Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3556 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3556 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: MACIOCE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7787 del R.G. anno 2007
proposto da:
Ruggeri Alfonso dom.to in Roma viale Regina Margherita 244
presso l’Avv. Concetta Maria Rita Trovato con l’avv. Giuseppe
Germano che lo rappresenta e difende per procura in calce al
ricorrente-

ricorso
contro
Italfondiario s.p.a.

quale procuratore di s.p.a. Intesa San

Paolo, dom.ta in Roma via Bressanone 3 presso l’avv. Maria Luisa
Casotti Cantatore che la rappresenta e difende, per procura
speciale in calce al controricorso, unitamente all’avv. Angelo
contro ricorrente –

Fiorito

avverso la sentenza 108 del 24.01.2006 della
Corte di Appello di Bologna ; udita la relazione della causa svolta
nella p.u. del 17.01.2014 dal Consigliere Luigi MACIOCE; uditi
gli avv.ti G.Germano e Casotti Cantatore; presente il P.M., in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico
Sorrentino che ha concluso per il rigetto.
ai

2010

(4,

Data pubblicazione: 14/02/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto 21.1.1994 il Presidente del Tribunale di Bologna ingiunse a
Volpe Engineering s.r.l., Pellicciari Giorgio , Pellicciari Stefano ed Alfonso
Ruggeri di pagare all’istante Banco Ambrosiano Veneto la somma di lire
222.519.275 ed accessori, debito contratto dalla soc. Volpe E. e garantito dagli altri ingiunri verso la B.A.V.
Oppostosi Alfonso Ruggeri e costituitasi la B.A.V., il Tribunale di Bologna
con sentenza 2504/2002, negò la ipotesi di una cessazione del rapporto

la doglianza per la quale la fidejussione ominibus quale quella prestata il
6.3.1984 ( e quindi prima della legge 154/1992) era efficace per le sole
obbligazioni principali sorte alla data della entrata in vigore del divieto
delle garanzie illimitate, ridusse pertanto il dovuto dal Ruggeri ad C
62.850 oltre interessi dalla richiesta ingiuntiva, rigettò la domanda di
danni per l’iscrizione ipotecaria.
La Corte di Bologna con sentenza 24.1.2006 rigettò l’appello proposto
dal Ruggeri e quello incidentale della Intesa BCI Gestione Crediti (procuratore di Banca Intesa, successore di BAV) affermando: che non aveva consistenza la tesi del Ruggeri per la quale il rapporto principale era
stato estinto e poi sostituito con altro rapporto dal quale egli (uscito dalla società garantita e per la quale era stato Presidente del c.d.a.) era estraneo, che infatti solo il 7.12.1992 erano stati revocati i fidi concessi
alla correntista nel mentre nel 1987 era stata solo sollecitata la riduzione
della esposizione, che neanche il fideiussore aveva comunicato il proprio
intento di recedere e la Banca non poteva ritenere tale richiesta implicita nella cessazione del Ruggeri dalla carica, che neanche fondata era la
tesi che addebitava mala fede alla Banca nella decisione di concessione
di credito ulteriore senza l’autorizzazione ex art. 1956 c.c., che infatti la
riduzione del capitale sociale era un dato non univoco e peraltro contraddetto dalla permanenza sino a tutto il 1991 dell’attivo di conto, che
rettamente era stata rigettata la domanda risarcitoria e non ammesse le
prove addotte, che venendo all’appello incidentale andava ribadito il
principio posto dalla Corte di legittimità sulla non retroattività dell’art.
10 della legge 54 del 1992 ed andava condivisa la statuizione di debenza
degli interessi legali e non di quelli convenzionali sulle somme accertate
come dovute alla Banca.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Ruggeri il
3.3.2007 con tre motivi, notificando l’atto al procuratore di Intesa BCI
Gestione Crediti, cui si è opposto Italfondiario con il controricorso
11.4.2007 eccependo in limine la nullità del ricorso perché indirizzato a

2

garantito, contestò la sussistenza di malafede ex art. 1956 c.c., accolse

società estinta per fusione da incorporazione in s.p.a. Banca Intesa del
31.5.2006. Il Ruggeri ha depositato memoria finali ed i difensori delle
due parti hanno discusso oralmente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Giova, in primo luogo, esaminare la eccezione pregiudiziale sollevata in controricorso, la questione di nullità del ricorso 3.3.2007 perché indirizzato a soggetto (la Intesa BCI Gestione Crediti) che, parte del
giudizio di appello, più non esisteva il 31.5.2006 quando venne fuso per

troricorso, ad avviso dell’eccipiente, venne notificato 1’11.4.2007 a termine lungo (e sospensione feriale) ampiamente superato e quindi quando si era ormai formato il giudicato.
L’eccezione non ha fondamento.
Vi è da ricordare il principio posto dalle Sezioni Unite con la sentenza 19509 del 2010, che ha superato il contrasto preesistente e contraddetto una larga opinione di giurisprudenza ( Cass. 6409/200414066/2008-20650/2009) affermando quindi il principio la cui massima, per completezza, si trascrive:
In tema di fusione per incorporazione, realizzata prima dell’entrata in
vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ., l’impugnazione è validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità
della giuridica mediante la notificazione di esso.
La pronunzia delle S.U. è stata poi seguita da numeriose pronunzie anche assai recenti Cass. 266/2011 e 22056/2013
Ma se quanto statuito dal richiamato pronunziato è inequivoco, va
pur considerato, venendo al caso sottoposto, che la fusione per incorporazione è occorsa in data 31.5.2006 e quindi nel pieno vigore del novellato art. 2504 bis c.c., con la conseguenza, pur ripetutamente richiamata
dalla giurisprudenza recente di questa Corte (Cass.

6058 del 2012 e

3820 del 2013), per la quale l’incorporazione ha realizzato nulla più che
una vicenda evolutiva modificativa dello stesso soggetto, incorporato ed
incorporante, e non più una ipotesi di estinzione-successione alla cui
stregua si sarebbe potuta porre la questione sollevata dalla controricorrente.
Venendo quindi alla descrizione ed alla valutazione dei motivi del
ricorso, il Collegio ne rileva la totale infondatezza.
Primo motivo: esso accusa di travisamento la sentenza, integrante
violazione degli artt. 1938 e 2740 c.c., per aver ignorato come la estinzione del rapporto principale avrebbe determinato l’estinzione della gai

incorporazione in Banca Intesa (da 1.12.2006 Intesa San Paolo). Il con-

ranzia fidejussoria e per avere escluso tale prima estinzione facendo
capo alla inesistenza di una revoca o di un recesso della o dalla fidejussione. In particolare si sarebbe ignorato che il rapporto principale non
era quello di conto corrente ma quello di affidamento, appunto revocato
nel 1987 con la formazione di un attivo sul conto in data 20.10.1988 e
con la successiva nuova concessione di affidamento (questa volta sprovvisto dela necessaria garanzia di esso Ruggeri).

Secondo motivo: esso censura la totale disattenzione mostrata

affidamento del 7.11.1988, respinta per irrilevanza senza l’esame delle
allegazioni che sostenevano l’istanza (appunto la volontà di provare che
vi era stato un nuovo affidamento, non garantito dal Ruggeri).
Ad avviso del Collegio le doglianze non hanno fondamento. La
sentenza impugnata risponde puntualmente alle questioni sottoposte e
riproposte nei motivi in disamina ed afferma che il rapporto non era stato mai revocato posto che nel 1987 vi era stata solo una istanza di rientro e che, in prosieguo, il rapporto continuò pacificamente sino al
7.12.1992 (data della revoca dei fidi alla correntista), in totale difetto di
alcuna iniziativa di revoca da parte della Banca o di recesso da parte del
fidejussore. La censura di cui al primo motivo esprime dunque nulla più
che il personale convincimento del Ruggeri sulla dinamica della vicenda
contrattuale, che stante la fattuale “cessazione” del rapporto principale
avrebbe imposto di ritenere “ex se” cessato il rapporto di garanzia, ma
non indica alcuna falsa applicazione di norma né alcuna illogicità nella
ricostruzione “unitaria” del rapporto cliente-banca.Quanto alla istanza
esibitoria il secondo motivo afferma solo che essa fu “riproposta in sede
di appello” (pag. 22) e non considerata. Ma la omessa valutazione appare concernere dato non di rilievo posto che, ferma la valutazione della
unicità del rapporto di affidamento (ut supra), non si scorge che portata
avrebbe avuto la acquisizione di una domanda di ripristino
dell’affidamento mai formalmente revocato in tesi non assistito da (nuova) garanzia fideiussoria. E’ lo stesso ricorso a non riferire con piena autosufficienza il contenuto della domanda 7.11.1988 sì da consentirne di
apprezzare la sintomaticità della pretesa soluzione di continuità del pregresso affidamento.

Terzo motivo: esso reitera le censure mosse in appello, e disattese,
che facevano leva, nel quadro della invocazione dell’art. 1956 c.c., ed al
fine di conclamare la sua liberazione a cagione del credito prestato nonostante la radicale mutazione negativa delle condizioni del debitore, su
dati a dire del ricorrente rilevanti: la riduzione del capitale da 470 a 20

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dalla Corte di Appello per l’istanza esibitoria della domanda di (nuovo)

milioni senza alcuna parallela riduzione dell’affidamento (immutato nel
1988) e l’aumento radicale della esposizione erano elementi che denotavano la scorrettezza della banca ed autorizzavano a ritenere avverata
la liberazione del fideiussore. La doglianza non è fondata.
La sentenza risponde puntualmente a pag. 10 alla questione oggi riproposta rammentando che, ridotto il capitale e tal riduzione essendo spiegabile con svariate ipotesi non indicative di una riduzione della garanzia
patrimoniale, il conto presentò uno scoperto solo due anni dopo. La me-

sta Corte (Cass. 11979 del 2013) abbia statuito la liberazione del fidejussore di fronte a comportamenti gravemente scorretti della banca nei
confronti del fideiussore stesso, ma a fronte delle valutazioni della sentenza, non si scorge quale profilo di comportamento di mala fede emergerebbe dalla vicenda quale accertata.
Si rigetta pertanto il ricorso, gravando il ricorrente, soccombente
appieno, delle spese di parte contro ricorrente.
P.Q. M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Ruggeri Alfonso a pagare alla
contro ricorrente società per spese di giudizio la somma di C 6.200 (C
200 per esborsi) oltre IVA e CPA.
Così dec o nella c.d.c. del 17.1.2014.
Il Cons. e t.

LL abSIDWGE

briP

moria del Ruggeri prospetta come la più recente giurisprudenza di que-

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