Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3555 del 14/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 3555 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 19809-2007 proposto da:
UNIPOL BANCA S.P.A.

(c.f./p.i.

03719580379),

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDRICO CESI

Data pubblicazione: 14/02/2014

72, presso l’avvocato ALBISINNI LUIGI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SESTA
2014

MICHELE, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

73

contro

FALLIMENTO EDIZIONI EDISON S.P.A.;
v

1

- intimato

avverso la sentenza n.

579/2006 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 15/01/2014 dal Consigliere

udito, per la ricorrente, l’Avvocato BUONAFEDE
ACHILLE, con delega, che si riporta e chiede
l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

Dott. SERGIO DI AMATO;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 1 0 giugno 2006 la Corte di appello
di Bologna, in riforma della sentenza emessa in data 7
dicembre 2002 dal Tribunale della stessa città,

della s.r.l. Edizioni Edison (dichiarato il 16 giugno
1993) dell’atto in data 22 ottobre 1991 con cui Ennio
Pittureri e la banca s.p.a. Banec avevano pattuito la
costituzione in pegno di titoli, da parte del primo ed a
garanzia di crediti della seconda nei confronti della
s.r.l. Edizioni Edison; con la stessa sentenza la Corte
territoriale condannava la s.p.a. Unipol Banca,
subentrata nei rapporti già facenti capo alla s.p.a.
Banec, a restituire al predetto fallimento la somma di
lire 70.000.0000 (pari ad E 36.151,98) oltre interessi
dalla domanda al saldo. In particolare, per quanto
ancora interessa, la Corte di appello osservava che: 1)
il pegno costituito da Ennio Pittureri a favore della
s.p.a. Banec aveva natura di pegno regolare poiché i
titoli di Stato costituiti in pegno erano stati
esattamente individuati [«per tipo (B.T.P.), quantità
(valore nominale di lire 70 milioni), scadenza (ottobre
1993), tasso praticato (12,50%), numero di dossier
(deposito n. 5781), codice ABI (n. 126590)»] e poiché né
l’atto costitutivo del pegno né le allegate condizioni
3

dichiarava l’inefficacia nei confronti del fallimento

generali di contratto prevedevano la facoltà della banca
di disporre dei titoli; inoltre, le parti avevano
. stipulato un patto di rotatività, incompatibile con un
pegno irregolare, prevedendo la facoltà del creditore
pignoratizio di riscuotere i titoli alla scadenza e di

altrettanti titoli della stessa natura e così di seguito
ad ogni successiva scadenza, con l’avvertenza che anche
i nuovi titoli sarebbero stati soggetti all’originario
vincolo di pegno; 2) i titoli in questione, gravati dal
pegno per effetto del diritto di sequela proprio delle
garanzie reali, vennero acquistati dalla garantita
s.r.l. Edizioni Edison, come poteva desumersi dal chiaro
tenore della lettera del 31 gennaio 1992, avente per
oggetto «conferimento titoli da parte di Pittureri Ennio
a favore di società del gruppo Edizioni Edison», con la
quale il Pittureri aveva chiesto alla banca Banec «di
provvedere a quanto è necessario per trasferire detti
titoli in altrettanti dossiers . fermo restando la
disponibilità di lasciare i nuovi dossiers in pegno
delle linee di credito di ciascuna società». A tale
chiara espressione della volontà del Pittureri di
attuare il trasferimento alla s.r.l. Edizioni Edison
della proprietà dei titoli costituiti in pegno la banca
aveva, del resto, conformato la sua condotta in
«

occasione della comunicazione dell’estratto conto al 31
4

impiegare gli importi riscossi nell’acquisto di

dicembre 1992, contenente il riscontro contabile della
vendita dei titoli, ed in occasione della costituzione
in mora del Pittureri, alla data del 1 ° luglio 1992,
nella sua sola qualità di fideiussore; 3) poiché la
s.r.l. Edizioni Edison aveva acquistato i titoli, il

l’inopponibilità della garanzia ai sensi dell’art. 2787
c.c.; sotto tale profilo, mentre la certezza della data
della costituzione del pegno risultava dal timbro
postale apposto sulla relativa scrittura ed i titoli
oggetto della garanzia erano sufficientemente
individuati nell’atto, risultava, invece, manchevole
l’indicazione del credito garantito. A tal fine,
infatti, doveva ritenersi insufficiente il riferimento
alla linea di credito di lire 210.000.000 utilizzabile
per 10.000.000 per scoperto di conto corrente e per
200.000.000 per anticipazioni su effetti o ricevute
presentati salvo buon fine, atteso che mancava qualsiasi
concreto riferimento ai rapporti sui quali era destinata
ad incidere l’apertura della nuova linea di credito e,
in particolare, al conto sul quale le linee di credito
andavano ad innestarsi. Ne conseguiva che il pegno,
valido tra le parti, non era tuttavia opponibile ai
terzi e, pertanto, al curatore del fallimento.

5

curatore del suo fallimento era legittimato a far valere

Unipol Banca s.p.a. propone ricorso per cassazione,
deducendo sei motivi. Il fallimento non ha svolto
.

attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la

lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva
escluso che nella fattispecie ricorresse una ipotesi di
pegno irregolare. Infatti, la descrizione dei titoli
concessi in garanzia non era preclusiva
dell’applicazione dell’art. 1851 c.c. poiché anche nella
fattispecie ivi prevista l’oggetto del pegno doveva
essere necessariamente determinato; inoltre, la sentenza
impugnata non aveva considerato che il Pittureri aveva
autorizzato la banca a tenere depositati i titoli presso
la Banca d’Italia anche includendoli in un certificato
rappresentativo cumulativo di altri titoli della stessa
specie con conseguente perdita della individualità e
specialità dei titoli concessi in garanzia. Infine,
contrariamente a quanto affermato dalla Corte
territoriale, il patto di rotatività non può
considerarsi incompatibile con il pegno irregolare, in
quanto in tal caso il patto incide sull’eventuale debito
restitutorio della banca per la parte dei beni
costituiti in garanzia che eccedono l’ammontare dei
.

crediti garantiti.
6

violazione degli artt. 1851, 1346 e 1378 c.c.,

Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio
di motivazione, lamentando che la Corte di appello, da
un lato, aveva ritenuto che i titoli fossero stati
specificamente individuati, trascurando l’autorizzazione
ad includerli in un certificato cumulativo e, d’altro

essere un pegno irregolare, omettendo di considerare, in
violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. tutte le
clausole contrattuali e, in particolare, l’art. 10
delle condizioni generali, che autorizzava la banca «a
recuperare il suo credito, senza bisogno di preavviso,
di intimazione, di costituzione in mora, di previa
escussione e di particolari formalità per il realizzo
dei valori costituiti in pegno» e la clausola dell’atto
costitutivo del pegno che prevedeva il meccanismo
compensativo tipico del pegno irregolare.
Il primo ed il secondo motivo possono essere
esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi
e sono infondati. Al riguardo giova ricordare che,
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
si rientra, «nella disciplina del pegno irregolare,
qualora il debitore, a garanzia dell’adempimento della
sua obbligazione, abbia vincolato al suo creditore un
titolo di credito o un documento di legittimazione
individuati, conferendo a quest’ultimo anche la facoltà
di disporre del relativo diritto, come delineato
7

canto, aveva escluso la volontà delle parti di porre in

dall’art.

1851

cod.civ.,

norma

(riferita

all’anticipazione bancaria, ma che costituisce tuttavia
la regola generale di ogni altra ipotesi di pegno
irregolare) in base alla quale il creditore garantito
acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento,

caso di inadempimento, dovrà rendere per quella parte
eccedente l’ammontare del credito garantito, determinata
in relazione al valore delle cose al tempo della
relativa scadenza» (e plurimis Cass. 16 giugno 2005, n.
12964; Cass. 5 novembre 2004, n. 21237). Ne consegue che
il pegno irregolare determina, in caso di adempimento,
non l’obbligo di restituire l’idem corpus, e cioè nella
specie i titoli ricevuti, ma il
generis

et

qualitatis

tantundem eiusdem

e, in caso di inadempimento,

l’obbligo di restituire res eiusdem generis erqualitatis
per l’eventuale eccedenza tra il valore delle cose al
momento della scadenza del credito garantito e l’importo
di quest’ultimo. In altre parole, la restituzione si
trasforma da obbligazione di specie in obbligazione di
genere. Esattamente, pertanto, la Corte territoriale, ha
ritenuto l’incompatibilità con il pegno irregolare non
di un generico patto di rotatività (che, comunque,
secondo Cass. 5 marzo 2004, n. 4507, «in assenza di
diversa previsione, non è in sintonia con i connotati e
con la funzione, sostanzialmente satisfattiva, del pegno

8

che dovrà restituire al momento dell’adempimento o, in

irregolare ») ma di un patto che preveda, come nella
specie, «la facoltà del creditore pignoratizio di
4 provvedere autonomamente alla riscossione dei titoli
alla loro scadenza e di impiegare d’ufficio gli importi
riscossi nell’acquisto di altrettanti titoli della

scadenza dei titoli provenienti dal rinnovo o dai
rinnovi, con l’avvertenza che gli importi riscossi e i
titoli con essi acquistati sarebbero stati soggetti
all’originario vincolo di pegno (v. clausola n. 3 del
contratto)» (pagg. 8 e 9 dell’impugnata sentenza). La
riscossione dei titoli alla scadenza, e non la vendita
in qualsiasi momento, e l’acquisto di titoli della
stessa natura rendono, infatti, evidente, come ritenuto
dalla sentenza impugnata, la mera surrogazione
dell’oggetto di un pegno regolare e non l’attribuzione
alla banca della facoltà di disporre dei titoli.
In senso contrario non possono assumere rilievo le
clausole, invocate dalla ricorrente, dirette soltanto a
semplificare la procedura prevista dall’art. 2797 c.c.
in caso di inadempimento del debitore e di conseguente
vendita dei titoli, conferendo al creditore la facoltà
di procedere direttamente alla vendita e compensare in
tutto o in parte il proprio credito con il debito
derivante dalla riscossione. Infatti, «la disciplina
dettata

dall’art.

2797

cod.

civ.
9

stessa natura e così di seguito a ogni successiva

è derogabile consensualmente, non solo mediante la
previsione di forme di vendita diverse da quelle
prescritte dal secondo comma, ma anche mediante la
dispensa dall’intimazione al debitore ed al terzo
garante e dal rispetto del termine per l’opposizione, il

al terzo datore del pegno di adempiere spontaneamente o
di opporsi alla vendita, senza che l’omissione di tali
forme faccia venir meno la riferibilità della vendita
alla realizzazione della garanzia pignoratizia, purchè
essa sia il risultato dell’accordo intervenuto in
proposito tra le parti per il soddisfacimento del
creditore» (Cass. 28 maggio 2008, n. 13998).
Neppure può darsi rilievo, per escludere una ipotesi
di pegno regolare, alla inclusione dei titoli in un
certificato cumulativo. La “dematerializzazione” dei
titoli di credito, infatti, pur superando la fisicità
del titolo, non è incompatibile con il pegno regolare,
consentendone forme di consegna e di trasferimento
virtuali, attraverso meccanismi alternativi di
scritturazione, senza la movimentazione o senza neppure
la creazione del supporto cartaceo (Cass. 27 ottobre
2006, n. 23268; Cass. 14 giugno 2000, n. 8107).
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la
violazione degli artt. 1321, 1325 n. 1, 2697, 2702 e
1362 c.c., lamentando, da una parte, che la sentenza
10

cui unico scopo consiste nel consentire al debitore ed

impugnata aveva desunto l’avvenuto acquisto dei titoli,
da parte della s.r.l. Edizioni Edison, sulla base di una
comunicazione unilaterale del Pittureri, inidonea a
contenere una manifestazione di volontà contrattuale, e
non producendo, come sarebbe stato necessario, la

e lamentando, d’altro canto, che la Corte di appello
aveva attribuito rilievo, ai fini della prova
dell’avvenuto trasferimento, al successivo comportamento
della banca, che era estranea al preteso accordo ed il
cui comportamento, pertanto, doveva ritenersi
irrilevante ai sensi dell’art. 1362 c.c.
Con quarto motivo la ricorrente ripropone sotto il
profilo del vizio di motivazione le censure già proposte
con il terzo motivo.
Il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati
congiuntamente e sono infondati. Invero, nel caso in cui
il terzo datore di pegno trasferisca ad un terzo, ivi
compreso il debitore garantito, la proprietà dei beni o
la titolarità dei crediti costituiti in pegno, il
creditore pignoratizio è certamente estraneo alla
vicenda traslativa, dovendo soltanto subirne gli
effetti, nel senso che gli obblighi di rendiconto e di
eventuale restituzione esistenti nei confronti del terzo
datore di pegno si trasferiscono in favore del terzo,
una volta che il creditore pignoratizio ne abbia
11

delibera assembleare contenente l’atto di conferimento;

ricevuto comunicazione (arg. ex art. 1264 c.c.). Il
creditore garantito, pertanto, non può pretendere la
prova del trasferimento. Nella specie il terzo datore
Pittureri ha comunicato alla banca il trasferimento dei
titoli e la banca ha adeguato la propria condotta alla

correzione della motivazione, devono essere inquadrati i
rilievi della Corte di appello sulla comunicazione
effettuata dal Pittureri e sulla condotta
successivamente tenuta dalla banca.
Con il quinto motivo si deducono la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 2787 c.c., lamentando che
erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che
l’atto costitutivo del pegno non avesse individuato il
credito garantito, che, viceversa, era individuato con
l’esatta indicazione, per tipologia ed ammontare, delle
linee di credito garantite, considerato anche che il
credito garantito traeva origine esclusivamente dal
rapporto di affidamento, mentre il rapporto di conto
corrente rappresentava soltanto lo strumento e la
modalità concreta per l’utilizzo della concessa linea di
credito.
Con il sesto motivo si ripropongono sotto il profilo
del vizio di motivazione le censure già proposte con il
quinto motivo.

12

nuova situazione. In questa prospettiva, con conseguente

Il quinto motivo è fondato. In proposito, si deve
premettere che, la Corte territoriale ha esattamente
interpretato la portata del terzo comma dell’art. 2787
c.c., alla stregua della giurisprudenza di questa Corte,
affermando che «affinchè il credito garantito possa

esso venga specificato, nella scrittura costitutiva di
pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che
la scrittura medesima contenga elementi idonei a
consentirne l’identificazione (cfr., e plurimis,

Cass.

12 luglio 1991, n. 7794)». La Corte territoriale ha
anche ricostruito, senza che sul punto siano state
sollevate obiezioni, la portata della pattuizione nel
senso che, come dalla stessa risultava testualmente, la
garanzia reale era stata concessa «in relazione alla
linea di credito di L. 210.000.000 utilizzabile per
10.000.000 Scop. di c/c e 200.000.000 Anticipo su
effetti e/o ricevute scadenza Revoca». In tale
situazione, tuttavia, la sentenza impugnata è incorsa in
una falsa applicazione dell’art. 2787, terzo comma,
affermando che i suddetti elementi non consentivano
l’individuazione del credito garantito. Il vizio di
falsa applicazione di legge – che riguarda il momento in
cui si applica la norma al caso concreto, dopo avere
individuata ed esattamente interpretata la prima e dopo
avere ricostruito esattamente il secondo nei suoi
13

ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che

elementi di fatto – ricorre quando in relazione alla
fattispecie concreta si traggono dalla norma conseguenze
giuridiche che contraddicono la sua pur corretta
interpretazione (cfr. Cass. 26 settembre 2005, n. 18782;
Cass. 25 maggio 1987, n. 4698). Nella specie, il

specificamente individuato a nulla rilevando l’omessa
menzione del rapporto di conto corrente sul quale i
risultati dell’apertura di credito erano destinati a
confluire. Invero, la circostanza che le operazioni
connesse ad un contratto di apertura di credito vengano
eseguite in conto corrente non priva i due contratti
della loro autonomia (Cass. 13 aprile 2006, n. 8711). Ne
consegue che l’indicazione del credito complessivamente
concesso e delle modalità (scoperto di conto corrente e
anticipo su effetti e/o ricevute) nelle quali lo stesso
poteva essere usufruito integravano gli estremi
richiesti dall’art. 2787 cit.
Il sesto motivo resta assorbito.
P • Q . M .
accoglie il quinto motivo del ricorso e dichiara
assorbito il sesto; rigetta gli altri motivi; cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del
giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bologna
in diversa composizione.

14

rapporto dal quale derivava il credito garantito era

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15

gennaio 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA