Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3552 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 11/02/2011), n.3552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 975/2010 proposto da:

T.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA S. SOTERO 38, presso lo studio dell’avvocato VARRICCHIO

Mario, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE, in persona dei rispettivi Ministri, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6290/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

27/10/08, depositata il 31/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’01/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato Varicchio Mario, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto da T.N. contro la sentenza di primo grado con cui era stata rigettata la domanda del medesimo di ripristino dell’assegno di invalidità civile, che gli era stato revocato a seguito di visita di verifica del 29.12.1997.

La Corte dava atto che dalla c.t.u. espletata in appello era risultato che l’interessato aveva raggiunto un grado di invalidità del 74% soltanto all’inizio dell’anno 2000, a seguito di un serio aggravamento della patologia artrosica al tratto cervicale del rachide, ma riteneva non provato il requisito dell’incollocazione al lavoro.

Il T. propone ricorso per cassazione a cui l’Inps da un latore i Ministeri dell’interno e dell’economia e delle finanze, dall’altro, resistono con controricorso, i primi eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. I Ministeri hanno poi depositato memoria con cui hanno anche eccepito la tardività del ricorso.

Quest’ultima eccezione non risulta fondata, in quanto, mentre la sentenza impugnata è stata depositata il 31.12.2008, il ricorso è stato notificato già in data 29.12.2009 presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli (sono seguiti poi l’invio della notifica a mezzo posta all’Avvocatura generale il giorno 30 e la notifica all’Inps il giorno 31).

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva è affidata al richiamo del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 5, convertito con L. n. 102 del 2009. Deve quindi rilevarsi che il giudizio è stato instaurato il 25.3.1999 e che rispetto ad esso non rileva la successiva previsione di un’esclusiva legittimazione dell’Inps.

Il ricorso è manifestamente infondato quanto al secondo motivo (indicato con il n. 4), con cui si denuncia vizio di motivazione sulla decorrenza dello stato invalidante, che si sostiene sussistesse già alla data della revoca del beneficio. Il giudice di appello ha adeguatamente motivato, sulla base dei rilievi del c.t.u., in ordine anche al non superamento della soglia invalidante di legge al momento della revoca e fino all’inizio del 2000. Nè il ricorso muove censure, tanto meno specifiche, all’operato del c.t.u. di secondo grado, salvo lamentare il mancato accertamento della esistenza di un miglioramento delle condizioni di validità all’epoca della revoca.

Tale doglianza però implica il solo implicito riferimento ad una questione di diritto non sviluppata e comunque infondata, poichè, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, a meno che non sussista un giudicato circa il diritto al beneficio assistenziale, a seguito della revoca del medesimo ciò che rileva, ai fini di un suo eventuale ripristino, è l’effettiva sussistenza della condizione invalidante di legge al momento della revoca (ed eventualmente successivamente).

Il primo motivo invece presenta aspetti di manifesta fondatezza.

Infatti, mentre con lo stesso si lamenta che il giudice di merito abbia dato rilievo alla (mancata) prova del requisito dell’incollocazione, deve tenersi presente, come dedotto con il motivo, che con la L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35 (disposizione vigente dall’1.1.2008 ex comma 94 dello stesso articolo), che da sostituito il testo della L. n. 118 del 1971, art. 13, il requisito dell’incollocazione è stato sostituito da un requisito diverso (e di più semplice verificazione), e cioè da quello del non svolgimento di attività lavorativa. Precisamente il nuovo testo dell’art. 13 è il seguente: “1. Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di Euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12.

2. Attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all’INPS ai sensi dell’art. 46 e seguenti del testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, il soggetto di cui al comma 1, autocertifica di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, lo stesso è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS”.

Quindi per il periodo a partire dall’1.1.2008 il giudice di merito ha escluso il diritto per l’assenza di un requisito non richiesto, non procedendo invece all’accertamento circa il requisito ora necessario.

Il motivo deve quindi essere accolto con cassazione della sentenza e rinvio della causa ad altro giudice (stessa Corte in diversa composizione), che farà applicazione della nuova, suindicata, norma di diritto, pretermessa dal giudice a quo, e provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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