di competenza; applicava sanzioni di pari importo.

La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che annullava l’atto impugnato con sentenza del 14.6.2005, accogliendo la preliminare eccezione di nullità dell’avviso perchè la verifica aveva avuto una durata superiore al termine di trenta giorni (prorogabili per una volta) previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, accolto dalla Commissione tributaria regionale di Milano con sentenza del 22.12.2006.

Avverso la sentenza di appello la società proponeva ricorso per cassazione, accolto da questa Corte con sentenza n. 26689 del 2009 che cassava la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio. Il giudice di legittimità riteneva fondato il primo motivo di ricorso relativo al vizio di extrapetizione in quanto la Commissione tributaria regionale, anzichè pronunciarsi sulla dedotta violazione del termine di durata della verifica fiscale previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5 si era pronunciata in ordine alla sussistenza della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 relativo all’osservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emissione dell’atto impositivo, questione non dedotta dalla ricorrente e non esaminata dal giudice di primo grado.

La società riassumeva la causa davanti alla Commissione tributaria regionale di Milano che con sentenza del 8.7.2011 accoglieva parzialmente l’appello dell’Ufficio. In particolare il giudice di appello rigettava l’eccezione di inammissibilità del ricorso in riassunzione per tardività del precedente ricorso per cassazione; riteneva la natura perentoria del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5 per la permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, con conseguente inutilizzabilità delle prove raccolte oltre la scadenza del termine di trenta giorni decorrente dal 8.2.2001, data di inizio della verifica, dovendosi ritenere irrilevante il provvedimento di proroga poichè intervenuto soltanto in data 19.4.2001, dopo la scadenza del termine iniziale di trenta giorni. Pertanto confermava le riprese effettuate sulla base dei dati acquisiti prima della scadenza del termine di durata della verifica, ad eccezione dell’importo di Lire 34.039.408; annullava nel resto l’avviso di accertamento.

Avverso la sentenza emessa nel giudizio di rinvio l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di ricorso.

La società resiste con controricorso, chiedendo di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso. Deposita memoria con la quale eccepisce il giudicato esterno rinveniente dalla allegata sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano n. 106 del 12.10.2007, irrevocabile, che, nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento Iva 2000, ha affermato la nullità del verbale di verifica della Guardia di Finanza per inosservanza del termine massimo di permanenza dei verificatori nei locali della società; richiama la sentenza della Corte di cassazione n. 18394 del 2015 che, in altro procedimento, ha già ritenuto la sussistenza del giudicato in oggetto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Primo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 325 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo alla denunciata tardività del ricorso per cassazione quale causa ostativa alla instaurazione del giudizio di rinvio.

Il motivo è inammissibile perchè si limita a riproporre l’eccezione già dedotta nel giudizio di appello, senza svolgere alcuna censura in ordine alla motivazione in diritto contenuta nella sentenza impugnata che quella eccezione ha rigettato.

2. Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto la natura perentoria del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5.

3. Terzo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto l’inutilizzabilità delle prove acquisite oltre il termine di trenta giorni di durata della verifica.

La trattazione congiunta del secondo e terzo motivo richiede il preliminare esame della eccezione circa la sussistenza del giudicato esterno. E’ documentato in atti che la Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 106 del 1.2.2008, passata in giudicato per mancata impugnazione, intercorsa tra le stesse parti ed avente ad oggetto l’avviso di accertamento sanzioni Iva anno 2000, con riferimento alla medesima verifica effettuata dalla Guardia di Finanza nei locali della Dox-Al Italia spa a decorrere dal 8.2.2001, ha stabilito la nullità della verifica, del relativo processo verbale di constatazione (e del conseguente atto impositivo), per violazione del termine di permanenza dei verificatori presso la sede della contribuente stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5. Vi è evidenza cartolare che la verifica dichiarata nulla con la sentenza in oggetto è la medesima dalla quale è scaturito anche l’avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap anno 1999 oggetto del presente giudizio.

In tema di efficacia esterna del giudicato in materia tributaria questa Corte ha stabilito che, ferma restando la regola della autonomia di ciascun periodo di imposta, la sentenza del giudice tributario che accerta il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta può riflettersi con efficacia di giudicato nei giudizi, fra le stesse parti, relativi ad imposte dovute per gli anni successivi, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente; pertanto il principio della autonomia di ciascun periodo di imposta non vale ad escludere, in maniera assoluta, che l’accertamento giudiziale relativa ad un singolo periodo possa implicare l’accertamento di una questione capace di riflettersi, con forza di giudicato, nel giudizio relativo all’obbligazione sorta in un periodo d’imposta diverso. (Sez. 5, Sentenza n. 13498 del 01/07/2015, Rv. 635809; Sez. 5, Sentenza n. 6953 del 08/04/2015, Rv. 635195). Ancora più specificamente, questa Corte ha affermato la sussistenza dell’efficacia esterna del giudicato qualora il giudice tributario accerti che l’avviso di accertamento delle imposte dirette relative ad un determinato periodo d’imposta, scaturito dalla medesima attività di indagine della Guardia di finanza da cui abbia tratto origine anche l’avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta successivo, oggetto del giudizio in corso, sia stato annullato, con sentenza passata in giudicato, non soltanto per vizi propri di quell’atto di accertamento, ma anche per vizi riferibili alla ritenuta illegittimità della stessa attività investigativa della Guardia di finanza, costituente presupposto comune di entrambi gli accertamenti. In tal caso il giudicato formatosi sulla illegittimità dell’attività svolta dalla Guardia di finanza non può non spiegare i suoi effetti nelle controversie insorte tra le stesse parti in relazione ad accertamenti, riferiti a periodi d’imposta diversi, scaturiti dalla medesima attività di indagine. (Sez. 5, Sentenza n. 22036 del 13/10/2006, Rv. 595459).

Occorre ulteriormente precisare che il giudicato esterno, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. (Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006, Rv. 589695); in quanto regola iuris del caso concreto, esso è vincolante anche nell’ipotesi in cui la soluzione interpretativa adottata nella sentenza passata in giudicato non sia condivisa dal giudice investito del giudizio nel cui ambito si esplica l’efficacia del giudicato esterno (Cass. Sez. 5 n. 18394 del 2015).

Pertanto l’illegittimità della verifica per superamento del termine di permanenza presso i locali della società verificata, affermato con sentenza passata in giudicato relativamente all’anno di imposta 2000, esplica i propri effetti anche nel presente giudizio relativo all’anno di imposta 1999, ma limitatamente alle imposte dirette Irpeg ed Irap e prescindendo dalla condivisione della tesi giuridica affermata con la sentenza passata in giudicato.

Con riferimento all’Iva del medesimo anno di imposta 1999, l’efficacia espansiva del giudicato è invece preclusa dal diverso principio secondo cui le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c., e dalla sua eventuale proiezione oltre il periodo di imposta, che ne costituisce specifico oggetto, atteso che, secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08, la certezza del diritto non può tradursi in una violazione dell’effettività del diritto eurounitario. (Sez. 5, Sentenza n. 8855 del 04/05/2016, Rv. 639650).

L’assenza di efficacia esterna del giudicato, limitatamente all’Iva, consente di procedere all’esame del secondo e terzo motivo di ricorso con riguardo al “tributo armonizzato”. I motivi sono fondati. In tema di verifiche tributarie, questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, nè l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore e dovendosi applicare anche agli atti tributari il principio di tassatività delle ipotesi di nullità degli atti amministrativi previsto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 septies. (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 7584 del 15/04/2015, Sez. 5, Sentenza n. 16323 del 17/07/2014; Sez. 5, Sentenza n. 17002 del 05/10/2012).

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata nella parte in cui non ha ritenuto l’integrale utilizzabilità degli atti della verifica tributaria ai fini dell’accertamento dell’Iva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Le spese del giudizio di legittimità saranno regolate all’esito del giudizio di rinvio.

PQM

Accoglie parzialmente il secondo ed il terzo motivo di ricorso nei termini indicati in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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