Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 355 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 355 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

della legge n. 89
del 2001 –

SENTENZA

Motivazione in
forma semplificata

sul ricorso proposto da:

PENSABENE LICIA (C.F.: PNS LCI 67D50 C352C) e GRECO ANNA (C.F.: GRC
NNA 52L53 C352Q), rappresentate e difese, in forza di procura speciale a margine
dei rispettivi ricorsi, dall’Avv. Giampaolo Catricalà ed elettivamente domiciliate presso
lo studio dell’Avv. Francesco Catricalà, in Roma, via Vincenzo Tangorra, n. 12;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore (costituito nei
soli confronti di Greco Anna), rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura
Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi,
n.

12;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 10/01/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno relativo al procedimento camerale
iscritto al n. 358/2010, emesso il 20 dicembre 2011, depositato in data 16 aprile 2012
(e non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 novembre

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

Ritenuto in fatto
Le signore Pensabene Licia, Mauro Italia Vittoria e Greco Anna chiedevano alla
Corte d’appello di Salerno, con separati ricorsi (poi riuniti) depositati in data 8 aprile
2010 il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n.
89, per la irragionevole durata di un processo civile (avente natura di opposizione
all’esecuzione) instaurato dinanzi al Pretore di Catanzaro nel maggio 1966 e definito,
in primo grado, con sentenza depositata il 1° marzo 1969 e, poi, in secondo grado,
con sentenza del Tribunale di Catanzaro con sentenza depositata il 24 maggio 2010
(ovvero dopo il deposito del ricorso ex lege n. 89 del 2001, da intendersi, perciò,
formulato in pendenza del giudizio di appello). Nella costituzione del resistente
Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello di salerno, con decreto depositato il
16 aprile 2012, dichiarava l’inammissibilità del ricorso, sul presupposto che, nella
specie, non era stata provata la sussistenza della condizione di proponibilità
dell’azione relativa alla tempestività del ricorso e alla sua procedibilità, avuto riguardo
alla pendenza del giudizio presupposto e alla sua avvenuta definizione in secondo
grado.

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

Avverso il menzionato decreto (non notificato) hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione La Greco Anna e la Pensabene Licia, con atti ritualmente notificati, sulla
base di un unico ed identico complesso motivo. Il Ministero intimato si è costituito
con controricorso nei soli riguardi di Greco Anna. Il collegio ha deliberato di disporre

la sentenza con motivazione in forma semplificata.
Considerato in diritto
1. – Con il motivo dedotto le ricorrenti hanno denunciato (ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c.) la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della legge n. 89 del 2001,
nonché il vizio di omessa motivazione circa il fatto decisivo per il giudizio relativo alla
ritenuta tardività del ricorso per equa riparazione, perché esso si sarebbe dovuto
ritenere tempestivo, essendo stato depositato (già dinanzi alla Corte di appello di
Salerno) in pendenza del giudizio di appello e, quindi, non tardivamente, non avendo,
peraltro, la Corte adita disposto l’acquisizione degli atti del giudizio presupposto,
come idoneamente sollecitata dalle medesime ricorrenti.
2. Rileva il collegio che il formulato motivo è fondato e deve essere accolto nei
termini che seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, In tema di equa

– 3 –

la trattazione congiunta dei ricorsi proposti avverso il medesimo decreto e di adottare

riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge
(art. 2, comma secondo, legge n. 89 del 2001) affida l’accertamento in concreto della
violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e
dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di

poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla
parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia
stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello
processuale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4,
legge cit.) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di
informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata
all’istanza di parte. Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare
tali poteri, potendo attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non
può ascrivere alla parte un’asserita carenza probatoria superabile con
l’esercizio dei poteri di iniziativa d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare (come
avvenuto nel caso di specie) la richiesta della parte ricorrente di acquisire, ai
sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001, gli atti del processo
presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle
cause della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte (cfr.
Cass. n. 13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i
fatti allegati dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività
della domanda di equa riparazione, per avvenuto decorso del termine
decadenziale di cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001 con riferimento
all’individuazione del momento in cui si assume che sia passata in giudicato la
sentenza del processo presupposto, grava sulla parte che sollevi la relativa

– 4 –

questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta

eccezione (nel mentre, nella fattispecie, era stata allegata addirittura la circostanza
che il giudizio di appello, al momento del deposito del ricorso per equa riparazione,
fosse ancora pendente, e ciò era poi rimasto dimostrato dalla prova del fatto che la
pubblicazione della sentenza di secondo grado era sopravvenuta il 24 maggio 2010).

con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di
appello di Salerno, in diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di
diritto e pronuncerà sul merito dei ricorsi per equa riparazione (valutando tutte le
condizioni previste dall’art. 2 della legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese
del presente giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie entrambi i ricorsi come proposti da Pensabene Lucia e Greco
Anna; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio
di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

3. In definitiva, entrambi i ricorsi (esaminati congiuntamente) devono essere accolti

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