Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3553 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3553 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 16445-2008 proposto da:
BAGGIO

PAOLO

MARIA

(c.f.

BGGPLA48A05C743X),

Data pubblicazione: 14/02/2014

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI
35, presso l’avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, che lo
2014
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rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAIOLINO ANGELO, giusta procura in calce al
ricorso;

ricorrente

1

contro

FALLIMENTO RACE DAY S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F.
01647130242), in persona del Curatore rag. CARLO
TODESCO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso
la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

ROBERTO,

giusta

procura

a

margine

del

controricorso;
– controricorrente contro

BENOZZI ALFEO, MATTIOLI MASSIMO;
– intimati –

avverso la sentenza n.

926/2007 della CORTE

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/08/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 14/01/2014 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARZI MASSIMO
FILIPPO che si riporta;

rappresentato – e difeso dall’avvocato ROBERTI

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

_

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Venezia, con sentenza 1 agosto

o

2007, ha rigettato il gravame proposto dal sig. Paolo
Maria Baggio avverso la sentenza del Tribunale di Bassano
del Grappa che lo aveva condannato, in solido con altri,

favore del Fallimento Race Day srl, per avere posto in
essere, nella veste di amministratore di fatto (oltre che
socio dominante al 99% della società) e abilitato a
compiere operazioni sul conto corrente della società,
comportamenti gestori consistiti in violazioni tributarie
e in prelevamenti e fittizi pagamenti a terzi di fatture
inesistenti per ingenti somme di denaro di cui si era
appropriato, che avevano causato il dissesto e quindi il
fallimento della società.
Per quanto ancora interessa in questa sede, la corte ha
interpretato l’atto introduttivo del giudizio come
diretto a fare valere la responsabilità dell’appellante
per il compimento di atti di gestione dannosi per la
società e ha ritenuto irrilevante la difesa
dell’appellante, il quale aveva dedotto che
amministratore di fatto era stata un’altra persona (sig.
Piero Baggio), anche perché ciò non valeva ad escludere
l’ingerenza dell’appellante nell’amministrazione della
società, essendo egli abilitato a compiere operazioni sul

3

al risarcimento del danno, pari a E 1.170.826,45, in

conto corrente della società con firma disgiunta e senza
alcun limite.
Avverso questa sentenza il Paolo Maria Baggio propone
ricorso per cassazione sulla base di tre motivi cui
resiste il Fallimento Race Day. Le parti hanno presentato

Motivi della decisione
1.- Il primo motivo (per violazione di legge e vizio di
motivazione) imputa alla corte del merito di avere
travisato l’atto introduttivo del giudizio, nel quale la
società aveva addebitato a Paolo Maria Baggio non di
avere svolto l’attività di amministratore di fatto, come
ritenuto dai giudici di merito, ma solo di avere tenuto
specifici comportamenti illeciti di appropriazione, la
cui rilevanza avrebbe dovuto essere inquadrata nella
fattispecie di cui all’art. 2043 c.c. e non in quella di
cui all’art. 2639 c.c.
1.2.- Il motivo è inammissibile. Esso si basa su una
lettura non corretta della sentenza impugnata e si
conclude con un quesito astratto e non aderente alla
fattispecie, in quanto diretto ad affermare che, per dare
luogo alla figura dell’amministratore di fatto di una
società, è necessario lo svolgimento di un’attività
gestoria con continuità e sistematicità, non essendo
sufficiente il compimento di atti episodici ed
occasionali.
4

memorie ex art. 378 c.p.c.

Tuttavia,

la sentenza impugnata ha ravvisato la

responsabilità del ricorrente nel compimento di specifici
e dimostrati comportamenti gestori in danno della
società. Questa

ratio

decisoria non è scalfita dai

rilievi critici (genericamente) formulati dal ricorrente

termini di amministratore di fatto, questione che è priva
di rilevanza determinante ai fini della decisione. Fuori
centro è anche la censura concernente l’inquadramento
giuridico della fattispecie (che si assume erroneo)
nell’art. 2639 c.c. Un simile inquadramento non è
presente nella sentenza impugnata, sicché la dedotta
violazione di legge non è decisiva, ossia tale da
comportare, se sussistente, una decisione diversa e
favorevole al ricorrente (v. Cass. n. 13184/2007).
2.-

Il secondo motivo deduce vizi motivazionali per

erronea valutazione delle prove che dimostrerebbero che
amministratore di

fatto della società

(e quindi

responsabile) era stata un’altra persona.
2.1.- Il motivo è inammissibile per mancanza del momento
di sintesi adeguato al vizio di cui all’art. 360 n. 5
c.p.c., essendo applicabile

ratione temporis

l’art. 366

bis c.p.c.

3.-

Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 112

c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di appello

5

rispetto all’astratta qualificazione dell’attività in

concernente

il

riconoscimento

della

rivalutazione

monetaria.
3.1.- Il motivo è infondato, avendo la corte del merito
pronunciato sul detto motivo rigettandolo, sulla base
dell’implicito presupposto che si trattava di un credito

ad oggetto le modalità di calcolo della rivalutazione in
rapporto agli interessi, essa sarebbe aspecifica, poiché
avrebbe dovuto precisare quali furono, in concreto, la
decisione adottata dal tribunale e il motivo di appello
proposto.
4.- Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono
la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle
spese del giudizio, liquidate in C 12.200,00, di cui C
12.000,00 per compensi.
Roma, 14 gennaio 2014.
Il ons rel./est.
Il Presidente
\iktmitA

di valore da fatto illecito. Se invece la censura avesse

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