Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3560 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 16/02/2010), n.3560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

TNT Global Express s.p.a., con sede in (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante dott.ssa P.S.,

rappresentata e difesa per procura speciale atto notar dott.

Benvenuto Gamba del Collegio notarile di Torino, rep. N. 170319 del

18.1.07, dall’Avvocato Prof. D’Ayala Valva Francesco, elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Roma, viale Parioli n. 43;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 150/3/05 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 20.10.2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

gennaio 2010 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FUZIO Riccardo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato a mezzo posta il. 11.12.2006, l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 150/3/05 del 20.10.2005 con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva confermato la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso della TNT Traco s.p.a. per l’annullamento dell’avviso di accertamento che, per l’esercizio dal 1.7.1996 al 30.6.1997, le aveva contestato una maggiore imposta irpeg ed ilor, ascrivendole il reddito della società Traspex Sud s.r.l., esentata dall’assolvimento delle imposte, sulla base della considerazione che quest’ultima, la quale svolgeva su incarico della ricorrente il servizio di spedizione e di recapito posta, facesse parte della sua organizzazione imprenditoriale, per essere il contratto di appalto intercorso tra le parti simulato e predisposto al fine di eludere i tributi. In particolare, il giudice di secondo grado aveva motivato la propria decisione di rigetto dell’appello osservando che l’Amministrazione non aveva fornito prova della simulazione del contratto, non apparendo decisive a tal fine le clausole negoziali che sottoponevano l’esecutrice del servizio a controllo della committente, trovando esse spiegazione nella necessità di quest’ultima di evitare sottrazioni di clientela e che, comunque, a mente della risoluzione ministeriale n. 162 del 2001 la costituzione da parte del medesimo gruppo industriale di nuove società nel Mezzogiorno al fine di fruire di agevolazioni fiscali non integrava un’operazione elusiva d’imposta.

La TNT Global Bxpress s.p.a., già TNT Traco, si è costituita con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di giudicato che la società resistente ha sollevato nella propria memoria sulla base del rilievo che la pretesa fiscale oggetto del presente giudizio è stata, sia pure con riferimento ad un periodo di imposta diverso (anno 1998), definitivamente dichiarata infondata dalla stessa Commissione tributaria regionale della Lombardia con la sentenza n. 36/49/07, che aveva respinto l’appello dell’Ufficio finanziario e non è stata investita, sul punto, da ricorso per cassazione. Trattasi, ad avviso della contribuente, della medesima pretesa fiscale, atteso che in entrambi i casi gli avvisi di accertamento muovono dallo stesso verbale di constatazione della Guardia di Finanza e, oltre ad essere riferiti alle stesse imposte, appaiono motivati in forza delle stesse circostanze di fatto e di diritto.

L’eccezione è infondata.

Costituisce principio di diritto vivente che l’estensione del giudicato ad una determinata controversia, ammessa anche nel processo tributario ed in relazione a periodi di imposta diversi, richieda la duplice condizione della identità delle parti e della comunanza della questione sub iudicio con quella già decisa con la sentenza passata in giudicato. Nel caso di specie non è dato rinvenire quest’ultimo presupposto. Dalla lettura della invocata sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 36/49/07 emerge, infatti, che l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo al rapporto tra la TNT Traco e la Traspex Sud s.r.l. è stato disposto non già in ragione della insussistenza dei fatti contestati (pronuncia che avrebbe potuto giovare alla contribuente nel presente giudizio), bensì in ragione di un vizio del procedimento amministrativo, in quanto – si legge – “l’avviso di accertamento è stato emesso senza avere sentito le giustificazioni del contribuente in violazione, quindi, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 4, il quale testualmente recita l’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità. previa richiesta al contribuente … di chiarimenti …”.

Vero è che l’invocata sentenza a tale rilievo aggiunge anche la seguente considerazione: “Convincono, peraltro, le argomentazioni volte ad allontanare sospetti che l’appalto di servizio esistente tra le due società abbia avuto lo scopo di maggiorare i costi della TNT TRACO s.p.a. per conseguire redditi esenti in capo alla TRASPEX SUD s.r.l., fruendo quest’ultima dell’agevolazione prevista per le società operanti nel Mezzogiorno”, precisando, altresì, che i bilanci della contribuente erano in perdita, il che non avrebbe reso utile la simulazione del rapporto. Si tratta, tuttavia di considerazioni che, anche per il loro carattere puramente assertivo, una volta poste a raffronto con la ratio decidendi precedentemente accolta, di per sè impeditiva di ogni esame in ordine alla reale consistenza dei rapporti tra le due società, appaiono in realtà, nel contesto della decisione, prive di autonoma forza argomentativa, in grado, come tale, di caratterizzare un accertamento in senso proprio, suscettibile di essere fatto valere in altre situazioni. La lettura della sentenza de qua, in altre parole, non sembra lasciare dubbio sul fatto che l’annullamento dell’avviso impugnato è stato da essa disposto per la violazione dell’art. 37 bis, comma 4 citato e non già per insussistenza dei fatti posti a base della pretesa fiscale. L’efficacia del giudicato nella presente controversia va pertanto esclusa in quanto la relativa decisione si fonda su una causa specifica e propria dell’atto impositivo da essa annullato, del tutto autonoma rispetto al thema decidendum della presente controversia, l’eccezione va quindi respinta.

L’unico, articolato motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, dell’art. 2700 cod. civ., nonchè degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., ed omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Con esso la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere trascurato, nella ricostruzione del rapporto tra la contribuente e la Traspex Sud, i dati ed elementi di fatto risultanti dal verbale di constatazione e dall’avviso di accertamento opposto, in particolare con riferimento ai ristretti margini di autonomia riservati dal contratto alla appaltatrice ed all’interesse fiscale sottostante alla disarticolazione della contribuente, che rivelavano chiaramente la natura simulatoria del contratto di appalto e che la sua predisposizione era unicamente finalizzata a consentire alla ricorrente di usufruire di redditi esenti da imposta. L’omessa considerazione del verbale si è tradotta, a giudizio della ricorrente, anche nella violazione dell’art. 2700 cod. civ., atteso che tale documento è assistito da fede privilegiata quanto ai fatti in esso descritti. Si assume, inoltre, che il giudice a qua ha dato rilievo a fatti irrilevanti, laddove ha affermato che la presenza di forti perdite da parte della società avrebbero reso inutile il raggiro, senza considerare la possibilità di riporto delle perdite medesime negli esercizi successivi. Così operando la Commissione regionale è anche incorsa, ad avviso del ricorso, in violazione e falsa applicazione della disposizione di legge che consente all’Ufficio di imputare al contribuente redditi di cui altri risultano titolari quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni, che egli ne è l’effettivo possessore.

Il motivo è in larga parte inammissibile e, per il resto, infondato.

Inammissibili, in particolare, appaiono le argomentazioni del ricorso che tendono ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dal giudice di merito. E’ noto, per contro, che nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.

Sotto altro profilo, il motivo è inammissibile in quanto formulato in modo non autosufficiente. Questa Corte ha invero già avuto modo di chiarire che il ricorrente per cassazione, qualora denunzi resistenza di vizi della sentenza correlati all’omessa valutazione di documenti, ha l’onere di dimostrare la sussistenza di un nesso eziologico tra l’errore denunziato e la pronuncia emessa e, a tal fine, deve indicare nel ricorso, anche mediante la loro integrale trascrizione, le circostanze concrete che formavano oggetto dei capitoli di prova o il contenuto esatto del documento trascurato;

ciò al fine di porre in grado il giudice di legittimità di verificare la validità e decisività delle disattese deduzioni di prova sulla base del solo ricorso per cassazione, stante il principio di autosufficienza di tale atto di impugnazione, senza che si rendano necessarie indagini integrative o che possa svolgere funzione sostitutiva il richiamo “per relationem ” ad atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (Cass. n. 11501 del 2006). Nel caso di specie, il ricorso non riproduce i passi del processo verbale di constatazione da cui emergerebbero gli elementi di fatto che assume trascurati dal giudice di merito e ciò impedisce a questa Corte di valutare la stessa rilevanza e decisività del vizio denunziato. in tali rilievi rimane assorbita anche la dedotta violazione dell’art. 2700 cod. civ..

La censura che lamenta la disapplicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, è invece inammissibile in quanto motivata unicamente in ragione dell’errata valutazione dei fatti, senza indicazione specifica delle ragioni in forza delle quali le affermazioni di diritto contenute nella sentenza impugnata sarebbero contrarie alle norme regolatoci della fattispecie. La censura di vizio di motivazione, infine, è inammissibile in quanto non appare articolata ed argomentata in modo specifico, se non con riferimento all’argomentazione del giudicante relativa a fatto che la presenza di perdite della contribuente nel periodo considerato, rendendo di fatto inutile la simulazione del rapporto di appalto, costituirebbe indizio della sua effettività. La doglianza sul punto dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui la presenza di perdite sarebbe di se circostanza ininfluente ai fini della ricostruzione del rapporto tra le due società, dal momento che esse possono essere riportate e quindi valere negli esercizi successivi, appare fondata, ma di per se insufficiente a portare alla cassazione della sentenza. La considerazione censurata costituisce, infatti, non già la ratio decidendi ma una mera argomentazione ulteriore a sostegno dell’impianto motivazionale della decisione, il quale trova il suo momento centrale nell’affermazione, di per sè autonoma ed in grado, da sola, di sorreggere la decisione impugnata, secondo cui nella specie l’Ufficio finanziario non aveva fornito alcun elemento di prova della simulazione de rapporto con la Traspex Sud, prova che, come chiaramente emerge dalla lettura del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, grava sull’Amministrazione.

Il vizio motivazionale denunziato non coglie, pertanto, un punto decisivo della controversia.

Il ricorso va pertanto respinto. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 6.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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