Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3547 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 13/02/2020), n.3547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1723-2018 proposto da:

RADICCHIO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo

studio dell’avvocato VINCENZO SINOPOLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALFREDO LOVELLI;

– ricorrente –

contro

I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRA DAL CIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1661/2017 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata

il 08/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2010 I.F. convenne dinanzi al Giudice di pace di San Giorgio fonico la società Radicchio s.r.l., esponendo di avere acquistato dalla suddetta società un autoveicolo usato, e che nove mesi dopo l’acquisto si era verificata la rottura del cambio, dovuta secondo la prospettazione attorea ad un vizio occulto.

Chiese pertanto la condanna della società convenuta al pagamento della somma di Euro 1.500, indicata come necessaria per la riparazione del mezzo.

2. Il Giudice di pace rigettò la domanda ritenendo che il guasto fosse dovuto alla normale usura del mezzo.

3. Il Tribunale di Taranto, con sentenza 8 giugno 2017 n. 1661, accolse il gravame e condannò la società Radicchio al pagamento in favore di i.F. della somma di Euro 949,63.

Il Tribunale ritenne che, sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio, nonchè sulla base della vetustà del mezzo ritenuta “non elevata” (nella specie, quattro anni e 100.000 km percorsi), dovesse presumersi che il guasto fosse dovuto ad un vizio costruttivo e non alla normale usura, e che esso fosse già presente al momento della vendita.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione dalla Radicchio s.r.l. con ricorso fondato su cinque motivi.

I.F. ha resistito con controricorso.

Ambo le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 4, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Sostiene che, in primo grado, l’attore aveva fondato la sua domanda invocando la tutela accordata all’acquirente dall’art. 135 codice del consumo; il Tribunale, invece, aveva accolto la domanda in applicazione “anche” delle norme codicistiche sulla garanzia per i vizi della cosa venduta (artt. 1490 c.c. e seguenti).

1.2. Il motivo è inammissibile per più ragioni.

In primo luogo, esso è inammissibile perchè la qualificazione giuridica della domanda è compito del giudice, rispetto al quale le indicazioni formali che l’attore dà alla propria pretesa non sono certo vincolanti. Pertanto non è inibito al giudice, a fronte dell’allegazione in facto di avere acquistato un bene affetto da un vizio occulto, qualificare in iure tale domanda ai sensi dell’art. 1490 c.c..

1.3. In secondo luogo, il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.

Infatti, essendo le norme codicistiche sulla garanzia per i vizi della cosa venduta più restrittive rispetto alle nonne contenute nel codice del consumo, la ricorrente non trarrebbe alcun vantaggio dall’applicazione delle prime in luogo delle seconde.

Aggiungasi che, in ogni caso, le ragioni poste della sentenza a fondamento della decisione (e cioè l’essere il vizio occulto, non dovuto all’usura e preesistente alla vendita) sarebbero state di per sè sufficienti a giustificare l’accoglimento della domanda sia la luce delle norme del codice del consumo, sia la luce delle norme sull’actio quanti minoris.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo la società ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 128 codice del consumo, comma 3, (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206). Deduce, al riguardo, che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il vizio non derivasse dall’uso normale della cosa, ma fosse un vizio costruttivo.

2.2. Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto censura un apprezzamento di fatto, quale è lo stabilire se il vizio presentato da un autoveicolo fosse originario o sopravvenuto all’acquisto.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 130 codice del consumo, comma 1.

Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che il vizio fosse già esistente al momento della conclusione del contratto di compravendita.

3.2. Anche questo motivo è inammissibile, in quanto censura un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 132, codice del consumo, comma 3.

Tale norma, espone il ricorrente, stabilisce che si presumono preesistenti alla vendita i vizi manifestatisi entro sei mesi da quest’ultima, mentre nel caso di specie il vizio si era manifestato otto mesi dopo la vendita, con la conseguenza che spettava all’acquirente dimostrare la preesistenza del vizio alla conclusione del contratto di vendita.

4.2. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

Il Tribunale, infatti, non ha deciso la controversia applicando il principio dell’onere della prova (facendo, cioè, ricadere sulla Radicchio le conseguenze della prova incerta circa l’origine del guasto), ma ha ritenuto concretamente assolto dall’attore l’onere di provare che il vizio fosse preesistente alla stipula della vendita.

Ovviamente lo stabilire se la prova presuntiva sulla quale il Tribunale ha fondato la propria decisione sia stata correttamente o scorrettamente valutata è questione sottratta al giudizio di legittimità.

5. Il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quinto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, un errore per eccesso nella liquidazione delle spese di lite da parte del Tribunale.

Espone che il valore della causa doveva determinarsi in base al decisum, ovvero 949,63 Euro, e che in base a tale valore il compenso non avrebbe potuto eccedere i 780 Euro per tutti e due i gradi di giudizio, mentre il Tribunale aveva liquidato 2.500 Euro per i due gradi di giudizio.

5.2. Il motivo è infondato.

Infatti il valore della causa va determinato in base al decisum, ed il decisum fu una condanna al pagamento di Euro di Euro 949 più IVA, più gli interessi e la rivalutazione. Il valore della causa dunque eccedeva, per effetto di tali accessori, i 1.100 Euro, e l’importo liquidato dal giudice non eccede il massimo per tale scaglione (pari a 4.536 per il Tribunale e 1.205 per il Giudice di pace).

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Radicchio s.r.l. alla rifusione in favore di I.F. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.600, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Radicchio s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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