Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3544 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 11/02/2021), n.3544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19952/2017 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE,

38, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CRISCI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.M.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DOMENICO PUCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 849/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/02/2017 r.g.n. 313/2011.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 21 febbraio 2017, la Corte d’appello di Napoli condannava D.M.G. al pagamento, in favore di M.C., della somma di Euro 17.999,93 oltre interessi dalle singole scadenze, a titolo di differenze retributive per la prestazione dal secondo di lavoro subordinato (a tempo parziale) in favore del primo, con mansioni di impiegato nella sua agenzia di assicurazioni: così riformando la sentenza di primo grado, che l’aveva invece condannato al pagamento della somma di Euro 98.512,66 oltre accessori, a titolo di differenze retributive in un rapporto di lavoro a tempo pieno;

2. a motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva provata, alla luce delle scrutinate risultanze istruttorie, la decorrenza del periodo lavorativo dal 5 aprile 1994, anzichè dal 1 febbraio 1993, al 30 giugno 2005 con orario di tre ore (anzichè 7,30 ore come invece domandato dal lavoratore e accertato dal Tribunale) per cinque giorni alla settimana e la spettanza dell’indennità di mancato preavviso dovutagli, in quanto ben determinabile tramite C.t.u., infatti disposta;

3. con atto notificato il 18, 23 e 25 agosto 2017, il lavoratore ricorreva per cassazione avverso la sentenza con sei motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., cui il datore di lavoro resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per la mancata considerazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, quale l’assoluta attendibilità dei testi E.A. e P.G., invece esclusa dalla Corte territoriale (primo motivo); vizio di motivazione in ordine all’irrilevanza delle prove offerte e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, alla mancata valorizzazione del difetto di pattuizione scritta dell’orario di lavoro, come stabilito dal D.L. n. 726 del 1984, art. 5, nel testo vigente ratione temporis (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

3. non sono configurabili i vizi motivi dedotti, in assenza di un fatto storico di cui sia stato omesso l’esame, alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sicchè essi si risolvono piuttosto in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415), insindacabile in sede di legittimità, tanto più sotto il profilo dell’attendibilità dei testi, rimessa all’esclusiva valutazione del giudice di merito (Cass. 3 luglio 2014, n. 15205; Cass. 8 ottobre 2019, n. 25166);

3.1. analoga prospettazione (inammissibilmente) critica propone anche la denunciata violazione del D.L. n. 726 del 1984, art. 5, applicabile ratione temporis, secondo cui “il contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per iscritto”, prescrittivo della forma scritta ad substantiam e quindi come condizione di validità del contratto (Cass. 28 maggio 2003, n. 8492; Cass. 19 gennaio 2018, n. 1375);

3.2. essa non è, infatti, dedotta correttamente come vizio di sussunzione (ossia di erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina), che postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e indiscusso, sicchè alla denuncia del vizio di sussunzione è estranea ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (Cass. 13 marzo 2018, n. 6035);

3.3. la critica del lavoratore si focalizza proprio sull’accertamento del fatto così come ricostruito dalla corte territoriale, prospettando una diversa valutazione delle dichiarazioni testimoniali alla luce di una mancata pattuizione scritta in funzione esclusivamente probatoria: ossia allegando un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340): ovviamente nei limiti del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

3.4. nè vale richiamare il principio secondo cui, in caso di nullità del contratto part time per difetto della forma scritta prevista ad substantiam dal D.L. n. 726 del 1984, art. 5, il rapporto di lavoro debba considerarsi come un ordinario rapporto full time, con il conseguente diritto del lavoratore alla retribuzione parametrata ad un orario a tempo pieno, previa messa in mora del datore di lavoro quanto alle residue energie lavorative: esso si fonda sul presupposto della regola generale di effettività e corrispettività delle prestazioni nel contratto di lavoro, per cui la retribuzione spetta al lavoratore soltanto se abbia effettivamente eseguito la prestazione di lavoro, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di mora accipiendi (da ultimo: Cass. 30 maggio 2019, n. 14797); infatti, nel caso di specie, la Corte territoriale ha riconosciuto al lavoratore il trattamento retributivo per la prestazione lavorativa in fatto accertata, in applicazione del principio di effettività e corrispettività delle prestazioni del contratto di lavoro, neppure essendo risultata un’offerta di energie lavorative rifiutate dal datore di lavoro, che per tale ragione sia stato costituito in mora accipiendi;

4. il ricorrente deduce quindi violazione dell’art. 195 c.p.c., comma 3, D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 1, conv. in L. n. 221 del 2012, per nullità della C.t.u., a causa della comunicazione alle parti il 23 febbraio 2016 mediante posta elettronica certificata, dopo quella di altre bozze, dell’elaborato peritale da cui risultavano differenze retributive e T.f.r. per l’importo di Euro 17.999,93, al lordo di rivalutazione ed interessi, diverso da quello depositato telematicamente nel fascicolo elettronico il 12 marzo 2016, corrispondente alla prima bozza del 6 marzo 2015, dalla quale risultava invece, per i medesimi titoli, l’importo di Euro 26.259,96, oggetto di osservazioni dal lavoratore (e seguita da successiva bozza trasmessa alle parti il 15 aprile 2015 per importo di Euro 35.959,12): dovendo essere trasmesso alle parti l’elaborato in bozza e non finale, da depositare invece telematicamente (terzo motivo); omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti, in riferimento all’eccepita nullità della C.t.u. per le circostanze indicate (quarto motivo);

5. essi, pure congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

6. occorre ribadire che, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, l’omesso invio alle parti della bozza di relazione dà luogo a un’ipotesi di nullità a carattere relativo, suscettibile di sanatoria se il vizio non sia eccepito nella prima difesa utile successiva al deposito della perizia; la sanatoria può avvenire anche per rinnovazione, quando il contraddittorio sia recuperato dal giudice dopo il deposito della relazione, con la rimessione in termini delle parti per formulare le proprie osservazioni, al fine di consentire il pieno esercizio dei poteri di cui all’art. 196 c.p.c. (Cass. 9 ottobre 2017, n. 23793; Cass. 11 settembre 2018, n. 21984);

6.1. ebbene, nel caso di specie, il lavoratore odierno ricorrente ha tempestivamente eccepito la nullità di una bozza, già in precedenza trasmessa e sulla quale egli aveva svolto osservazioni critiche, che tuttavia è stata poi depositata telematicamente, come è previsto soltanto per l’elaborato finale, a norma del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 1, conv. in L. n. 221 del 2012; alle parti è stato invece comunicato per posta elettronica certificata l’elaborato peritale (di importo inferiore alla bozza depositata telematicamente), che è stato assunto dalla Corte territoriale (al primo capoverso di pg. 4 della sentenza), senza alcuna giustificazione nè spiegazione, nonostante l’eccezione di nullità tempestivamente sollevata dal difensore del lavoratore (come da verbale di udienza 15 marzo 2016, prima successiva al detto deposito, nella trascrizione al p.to 20 di pg. 12 del ricorso): sicchè essa, lesiva del regolare contraddittorio tra le parti nè sanata in alcun modo, deve essere accolta;

7. il ricorrente deduce poi nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, per l’indicazione nella prima dell’importo spettante al lavoratore in Euro 17.999,93 oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal 9 novembre 2014 al soddisfo, mentre nel secondo dello stesso importo, ma oltre interessi dalla maturazione delle singole poste attive al soddisfo (quinto motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., per erronea attribuzione della somma di Euro 17.999,93 oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal 9 novembre al soddisfo, anzichè la liquidazione della somma in linea capitale, poi incrementata con rivalutazione e interessi dalla maturazione delle singole poste fino al momento dell’effettivo pagamento (sesto motivo);

8. essi sono assorbiti;

9. per le suesposte ragioni il terzo e quarto motivo di ricorso devono essere accolti, i primi due dichiarati inammissibili ed il quinto e il sesto assorbiti, con la cassazione della sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il terzo e quarto motivo, inammissibili i primi due e assorbiti il quinto e il sesto; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

 

 

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