Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3567 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.r.l. BRUNA CARNI (già s.n.c. BRUNA CARNI di Cardoncello Mario

&

C.), con sede in (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata (giusta “memoria in sostituzione” notificata all’Agenzia

il 17 aprile 2009 e depositata il 30 aprile 2009) in Roma alla Via

Silla n. 2/a presso l’avv. Perreca Emiddio insieme con l’avv. Gennaro

di MAGGIO che la rappresenta e difende in forza della procura

speciale rilasciata con atto autenticato nella firma il 30 marzo 2009

in Boscotrecase dal notaio Plinio Varcaccio Garofalo;

– ricorrente –

contro

(1) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

(2) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 182/33/06 depositata il 11 dicembre 2006 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Campania;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 gennaio 2010

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Gennaro di MAGGIO,

per la società, e dall’avv. Diana RANUCCI (dell’Avvocatura Generale

dello Stato), per le amministrazioni pubbliche;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. SEPE

Ennio Attilio, il quale ha concluso per la declaratoria di

inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato al MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE ed all’AGENZIA delle ENTRATE il 24 gennaio 2008 (depositato il giorno 11 febbraio 2008), la s.r.l. BRUNA CARNI (già s.n.c. BRUNA CARNI di Cardoncello Mario & C.) – premesso che l’Ufficio, esplicitamente affermando in base alle risultanze di un PVC della Guardia di Finanza del 30 giugno 1998 di non “dover” prendere in considerazione “le rimanenze rinvenute in altro deposito … perchè, a parere degli accertatori, non … “dichiarato” ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35″, aveva notificato ad essa un “avviso di rettifica parziale … per l’anno d’imposta 1998” nel quale assumeva una “presunta omessa fatturazione di merce venduta” (“con IVA al 10%”) -, in forza di due motivi, chiedeva di cassare (con “ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese”), la sentenza n. 182/33/06 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il giorno 11 dicembre 2006) che aveva recepito l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (177/03/05) della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli la quale aveva accolto il suo ricorso “ritenendo” (a) che “le rimanenze invendute andassero tutte incluse nel conteggio” e (b) che l’Ufficio aveva “acriticamente accolto e fatto proprie le risultanze del processo verbale” della Guardia di Finanza.

Nel controricorso notificato il 7 marzo 2008 (depositato il 21 marzo 2008) l’Agenzia intimata instava per la reiezione del ricorso e la refusione delle spese processuali.

Il Ministero non svolgeva attività difensiva.

Il 7 gennaio 2001 la società depositava “memoria di costituzione” di nuovo difensore, in sostituzione del precedente; il 12 gennaio 2010 la stessa società depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

A. Allo stesso, siccome relativo a sentenza depositata il 19 ottobre 2006, quindi dopo il 2 marzo 2006, si applica (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2) l’art. 366 bis c.p.c. (inserito dallo stesso D.Lgs. n. 40, art. 6) per il quale:

(1) “nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto” mentre:

(2) “nei caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità” a) “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria” o (b) “le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

A.1. In ordine alla prima parte di tale disposizione, le sezioni unite di questa Corte (sentenze 25 novembre 2008 n. 28054 che ricorda “Cass., sez. un., 9 luglio 2008, n. 18759; 14 febbraio 2008, n. 3519”) e 19 agosto 2009 nn. 18360-18367, tra le recenti) hanno già chiarito che il “quesito” imposto dalla stessa “deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte” e deve essere formulato in modo da porre il giudice di legittimità in condizione di “rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata”: questa Corte, quindi, “deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamene compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare”; “l’ammissibilità” del primo motivo di ricorso, fondato su violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3), pertanto, “è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione”.

A.2. Sulla seconda parte dello stesso art. 366 bis c.p.c., poi, va ribadito (Cass., 1, 20 ottobre 2008 n. 25452, la quale menziona “sezioni unite, sent. n. 20603 del 2007”) che – contrariamente a quanto sostenuto nella discussione orale dalla (difesa della) ricorrente – anche ogni censura di “omessa, insufficiente o contraddicono motivazione” (art. 360 c.p.c., n. 5) della sentenza impugnata deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.

B. L’applicazione dei richiamati principi giuridici ai due motivi di doglianza contenuti nel ricorso “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55” (i “verificatori hanno, seppur indirettamente, escluso l’inattendibilità delle scritture contabili, ravvisando ed evidenziando … semplicemente la mancata annotazione del corrispettivo espresso anche in valuta estera”; “nel caso, non ricorre alcuna delle ipotesi previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54”); “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”; quindi vizi riconducibili, rispettivamente, alle previsione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 evidenzia l’inammissibilità di entrambi perchè gli stessi mancano, materialmente, l’uno del “quesito di diritto” previsto dalla prima parte dell’art. 366 bis c.p.c. e l’altro del pur esso necessario “momento di sintesi (omologo del quesito di diritto)” richiesto dalla seconda parte dello stesso art. 366 bis c.p.c..

C. Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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