Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3547 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 11/02/2021), n.3547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2852/2017 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA, 36/A, presso lo studio dell’avvocato

LORETTA ANTONELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato

PIERFRANCESCO GRANATA;

– ricorrente –

contro

C.O.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DEL VECCHIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROSALBA VISCOMI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1485/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/10/2016 R.G.N. 191/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

 

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 21 ottobre 2016, la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Catanzaro, rigettava la domanda proposta da S.R. nei confronti di C.O.A. avente ad oggetto la condanna al pagamento delle differenze retributive maturate nel corso del rapporto di lavoro subordinato che lo S. assumeva essere intercorso con il C. nel periodo dal 5.9.1999 al 6.7.2004 avente ad oggetto la conduzione di una sala giochi di cui il C. era titolare e di un piccolo bar ad essa annesso;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in contrasto con il convincimento espresso dal primo giudice, il difetto di prova degli indici sintomatici della subordinazione su cui si fondava la domanda, ovvero l’osservanza di un orario imposto e di un compenso mensile predeterminato e, di conseguenza, la plausibilità della qualificazione del rapporto in termini di società di fatto in essere tra le parti, offerta dal C.;

che per la cassazione di tale decisione ricorre lo S., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il C..

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente riconduce al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio una pluralità di rilievi con i quali lamenta la mancata considerazione da parte della Corte territoriale delle dichiarazioni rese dal teste G., che assume idonee a confermare l’osservanza da parte del ricorrente di un orario predeterminato e imposto dal C. quale soggetto datore, il travisamento che porta la Corte territoriale ad assimilare il contenuto delle dichiarazioni delle parti in ordine alla natura del compenso percepito dallo S., la svalutazione delle dichiarazioni rese a proprio favore dal ricorrente in sede di interrogatorio libero;

che, con il secondo motivo, denunziando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla non ricorrenza nella specie di un rapporto di lavoro connotato dalla subordinazione;

che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano infondati, attesa l’esclusione del denunciato vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, cui deve pervenirsi privilegiando una lettura della motivazione dell’impugnata sentenza in termini, non di omessa considerazione di elementi istruttori, ma di esito differente dell’apprezzamento dei medesimi, che appare plausibile e, pertanto, incensurabile in questa sede, per non essere le richiamate dichiarazioni chiaramente significative della ricorrenza degli indici sintomatici della subordinazione (predeterminazione degli orari e del compenso), per di più invocati dal ricorrente solo in sede di interrogatorio libero e correttamente qualificati dalla Corte territoriale come allegazioni bisognevoli di avallo testimoniale poi non offerto; invece è da ritenere corretta la conclusione cui perviene la Corte territoriale in ordine alla carenza di prova della subordinazione, non essendo condivisibile la denunciata violazione dell’art. 2094 c.c., basata sulla contrapposta affermazione dell’idoneità probatoria degli elementi all’uopo offerti, violazione che deve dirsi ulteriormente smentita in ragione di quanto rilevato dalla Corte territoriale in ordine alla gestione della cassa, alla riparazione dei macchinari e al rifornimento di merce, cui il ricorrente si limita ad opporre in termini apodittici il diverso apprezzamento dei medesimi elementi da parte del primo giudice;

– che il ricorso va, dunque, rigettato;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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