Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3555 del 10/02/2017

Cassazione civile, sez. un., 10/02/2017, (ud. 25/10/2016, dep.10/02/2017),  n. 3555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Pres. f. f. –

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente Sezione –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5854-2016 proposto da:

R.I., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

OLIVO RINALDI, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CASTRENSE 7,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI TAGLIALATELA, che la

rappresenta e difende, per delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositato il

29/12/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. CAMPANILE PIETRO.

Udito l’Avvocato TAGLIALATELA Monica per delega dell’avvocato

Giovanni Taglialatela;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO

RICCARDO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato in data 30 giugno 2015 il Tribunale di Lodi, pronunciando sul ricorso con il quale il signor R.I., padre del minore R.C., nato il (OMISSIS), aveva chiesto l’affidamento dello stesso in via esclusiva, con privazione della madre, sig.ra M.S., con lui non coniugata e residente in Spagna, dell’attribuzione di assumere ogni decisione per il figlio, assunti i provvedimenti urgenti a tutela minore ai sensi del Regolamento CE n. 2201 del 2003, art. 20, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

2. La Corte di appello di Milano, Sezione per i Minorenni, con il provvedimento indicato in epigrafe ha rigettato il reclamo proposto dal sig. R.. In particolare, premesso che entrambi i genitori per ragioni di lavoro si erano trasferiti in (OMISSIS), nella città di (OMISSIS), dove il figlio C. – in un periodo compreso fra l’anno 2012 e il dicembre del 2014 – aveva frequentato la scuola materna, era stato iscritto all’anagrafe e al servizio sanitario pubblico, usufruendo anche di assistenza di natura psicologica, è stato ritenuto che, poichè il predetto minore era abitualmente residente in (OMISSIS), alla relativa autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 8 del citato Regolamento CE n. 2201 del 2003, appartenesse la competenza internazionale in merito alla responsabilità genitoriale dedotta in giudizio.

E’ stato altresì rilevato che gli stessi genitori, con un accordo sottoscritto il 10 giugno 2014, all’atto della cessazione della loro convivenza, avevano previsto di rimanere in (OMISSIS), stabilendo poi che, in caso di trasferimento di uno di essi lontano da tale città, il regolamento dell’affidamento sarebbe stato modificato in maniera tale da facilitare, nell’interesse del figlio, il regime delle visite per il genitore non residente a (OMISSIS).

3. Il minore, quindi, risultava stabilmente inserito nel contesto sociale e nella scuola spagnola, tanto che i servizi sociali, in relazione al mancato rientro in (OMISSIS), dovuto a un’iniziativa unilaterale del padre (il quale, in occasione del ritorno in Italia per le festività natalizie, aveva revocato il consenso all’espatrio), avevano evidenziato che il bambino aveva manifestato disagio “per lo strappo dai luoghi spagnoli”, che riconosceva “come propri”.

4. Per la cassazione di tale decisione il sig. R. propone ricorso, affidato ad unico motivo, cui la madre del minore resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unica censura, deducendosi violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento U.E. n. 2201 del 2003, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, si sostiene che la Corte di appello avrebbe erroneamente applicato il criterio fondato sulla residenza abituale del minore, con particolare riferimento all’omessa valutazione della relativa stabilità nella prospettiva di un collocamento futuro.

Si aggiunge che non sarebbero stati valutati i documenti deponenti nel senso della residenza in Italia del minore e si indicano, infine, talune circostanze (necessità di accertamenti da parte dei servizi sociali; iscrizione dal marzo del 2015 a un asilo in Turano Lodigiano; rilascio di tessera sanitaria italiana nell’anno 2010; frequentazione di una squadra di calcio e partecipazione a corsi di nuoto in Lodi) che indurrebbero “a credere che C. è sempre stato residente in Italia e che il suo futuro sarà in Italia”.

2. Vale bene premettere che questa Corte, con orientamento consolidato e costante, ritiene ammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento emesso ai sensi dell’art. 317 bis c.p.c. in sede di reclamo (Cass., 30 ottobre 2009, n. 23032; Cass., 14 maggio 2010, n. 11750; Cass., 25 marzo 2015, n. 6132).

3. Il ricorso è infondato.

L’art. 8, n. 1 del Regolamento U.E. n. 2201/2003, nel prevedere, per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, la competenza internazionale dell’autorità giudiziaria dello stato membro in cui il minore stesso risiede abitualmente alla data della domanda, detta un principio, come emerge dal “dodicesimo” considerando, ispirato dall’interesse superiore del minore stesso e dal criterio della vicinanza.

3.1. Per residenza abituale deve intendersi il luogo dove il minore trova e riconosce, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione. In altri termini, la residenza abituale corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, ed ai fini del relativo accertamento rilevano una serie di circostanze che vanno valutate in relazione alla peculiarità del caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali (Corte giustizia, 2 aprile 2009, A., in causa 523/2007).

4. La Corte di appello ha correttamente applicato la disposizione contenuta nell’art. 8 del citato regolamento, laddove ha fatto riferimento alla presenza del minore nella città spagnola di (OMISSIS) per un periodo certamente duraturo e stabile, per gran parte in compagnia di entrambi i genitori, durante il quale ha frequentato la scuola materna, ha ricevuto assistenza psicologica ed ha, quindi, intrattenuto una serie di rapporti significativi sotto il profilo relazionale. Il consolidamento di tale integrazione sociale, secondo l’accertamento svolto dalla corte distrettuale, era stato previsto, almeno in via tendenziale, dagli stessi genitori al momento della cessazione della loro convivenza, nel senso che essi avevano sottoscritto un documento in cui affermavano di voler rimanere entrambi in (OMISSIS), stabilendo altresì che nell’eventualità di un allontanamento di uno di essi dalla città di (OMISSIS), la modifica degli accordi già presi avrebbe dovuto consentire al genitore “residente fuori (OMISSIS)”, così implicitamente prevedendo la permanenza del figlio in detta località, un regime di “visite facilitate”.

5. Non può omettersi di ribadire, inoltre, che il criterio della vicinanza è dettato dall’interesse superiore del minore (Corte giustizia, 5 ottobre 2010, in causa 296/10), la cui pregnanza comporta anche l’esclusione della validità del consenso del genitore alla proroga della giurisdizione (Cass., Sez. U., 30 dicembre 2011, n. 30646). Sotto tale aspetto assume particolare rilievo la circostanza, indicata nel provvedimento impugnato, relativa alla negative ripercussioni di natura psicologica nei confronti del bambino in conseguenza del trasferimento in Italia, essendosi evidenziato come l’interruzione della permanenza in Spagna, determinata da una scelta unilaterale del padre, avesse determinato nel minore uno “strappo”, riconoscendo egli come propri i luoghi spagnoli, nei quali aveva risieduto fino al dicembre dell’anno 2014, vale a dire fino al momento della domanda, presentata il 26 gennaio 2015. Tale sequenza cronologica smentisce in maniera palese le deduzioni del ricorrente circa l’individuazione della residenza abituale del figlio in Italia, dovendosi ribadire la necessità di tener conto della residenza abituale del minore al momento dell’introduzione domanda, senza considerare gli intervalli privi di significativa rilevanza (Cass., Sez. U., 7 settembre 2016, n. 17676; Cass. Sez. U., 18 marzo 2016, n. 5418).

6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, dovendosi confermare il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

7. Il regolamento delle spese, liquidate come in dispositivo, segue il criterio della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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