Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3564 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 10/02/2017, (ud. 29/04/2016, dep.10/02/2017),  n. 3564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14663/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 39/2010 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 15/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che, ritenuto ammissibile e fondato l’appello promosso da C.N. con atto notificato il 19 ottobre 2006, ha affermato, in riforma della sentenza di primo grado, depositata l’11 luglio 2005, l’illegittimità del silenzio-rifiuto opposto dall’Ufficio sull’istanza di rimborso proposta dal contribuente in relazione all’Irap versata per gli anni d’imposta 1998-2000.

Con l’unico motivo di ricorso l’amministrazione, deducendo “Error in procedendo: violazione della L. n. 742 del 1969, art. 1, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, censura la sentenza impugnata per aver essa fatto malgoverno delle norme concernenti le modalità di computo del termine d’impugnazione, così omettendo di rilevare l’inammissibilità dell’appello in quando tardivamente proposto.

L’intimato non ha svolto attività.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Secondo risalente e mai smentita giurisprudenza di questa Corte, il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza, previsto per l’impugnazione di una decisione non notificata dall’art. 327 c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla novellazione per effetto della L. n. 69 del 2009), è soggetto, a norma della L. n. 742 del 1969, alla sospensione di diritto nel periodo feriale dal 1 agosto al 15 settembre (46 giorni); e tale sospensione opera due volte, nell’ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine annuale non sia decorso interamente al sopraggiungere del successivo periodo (cfr. Cass. n. 20817 del 2009, n. 2978 del 1998).

In base all’indicato criterio, nel caso di specie, posto che la sentenza impugnata risulta depositata l’11 luglio 2005, il termine lungo ex art. 327 c.p.c. – andando a cadere (computato il periodo di sospensione feriale dei termini processuali relativo all’anno 2005) nel corso (il 26 agosto) del periodo di sospensione feriale dei termini processuali relativo all’anno 2006 – comportava l’applicazione dell’ulteriore periodo di sospensione, venendo, così, a scadenza l’11 ottobre 2006: data rispetto alla quale, l’appello del contribuente, notificato il 19 ottobre 2006, si rivela irrimediabilmente tardivo.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, u.p..

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre possono essere compensate fra le parti le spese per i gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese di appello e condanna il contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 900, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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