Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3547 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3547 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

ORDINANZA

sul ricorso 678-2013 proposto da:
ICCREA BANCAIMPRESA SPA, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, STUDIO LEGALE E
TRIBUTARIO

CGP,

FRANCESCO

FALCITELLI,

presso

lo

studio

rappresentato

dell’avvocato
e

difeso

dall’avvocato FAUSTA MATTEO;
– ricorrente contro
2018
209

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 37/2012 della COMM.TRIB.REG. di

Data pubblicazione: 14/02/2018

VENEZIA, depositata il 07/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 25/01/2018 dal Consigliere Dott. LIANA

MARIA TERESA ZOSO.

R.G. 678/2013
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata il 22 ottobre 2004 la commissione tributaria provinciale di
Vicenza dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla Banca Agrileasing S.p.A. avverso
l’avviso di rettifica con il quale l’ufficio di Schio aveva rettificato il valore di un terreno dalla
stessa banca acquistato. In data 22 aprile 2010 l’agenzia delle entrate notificava cartella per il
pagamento di quanto dovuto a seguito del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata il

data 27 luglio 2006 e dopo che l’agenzia, per errore, aveva restituito gli importi il 7 novembre
2006. Proposto ricorso avverso la cartella da parte della contribuente, la commissione tributaria
provinciale di Vicenza dichiarava l’illegittimità della stessa dovendosi applicare la norma di cui
all’articolo 76, comma 2, d.p.r. 131/86 che prevede il termine di decadenza triennale. Proponeva
appello l’agenzia delle entrate e la commissione tributaria regionale del Veneto lo accoglieva sul
rilievo che doveva applicarsi il termine di prescrizione decennale previsto dall’articolo 78 del
d.p.r. 131/86, trattandosi di credito tributario già definitivamente accertato sicché il limite
temporale da osservare era quello ordinario decennale.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società Iccrea Banca
Impresa s.p..a, già Agrileasing s.p.a., svolgendo tre motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle
entrate si è costituito in giudizio con controricorso.
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 76 e 78 del d.p.r. 131/86 assumendo l’applicabilità
al caso di specie del termine decadenziale previsto dall’art. 76 citato.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3
cod. proc. civ., in relazione all’articolo 25, comma 1, lettera c, del d.p.r. 602/73. Sostiene che,
a seguito della sentenza della commissione tributaria provinciale di Vicenza divenuta definitiva,
l’ufficio avrebbe dovuto emettere cartella esattoriale nel termine di cui all’articolo 25 citato.
5. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod.
proc. civ., in quanto i giudici di secondo grado hanno emesso la loro decisione senza fornire
motivazione specifica a giustificazione dell’interpretazione normativa assunta, limitandosi a
citare un precedente giurisprudenziale.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che i primi due motivi di ricorso debbono esaminarsi congiuntamente in
quanto sottendono le medesime questioni giuridiche. Costituisce principio consolidato della corte
1

22 ottobre 2004, dopo che la contribuente aveva già effettuato il pagamento di detta somma in

di legittimità quello secondo cui, nel caso in cui un atto impositivo venga impugnato in sede
giurisdizionale, in tal modo instaurandosi una controversia sulla legittimità del pagamento di
tributi, il credito erariale o il credito restitutorio del contribuente accertato nella sentenza che
definisce l’impugnazione dell’atto impositivo soggiace al termine di prescrizione decennale di cui
all’art. 2953 c.c., anche nel caso in cui l’accertamento riguardi sanzioni per violazioni tributarie
( Cass. Sez. Un. n. 23397/16 Cass. Sez. Un. n. 25790/2009; Cass. 1967/2005,
1965,1966,5777/1989,2085/1979). Ciò in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di essere
l’atto (che, essendo stato tempestivamente impugnato, non è mai divenuto definitivo) e diventa

riscossione del credito erariale accertato con sentenza non soggiace al termine di decadenza di
cui all’art. 17 (ora trasfuso nell’art. 25) del D.P.R. n. 602 del 1973, giacché tale termine concerne
la messa in esecuzione dell’atto amministrativo e presidia la esigenza di certezza dei rapporti
giuridici e l’interesse del contribuente alla predeterminazione del tempo di soggezione
all’iniziativa unilaterale dell’ufficio. La riscossione delle somme conseguenti al passaggio in
giudicato delle sentenze che hanno definito il giudizio non è, dunque, soggetta a decadenza
alcuna, ma unicamente alla prescrizione. Superato deve ritenersi, perciò, l’orientamento
espresso con la sentenza n. 13333 del 10/06/2009, secondo la quale, in tema di riscossione
delle imposte sul reddito, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, nel prevedere che le imposte, le
maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono
essere iscritte in ruoli formati e consegnati all’Intendenza di Finanza, a pena di decadenza, entro
il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, non si
riferisce soltanto agli avvisi di accertamento non impugnati dal contribuente, ma riguarda anche
la riscossione conseguente a decisioni delle commissioni tributarie sull’impugnazione dell’avviso
di accertamento divenute definitive, con la conseguente inapplicabilità del termine decennale di
prescrizione previsto dal l’art. 2946 c.c., riferibile all’actio iudicati.
Il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, ora art. 25, a seguito della
modifica del sistema di riscossione coattiva introdotto con il D.P.R. n. 43 del 1988, il cui art. 67,
contemplava espressamente l’imposta di registro ma tale termine era riferito alla riscossione
di crediti del Fisco accertati da atti impositivi divenuti definitivi per mancata impugnazione e non
alla riscossione dei crediti del Fisco accertati da sentenze che avessero rigettato, in tutto o in
parte, le impugnative di atti impositivi. Neppure, peraltro, risulta applicabile il termine triennale
previso dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b), come modificato dalla L. 28
dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 135, lett. f). Invero, come già ripetutamente affermato
dalla corte di legittimità con decisioni cui questo collegio intende uniformarsi condividendone le
ragioni ( cfr. Cass. n. 21623 del 6.10.2015 n. 20153 del 24/09/2014 Cass. n. 13179 del
11/06/2014; Cass. n. 20153 del 24/09/2014 ), a tale disposto non può attribuirsi un significato
tale da scardinare il principio generale secondo il quale la riscossione di un credito tributario
accertato con sentenza soggiace non ai termini di decadenza che scandiscono l’esercizio
2

la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha confermato la legittimità. Ne deriva che la

dell’azione amministrativa ma al solo termine di prescrizione; una simile interpretazione
differenzierebbe irragionevolmente, perché in mancanza di qualunque specifica ragione, la
disciplina della riscossione dell’imposta di registro da quella di tutte le altre imposte. Al contrario,
va privilegiata una interpretazione che, lungi dall’attribuire alla disposizione in esame un
significato disarmonico rispetto al sistema generale dei termini di riscossione dei tributi, la
coordini con tale sistema. Deve allora ritenersi che la disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del
1986, art. 76, comma 2, lett. b), va interpretata nel senso che la decadenza triennale ivi prevista
– decorrente dalla data di notificazione o di definitività della sentenza che abbia deciso sul ricorso

seguito della sentenza, l’Amministrazione sia tenuta a procedere ad un ulteriore accertamento
d’imposta, per avere il giudice accolto solo parzialmente il ricorso avverso l’atto impositivo senza,
tuttavia, provvedere esso stesso a determinare l’imposta dovuta e limitandosi a definire i criteri
della corretta liquidazione, demandando quest’ultima all’Ufficio. Il termine decadenziale di cui al
D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b), va dunque inteso come termine acceleratori°,
non dell’attività di riscossione, ma dell’ulteriore attività amministrativa di determinazione
dell’imposta che in ipotesi risulti ancora necessaria dopo la pronuncia giurisdizionale. Nei casi in
cui, per contro, dopo la sentenza non sia necessaria alcuna ulteriore attività di determinazione
dell’imposta – per avere la sentenza rigettato interamente il ricorso avverso l’atto impositivo o
per avere, in caso di accoglimento parziale di detto ricorso, provveduto essa stessa a tale /
determinazione – il credito erariale potrà essere riscosso nell’ammontare risultante dalla —\–sentenza senza alcun termine di decadenza, ma solo nel rispetto del termine prescrizionale
decennale, decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, risultante dal D.P.R.
n. 131 del 1986, art. 78. Nel caso che occupa poiché, come emerge dal ricorso e dalla sentenza
impugnata, la commissione tributaria aveva pronunciato la sentenza del 22 ottobre 2004, a cui
ha fatto seguito la cartella impugnata nel presente giudizio, con cui aveva dichiarato
inammissibile il ricorso della contribuente, cosicché il credito erariale risultava compiutamente
accertato dal giudice nell’importo indicato nell’avviso impugnato, senza necessità di ulteriore
attività amministrativa di determinazione dell’imposta, la fattispecie non rientra nel campo di
operatività del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b) ma in quello dell’art. 78.
2. Il terzo motivo è inammissibile. Invero la ricorrente censura sotto il profilo del vizio di
motivazione la decisione in diritto riferita al fatto che va fatta applicazione al caso di specie della
norma di cui all’art. 78 d.p.r. 131/86, laddove il vizio di motivazione denunciabile ai sensi dell’art.
360 n. 5 cod. proc. civ. può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti
rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione
delle norme giuridiche ( Cass. Sez. Un. n. 21712 del 17.11.2004 ).
3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.

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del contribuente avverso l’avviso di rettifica e liquidazione – si applica solo nei casi in cui, a

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate e le
spese processuali che liquida in euro 2.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del,g liorno 25 gennaio 2018.

ÌIl Presidente

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