Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3567 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3567 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

sentenza con motivazione
semplificata

RAMACIERI Pasquale (RMC PQQL 52R20 B858X), D’AVERSA Libera
(DVR LBR 51H44 B544F), NIRO Mario (NRI MRA 45L15 A616J),
DAMIANO Annunziato (DMN NNZ 44C26 C486K), NARDONE Teresa
Filomena (NDR TSF 49D45 C486A), TAMBURRO Franco (TMB FNC
67M19 A616J), MOFFA Antonio (MIFF NTN 54E01 H273Y), MOFFA
Nicola (MFF NCL 49M06 H273M), CIOCCA Antonio (CCC NTN
29M20 H273J), BERNARDO Antonio (BRN NTN 41D17 C854R),
DAMIANO Luigina (DMN LGN 43A61 C486B), ROSA Antonio (RSO
NTN 72R13 E456P) e ROSA Mauro, gli ultimi tre nella
qualità di eredi di Rosa Gennaro, rappresentati e difesi,
per procura speciale in calce al ricorso, dagli Avvocati

Data pubblicazione: 14/02/2014

Ennio Cerio e Giovanni Romano, elettivamente domiciliati
presso lo studio del secondo in Roma, via Valadier n. 43;
– ricorrenti contro

Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Bari
depositato in data 11 settembre 2012,
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Giovanni Romano;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 17

novembre 2011 presso la Corte d’appello di Bari, Ramacieri
Pasquale, D’Aversa Libera, Niro Mario, Damiano Annunziato,
Nardone Teresa Filomena, Tamburro Franco, Moffa Antonio,
Moffa Nicola, Ciocca Antonio, Bernardo Antonio, Damiano
Luigina, Rosa Antonio e Rosa Mauro, gli ultimi tre nella

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

qualità di eredi di Rosa Gennaro, chiedevano la condanna
del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento
del danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole
durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR per il

pendente alla data di proposizione della domanda;
che l’adita Corte d’appello, stimata come ragionevole
la durata di tre anni, riteneva che il giudizio
presupposto, conclusosi con sentenza depositata il 16
novembre 2011, avesse avuto una durata irragionevole di
undici anni, dieci mesi e quattordici giorni;
che, quanto all’indennizzo, la Corte d’appello
rilevava che, applicandosi i criteri ordinari, ai
ricorrenti sarebbe spettato un indennizzo di 11.000,00
euro;
che, tuttavia, dovendosi ricondurre il promovimento
del giudizio presupposto a soggetti in analogia di
interessi, la sofferenza patita, pur non costituendo un
unicum,

andava attribuita a ciascuno nella misura di euro

5.500,00, pari alla metà della predetta somma, con la
precisazione che, quanto agli eredi di Rosa Gennaro, la
predetta somma andava ripartita secondo le regole della
successione ereditaria;

3

Molise, con ricorso depositato il 2 gennaio 1997, ancora

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti
in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di
un unico articolato motivo;
che l’intimato Ministero non ha resistito con

fini della partecipazione alla discussione della causa.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2
della legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6, par. l, e 41
della CEDU, si dolgono della esiguità della liquidazione
dell’indennizzo, rilevando che non sussistevano, nel caso
di specie, indici di un loro disinteresse alla rapida
definizione della controversia, avendo depositato diverse
istanze di fissazione di udienza;
che il ricorso è fondato nei limiti di seguito
indicati;
che certamente colgono nel segno le censure dei
ricorrenti laddove censurano la motivazione del decreto
impugnato con la quale è stata giustificata la riduzione
della liquidazione dell’indennizzo;
che,

invero,

la natura

“collettiva”

di una

controversia è circostanza in sé priva, sul piano logico,

controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai

di alcun valore ai fini della esclusione della sofferenza
morale prodotta nelle parti dall’eccessivo protrarsi del
processo (Cass. n. 9337 del 2008; Cass. n. 8179 del 2010);
che, quindi, il decreto impugnato deve essere cassato,
ratio decidendi

dell’impugnata decisione;
che, essendosi ravvisato un vizio di motivazione in
ordine alle ragioni in base alle quali la Corte d’appello
ha adottato un criterio riduttivo per la determinazione
dell’indennizzo, la cassazione deve essere disposta con
rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa
composizione, perché proceda a nuova valutazione sul
punto;
che al giudice del rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto
impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 16
gennaio 2044.

atteso che solo questa costituisce la

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