Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3560 del 14/02/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3560 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO
SENTENZA
sentenza con motivazione
seniplificata
sul ricorso proposto da:
BORSOTTI Fulvio (BRS FLV 50B05 F205E), rappresentato
e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Claudio Defilippi, elettivamente domiciliato
in Roma, via degli Scipioni n. 132, presso lo studio
dell’avvocato Claudio Federico;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
pro
tempore;
– intimato –
– 1 –
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Data pubblicazione: 14/02/2014
avverso il decreto della Corte d’appello di Brescia
depositato in data 19 giugno 2012.(e,tfA.36/4 9 _
Udita
la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
sentito
il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto il
rigetto del ricorso.
Ritenuto
che, con ricorso depositato in data 31
gennaio 2012 presso la Corte d’appello di Brescia,
Borsotti Fulvio chiedeva la condanna del Ministero della
giustizia all’equa riparazione di cui alla legge n. 89 del
2001, lamentando la irragionevole durata di un giudizio
civile iniziato dinnanzi al Tribunale di Milano con
citazione notificata il 21 novembre 2005, deciso in primo
grado con sentenza di quel Tribunale in data 24 novembre
2009 e ancora pendente in appello alla data della domanda;
che la Corte d’appello di Brescia rigettava la domanda
ritenendo che la durata complessiva del giudizio
presupposto non fosse stata irragionevole, considerato che
alla iniziale citazione, con la quale era stata fissata
l’udienza del 20 aprile 2006, avevano fatto seguito due
rinvii sino all’udienza del 3 maggio 2007, disposti su
istanza del ricorrente che chiedeva di poter integrare la
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Stefano Petitti;
notificazione, e che quindi la decorrenza della durata del
giudizio imputabile all’amministrazione non poteva essere
identificata altro che con la detta data del 3 maggio
2007; data rispetto alla quale il giudizio di primo grado
che quanto al giudizio di appello, iniziato con
citazione notificata il 10 gennaio 2011, la Corte
d’appello rilevava che, alla data di proposizione della
domanda di equa riparazione non era ancora stata tenuta la
prima udienza, avendo il ricorrente chiesto anche in tale
grado un rinvio per completare la notifica, sicché lo
stesso non aveva ancora superato la soglia di durata
ragionevole dei due anni;
che conclusivamente la Corte d’appello rigettava la
domanda e condannava il ricorrente non solo al pagamento
delle spese ma anche al pagamento di una somma ulteriore a
titolo di responsabilità aggravata;
che per la cassazione di questo decreto Barone
Francesco ha proposto ricorso sulla base di due motivi;
che l’intimata amministrazione non ha svolto difese.
Considerato
che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
aveva avuto una durata ragionevole;
che con il primo motivo di ricorso il ricorrente
denuncia, ai sensi dell’art.360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e
dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti
Corte europea, quanto alla determinazione della durata del
giudizio presupposto, dolendosi che la Corte d’appello
abbia computato la durata del giudizio presupposto solo a
far data dall’udienza del 3 maggio 2007 e che abbia
addebitato al ricorrente l’utilizzazione di tutti
termini previsti dal codice di rito pur essendo il detto
procedimento un giudizio contumaciale, così finendo per
addebitare alla parte i tempi occorrenti all’esercizio del
diritto di difesa;
che con il secondo motivo il ricorrente deduce
violazione dell’art. 2, comma l, della legge n. 89 del
2001, dolendosi della condanna per responsabilità
aggravata, che sarebbe stata disposta in violazione della
citata disposizione, da interpretarsi e applicarsi secondo
le indicazioni offerte dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, che non consentirebbe la
condanna alle spese;
che il ricorso è inammissibile;
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dell’uomo, come interpretati dalla giurisprudenza della
che, invero, lo stesso è stato notificato a mezzo
posta ma non risulta prodotto l’avviso di ricevimento
dell’avvenuta notificazione all’Avvocatura generale dello
Stato;
produzione dell’avviso di ricevimento del piego
raccomandato contenente la copia del ricorso per
cassazione spedita per la notificazione a mezzo del
servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o
della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà
notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle
formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta
dalla legge
esclusivamente in funzione della prova
dell’avvenuto
perfezionamento
del
procedimento
notificatorio e,
dunque, dell’avvenuta instaurazione del
contraddittorio.
Ne consegue che l’avviso non allegato al
ricorso e non depositato successivamente può essere
prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art.
379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la
relazione prevista dal primo comma della citata
disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in
camera di consiglio di cui all’art. 380-bis cod. proc.
civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre
parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc.
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che trova quindi applicazione il principio per cui «la
civ. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di
ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte
dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile,
non essendo consentita la concessione di un termine per il
rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291
cod. proc. civ.; tuttavia, il difensore del ricorrente
presente in udienza o all’adunanza della corte in camera
di consiglio può domandare di essere rimesso in termini,
ai sensi dell’art. 184-bis cod. proc. civ., per il
deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto,
offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente
attivato nel richiedere all’amministrazione postale un
duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto
dall’art. 6, primo comma, della legge n. 890 del 1982»
(Cass., S.U., n. 627 del 2008);
che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, non
avendo il ricorrente prodotto l’avviso di ricevimento, né
chiesto un termine a tal fine;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese del
presente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
deposito e non ricorrendo i presupposti per la
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di cassazione, il 16
gennaio 2044.