Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3554 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3554 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 15904-2008 proposto da:
FIORE

RICCARDO

(c.f.

FRIRCR52R°6G902C),

FIORE

Data pubblicazione: 14/02/2014

GIOVANNI (c.f. FRIGNN46S29G9020), FIORE MARIATERESA
(c.f. FRIMTR45E59G9D2R), elettivamente domiciliati
2014
70

in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso
l’avvocato VALENSISE CAROLINA, rappresentati e
difesi dall’avvocato DI NANNI CARLO, giusta procura
speciale per Notaio dott.ssa NICOLETTA PEZZULLO di

1

NAPOLI – Rep.n. 36416 del 3.7.2012;
– ricorrenti contro

COSTRUIRE S.P.A.;
– intimata

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 14/01/2014 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato VALENSISE
CAROLINA, con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1256/2007 della CORTE

2

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Napoli, con sentenza 23 aprile
2007, ha rigettato il gravame proposto dai sig.ri Fiore
Maria Teresa e Fiore Riccardo avverso l’impugnata sentenza
del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la loro

domanda diretta a fare accertare la nullità della
disposizione dello statuto della società Costruire che
consentiva la scelta e la nomina dell’amministratore a
maggioranza, anziché all’unanimità o con il voto
favorevole del settanta per cento del capitale sociale e,
di conseguenza, delle delibere assunte dall’assemblea in
data 26 febbraio 2002 con cui fu scelto il sistema
dell’amministratore monocratico, designato nella persona
dell’ing. Giovanni D’Arminio Monforte, ed eletto il nuovo
collegio sindacale.
Gli

attori

avevano

dedotto

la

irrazionalità

e

incompatibilità con lo spirito statutario della previsione
(art. 3.7) che, consentendo alla maggioranza semplice di
scegliere tra il sistema dell’amministratore unico e il
consiglio di amministrazione, tradiva la volontà dei soci
fondatori e frustrava l’interesse della minoranza di
essere coinvolta nella vita sociale mediante la
partecipazione all’organo amministrativo collegiale. La
società si era costituita nel giudizio, deducendo che la
delibera impugnata era legittima poiché il sistema

3

monocratico

garantiva

una

maggiore

efficienza

dell’attività sociale.
La corte di appello ha condiviso l’interpretazione del
tribunale che aveva ricostruito l’evoluzione dello statuto
il quale affidava all’assemblea ordinaria (con la

maggioranza non qualificata prevista dall’art. 3/7 dello
statuto) la facoltà di scegliere il sistema più adatto,
così escludendo le dedotta lesione del patto statutario
originario, atteso che la volontà dei soci fondatori non
era nel senso di prevedere sempre e soltanto il modello di
amministrazione collegiale, come dimostrato dal fatto che
entrambi i sistemi si erano alternati nel tempo e che
quello monocratico non era illegittimo. La corte ha
ritenuto che non potesse assumere valore interpretativo,
in senso diverso, il criterio di elezione (con voto di
lista) del consiglio di amministrazione che permetteva ai
soci di minoranza di eleggere un terzo dei suoi componenti
(come da deliberazione dell’assemblea del 30 ottobre
1991), il quale operava per l’ipotesi in cui fosse stato
scelto il sistema collegiale; infine ha rigettato il
motivo di gravame concernente la condanna alle spese che,
a suo avviso, correttamente erano state poste a carico
degli attori soccombenti e li ha condannati alle spese del
giudizio di appello.

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Avverso la predetta sentenza i sig.ri Fiori ricorrono per
cassazione sulla base di due motivi illustrati da memoria.
La società Costruire non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Nel primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza

impugnata per violazione e falsa applicazione degli art.
1325 n. 2, 1343, 1362, 1363 e 1367 c.c. Assumono che le
clausole statutarie modificate con deliberazione del 30
ottobre 1991, che riconoscevano alla minoranza qualificata
(attraverso il voto di lista) la rappresentanza
nell’organo amministrativo collegiale, sarebbero state
interpretate contraddittoriamente e con l’effetto, tale da
renderle nulle, di affidare alla maggioranza semplice il
potere di scegliere il sistema di amministrazione
monocratica.
Nel secondo motivo i ricorrenti ascrivono alla sentenza
impugnata la violazione e falsa applicazione degli art. 91
e 92 c.p.c. per avere negato l’esistenza di giusti motivi
di compensazione delle spese di entrambi i giudizi di
merito.
Entrambi i motivi non meritano accoglimento.
Gli stessi ricorrenti, dopo avere riconosciuto che
“l’amministrazione possa essere affidata anche ad un
organo monocratico e non solo collegiale (come deve
ritenersi a seguire il testuale disposto di cui al 1 0
comma dell’art. 4.1 [dello statuto])”, criticano
5

l’interpretazione

dello

statuto

societario,

cui

è

pervenuto il giudice di merito, deducendo la violazione
delle regole legali ermeneutiche fissate nelle richiamate
disposizioni del codice civile, senza però precisare in
quale modo e con quali considerazioni egli si sia

discostato da esse, nonché introducendo in questa sede
censure di diritto nuove che non risultano proposte nel
giudizio di merito (come quella concernente la illiceità
della causa, con riferimento agli artt. 1325 n. 2 e 1343
c.c.). Non è idonea la mera critica del convincimento cui
sia pervenuto il giudice di merito, operata, come nella
specie, mediante la mera e apodittica contrapposizione di
una difforme interpretazione a quella desumibile dalla
motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di
argomentazioni che riportano al merito della controversia,
il cui riesame non è consentito in sede di legittimità.
Inoltre, la censura per erronea interpretazione di un atto
negoziale va formulata riportando il testo integrale
dell’atto o della parte di esso in contestazione, mentre
nel ricorso sono riportati solo brani sparsi delle
clausole statutarie, diversamente il motivo risulta
inconferente rispetto all’oggetto della censura.
Con riguardo alle spese processuali, la facoltà di
compensarle tra le parti rientra nel potere discrezionale
del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare
ragione con una espressa motivazione del mancato uso di
6

tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di
condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in
esame l’eventualità di una compensazione, non può essere
censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della
mancanza di motivazione (v. Cass. n. 14989/2005).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Roma, 14 gennaio 2014.

Il ricorso è quindi da rigettare.

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