Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3544 del 16/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2010, (ud. 26/10/2009, dep. 16/02/2010), n.3544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate,

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici sono domiciliati in Roma Via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Boezio 2,

presso lo studio dell’avvocato DI GIROLAMO Stefano, che lo

rappresenta e difende, come da procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/27/04 della Commissione Tributaria

Regionale di Firenze, emessa il 12 giugno 2004, depositata il 5 marzo

2005, R.G. 29/04;

udita la relazione della causa svolta nella udienza del 26 ottobre

2009 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avvocato Di Girolamo per il controricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate di Castelnuovo di Garfagnana notificava a C.G., titolare dell’azienda agrituristica “(OMISSIS)”, atto di contestazione dell’indebita detrazione dell’I.V.A. per il 2002, afferente a costi non spettanti all’azienda in quanto relativi a lavori di ristrutturazione effettuati nei fabbricati, in cui veniva esercitata l’attività agri turistica, di proprietà del C. al 50% e per l’altro 50% di proprietà del fratello C.L.. C.G. impugnava l’atto deducendo di avere la disponibilità integrale di tali immobili in forza di contratto di affitto agrario ultranovennale stipulato il (OMISSIS) dal padre C.V. prima della donazione degli stessi immobili ai due figli.

La C.T.P. di Lucca accoglieva il ricorso e tale decisione è stata confermata dalla C.T.R. della Toscana che ha rilevato come l’amministrazione finanziaria non avesse erroneamente, tenuto conto del contratto di affitto agrario che legittimava il C. G. a eseguire lavori di miglioramento dei fondi rustici surrogandosi al proprietario, della L. n. 203 del 1982, ex artt. 16 e 23.

Ricorrono per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo di impugnazione con il quale deducono la violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, e della L. n. 730 del 1985, art. 3.

Si difende con controricorso il contribuente C.G. che deposita memoria ex art. 372 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato. Sostiene infatti l’Amministrazione ricorrente che, riconoscendo al C.G. il diritto a portare in detrazione l’intera IVA pagata per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dei fabbricati insistenti sul fondo di proprietà comune, non solo si verrebbe a vanificare la possibilità di imposizione, nei confronti del comproprietario non imprenditore, sull’incremento di valore determinato dai lavori eseguiti dal comproprietario imprenditore ma si vanificherebbe anche la possibilità di recuperare tale perdita impositiva al momento dell’eventuale rivendita della quota di proprietà da parte dell’imprenditore che sconterebbe comunque l’IVA. Tale impostazione non è condivisibile in quanto è irrilevante la circostanza per cui l’imprenditore detentore del fondo non sia proprietario (o lo sia solo in parte come nel caso in esame). L’affittuario non solo è legittimato civilmente a eseguire le opere di miglioramento che gli consentano il miglior esercizio dell’attività imprenditoriale ma è anche il destinatario della norma agevolativa fiscale che ha per oggetto le spese incrementative del valore dei beni che si trovano nella sua disponibilità e che vengono eseguite al fine di migliorare la redditività dell’impresa. Come è stato evidenziato da una recente decisione di questa Corte, ricordata da parte del controricorrente nella sua memoria (Cassazione civile, sezione 5^, n. 10079/2009), tali spese costituiscono un costo dell’attività di impresa che va considerato nel suo insieme e che produrrà, sia pure presuntivamente, un maggior reddito di impresa che sarà, a sua volta, fonte di imposizione IVA in occasione della fatturazione delle prestazioni rese ai clienti. In questa prospettiva è quindi erroneo ritenere che l’altro comproprietario sia stato, per la sua quota, destinatario finale delle spese effettuate dal comproprietario imprenditore. Si tratta, al contrario, di spese eseguite e usufruite dal comproprietario imprenditore che le ha destinate all’esercizio dell’attività di impresa oggetto di una normativa tributaria agevolativa anche in vista della produzione di un maggior reddito di impresa in agricoltura. Nè può ritenersi che l’incremento di valore beneficiato dal comproprietario non imprenditore rimanga esente da qualsiasi imposizione perchè l’incremento di valore degli immobili verrà comunque considerato come base imponibile ai fini dell’applicazione di altre imposte aventi ad oggetto non lo scambio di prestazioni e servizi ma gli immobili in quanto tali.

Per ciò che concerne la contestazione del presupposto dell’inerenza all’attività di impresa delle opere eseguite deve rilevarsi la inammissibilità delle doglianze in quanto le stesse non sono riferibili a uno specifico motivo di ricorso e appaiono del tutto avulse dalla valutazione della motivazione della CTR che ha rilevato sul punto la assenza di qualsiasi prova circa la modificazione della destinazione agricola del fondo per effetto dei lavori portati in detrazione IVA. Non si accenna neanche nella sentenza impugnata alla contestazione circa la pretesa realizzazione di una piscina, opera che, peraltro, in astratto può inerire alla attività agrituristica.

Il ricorso va pertanto respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione in considerazione del recentissimo formarsi di una giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa interamente le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2010

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