Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3556 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3556 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 8623-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
INGROSSO FRANCESCO;
– intimato

avverso la sentenza n. 266/2012 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 28/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 25/01/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA.

Data pubblicazione: 14/02/2018

Rilevato che:
§ 1. L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione
della sentenza n. 266/48/12 del 28 settembre 2012 con la quale la
commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima
decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata a
Francesco Ingrosso – in recupero di maggiore imposta di registro ed
ipotecaria – relativamente all’atto notarile 6 aprile 2006, con il quale

La commissione tributaria regionale, in particolare: – ha implicitamente
rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo proposto
dall’agenzia delle entrate (già accolta dal primo giudice), per non avere il
contribuente impugnato l’atto prodromico alla cartella, costituito dall’avviso
di rettifica e liquidazione; – ha ritenuto eccessivo il valore venale del
terreno accertato dall’ufficio, risultando invece congruo il valore indicato
nell’atto di compravendita.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede,
dall’Ingrosso.
§ 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio. Per avere la commissione tributaria
regionale accolto nel merito l’appello dell’Ingrosso; rigettando, senza
motivazione alcuna, la propria eccezione di inammissibilità del ricorso
introduttivo, perché proposto contro una cartella che era stata preceduta
da avviso di rettifica e liquidazione regolarmente notificato al contribuente,
e da questi non impugnato.
§ 2.2 Il motivo deve essere accolto.
Va premesso che il vizio con esso denunciato deve trovare
inquadramento nella nuova disciplina dell’ art.360, 1″ co. n. 5
cod.proc.civ., come introdotta dal d.l. 83/12 convertito con modificazioni
nella legge 134/12 (sentenza di appello pubblicata dopo l’il settembre
2012); disciplina in base alla quale la sentenza può essere impugnata, in
sede di legittimità, non più per “omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia”

(previgente

formulazione del n. 5 dell’articolo 360 in esame), bensì nei più ristretti

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Ric.n. 8623/13 rg. – Adunanza in cam.cons. del 25 gennaio 2018

quest’ultimo aveva acquistato un terreno.

limiti dell’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti”.
In ordine a tale nuova formulazione – applicabile anche al ricorso per
cassazione proposto avverso sentenze del giudice tributario – si è affermato
(Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014) che: “la riformulazione dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22
giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere

preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di
legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo
l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata,
a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si
esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente
incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
‘sufficienza’ della motivazione” (così, in seguito, Cass. n. 12928/14; Cass.
ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15 ed altre).
Secondo l’interpretazione così datane, l’intervento legislativo di riforma si
è dunque mosso lungo le seguenti direttrici: – riconduzione di tale vizio al
‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione, nel
senso che è rilevante solo quel vizio che si concreti nella violazione
dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali ex art. 111
Cost., come attuato in via ordinaria dall’articolo 132 n.4) cod.proc.civ.; conseguente riferibilità del vizio non più alle ipotesi di ‘insufficienza’ della
motivazione, ma soltanto a quelle di ‘inesistenza’ della medesima, in
quanto appunto rivelatrice dell’ “omesso esame” circa un fatto decisivo per
il giudizio oggetto di discussione tra le parti; in maniera tale che, nella
nuova formulazione, il vizio motivazionale si restringe in quello di
violazione di legge, quest’ultima individuata proprio nel suddetto articolo
132 cod.proc.civ., che impone al giudice di redigere la sentenza indicando
“la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”; –

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Ric.n. 8623/13 rg. – Adunanza in cam.cons. del 25 gennaio 2018

interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dallart. 12 delle

l’individuazione delle ipotesi di ‘inesistenza’ della motivazione, considerate
a tal punto radicali da determinare la nullità della sentenza, non soltanto in
senso ‘fisico’ o ‘documentale’ (“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto

materiale e grafico”), ma anche logico-funzionale; nel senso di doversi
reputare ‘inesistente’, ai fini in oggetto, anche la motivazione
materialmente esistente, e però connotata da

“mera apparenza”,

dal

“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, da un ragionamento
poiché in tutte queste

ipotesi la motivazione offerta viene svolta in modo talmente carente o
incoerente da non poterla individuare come giustificazione o ragione del

decisum e, per ciò soltanto, da risolversi in una ‘non-motivazione’ su una
quaestio facti decisiva, il cui esame viene pertanto omesso; – l’imputazione
dell’omissione ad un fatto storico (principale o secondario) la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia).

§ 2.3 Orbene, nel caso di specie la censura – per quanto ancora
formalmente rubricata secondo la pregressa dicitura normativa – mira
univocamente, nella sostanza, a far valere un tipico vizio di ‘motivazione
mancante’, assunto nella sua più radicale accezione di ‘materiale
inesistenza’, nel senso su indicato.
La commissione tributaria provinciale aveva infatti respinto il ricorso
introduttivo del contribuente assumendo l’intervenuta definitività della
pretesa impositiva, perché portata da una cartella di pagamento che era
stata preceduta da un avviso di rettifica e liquidazione regolarmente
notificato, e non impugnato.
A fronte dell’appello proposto anche sul punto dal contribuente, l’agenzia
delle entrate aveva riproposto la questione, ribadendo sia la rituale
notificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione in data 12 marzo 2008
(mediante pubblicazione all’albo pretorio del Comune di S. Antimo per il
periodo prescritto dalla legge), sia la conseguente intangibilità dei
presupposti impositivi, stante la mancata impugnazione di tale atto
prodromico alla cartella opposta.

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Ric.n. 8623/13 rg. – Adunanza in cam.cons. del 25 gennaio 2018

“perplesso ed obiettivamente incomprensibile”;

La commissione tributaria regionale – annullando la cartella per una
ragione di merito concernente l’infondatezza del valore venale accertato
nell’avviso di rettifica e liquidazione in rapporto a quello dichiarato in atto ha implicitamente accolto il motivo di appello dell’Ingrosso sulla mancata
pregressa notificazione di tale avviso; senza, tuttavia, dare in alcun modo
conto dei criteri di formazione del proprio convincimento, nè degli elementi
sui quali tale conclusione si basava (all’evidenza concernente un aspetto

Ciò in relazione tanto ai presupposti di riforma della diversa

ratio

decidendi argomentatamente recepita, sul punto specifico, dal primo
giudice; quanto alla tesi ed agli elementi istruttori richiamati anche in
appello dall’agenzia delle entrate (ed asseritamente attestanti la regolarità
della notificazione dell’avviso prodromico).
In tale situazione si impone dunque, in accoglimento del presente
ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla
commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.
Quest’ultima provvederà a riconsiderare – dandone congrua motivazione
– la questione preliminare della inammissibilità del ricorso introduttivo del
contribuente per mancata impugnazione del prodromico avviso di rettifica e
liquidazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente
procedimento di legittimità.

Pqm
La Corte

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla

commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
2 gennaio 2018.
Il Presidente

oèmenico Chi

i

decisivo di causa, e già fatto oggetto di ampio contraddittorio tra le parti).

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