Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3544 del 10/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 10/02/2017, (ud. 11/11/2016, dep.10/02/2017),  n. 3544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14325-2014 proposto da:

CASA DI RIPOSO IL COLLE SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

BERTOLONI 41, presso lo studio dell’avvocato MAURO MORELLI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

EDEN CASSIA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

Dott. B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 262, presso lo studio dell’avvocato STEFANO OLIVA,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1571/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO FRANCESCO MAURO che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Casa di Riposo Il Colle s.r.l. (in persona del legale rappresentante M.E., che dichiarò di agire anche in proprio) convenne in giudizio la Eden Cassia s.r.l. per sentir dichiarare l’avvenuto acquisto, in proprio favore, della proprietà di un immobile sito in (OMISSIS), già locato dalla convenuta alla società attrice con contratto contenente un patto di opzione per l’acquisto; gli attori sostennero che l’opzione era stata utilmente esercitata, senza che ne fosse seguito il trasferimento del bene e richiesero anche il risarcimento dei danni o, in subordine, la rifusione delle spese sostenute per il miglioramento dell’immobile.

Il Tribunale rigettò sia le domande degli attori che le riconvenzionali proposte dalla Eden Cassia s.r.l., compensando le spese di lite.

La Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, con condanna della Casa Il Colle alle spese di lite.

Quest’ultima ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi; resiste la società intimata a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha affermato che il rapporto intercorso fra le parti doveva essere qualificato come contratto di locazione contenente un patto di opzione per l’acquisto della proprietà dell’immobile; ha altresì ritenuto che il termine di diciotto mesi per l’esercizio dell’opzione fosse decorso dal 15.10.1999, come espressamente indicato in contratto, senza che tale decorrenza fosse sospesa per il fatto che per i primi sei mesi era stato escluso il pagamento del canone (a fronte dell’onere economico assunto dalla conduttrice per la ristrutturazione del fabbricato); da ciò ha tratto la conclusione che l’opzione era stata esercitata (in data 27.9.2001) dopo la scadenza del termine massimo e che pertanto la conduttrice era decaduta dal diritto di acquistare l’immobile.

2. I quattro motivi articolati dalla ricorrente deducono tutti la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.; il secondo prospetta altresì la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 28 e il terzo anche la violazione dell’art. 1571 c.c..

Col primo, la ricorrente lamenta che, a fronte di un contratto che prevedeva obbligazioni “di contenuto economico ben superiore alla locazione, come appunto il diritto di opzione, l’esecuzione di ingenti lavori” e che costituiva dunque un “contratto atipico (complesso o collegato)”, la Corte abbia riportato tutte le sue valutazioni al semplice paradigma locativo.

Col secondo, si duole che la Corte non abbia considerato che l’ingente spesa iniziale sostenuta dalla conduttrice per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione non poteva essere letta in termini di mera compensazione con i primi sei canoni, ma comportava una ricostruzione della fattispecie negoziale che non fosse circoscritta ad una mera locazione.

Il terzo motivo censura nuovamente l’interpretazione del contratto data dalla Corte sul rilievo che se il rapporto “fosse stato considerato non solo come contratto di locazione… avrebbe avuto un titolo diverso dalla locazione almeno per i primi sei mesi”, cosicchè “la decorrenza del contratto di locazione doveva essere diversa, oltre che logicamente anche funzionalmente a quella relativa al rapporto volto alla ristrutturazione ed ottenimento dei permessi dei locali”.

Con l’ultimo motivo, la ricorrente ribadisce che nel contratto erano “inseriti” distinti rapporti, fra cui risultava preponderante (rispetto alla locazione) quello finalizzato all’acquisto del bene, e che la locazione non poteva aver avuto inizio prima dell’ultimazione dei lavori di ristrutturazione.

3. Il ricorso è – sotto più profili – inammissibile.

Inammissibile in quanto non attinge specificamente la ratio della decisione impugnata, che è costituita dall’affermazione che il contratto indicava espressamente (all’art. 3) l’inizio della locazione alla data del 15.10.1999 e che pertanto il termine di diciotto mesi per l’esercizio dell’opzione non poteva che essere decorso da tale data.

Inammissibile – altresì – ex art. 366 c.p.c., n. 6, perchè non ottempera all’onere di trascrivere tutte le clausole del contratto significative al fine dell’eventuale verifica dei dedotti vizi ermeneutici (ne trascrive solo alcune, ma non quella relativa alla decorrenza della locazione e del termine per l’opzione).

Inammissibile, infine, perchè – senza individuare specifici errores in iure – l’intero ricorso si risolve nella proposta di una lettura alternativa del contratto in funzione dell’individuazione di una diversa decorrenza del termine per l’esercizio dell’opzione.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza.

5. Trattandosi di ricorso proposto

successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 7.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2017

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